Claudio Caligari se n'è andato senza riuscire a realizzare tutto ciò che un regista come lui avrebbe potuto lasciare in eredità al cinema italiano: una carriera iniziata nella seconda metà degli anni Settanta nel campo del documentario (ne gira sei in tre anni) dei quali già il primo è dedicato al problema della droga e delle dipendenze, tema poi ricorrente nel suo cinema.
Il primo lungometraggio, Amore tossico, arriva qualche anno più tardi, nel 1983, seguito da L'odore della notte, che arriva a distanza di ben quindici anni dal precedente.
La presenza in L'odore della notte di attori divenuti di primo piano nel panorama nostrano, gente come Marco Giallini, Giorgio Tirabassi, Valerio Mastandrea, unita all'apprezzamento unanime della critica per entrambi i film girati da Caligari, non sono bastati a favorire un inserimento produttivo del regista all'interno del sistema cinema italiano, tanto che per riuscire a realizzare la sua terza (bellissima) opera Caligari dovrà aspettare il 2015, uno iato di ben diciassette anni dal film precedente, così, malato e portato via dal cancro, il regista se ne andrà prima della presentazione ufficiale del suo ultimo film alla Mostra del Cinema di Venezia.
È un testamento di grande valore Non essere cattivo, un film che abbiamo oggi la possibilità di vedere anche grazie all'interessamento di Mastandrea per l'opera di Caligari; l'attore si è prodigato in prima persona per far conoscere e finanziare l'opera del regista, tanto da scrivere anche un appello sentito al grande Martin Scorsese, autore che lo stesso Caligari ammirava molto.
Ostia, anni Novanta. Cesare (Luca Marinelli) e Vittorio (Alessandro Borghi) sono due ragazzi di periferia, due borgatari cresciuti insieme in un mondo di miseria e vedute ristrette (nonostante il mare e l'orizzonte ampio). A Ostia di lavoro ce n'è poco e quando c'è non regala né soddisfazioni né molto denaro, così Cesare e Vittorio passano le giornate pieni di droghe e alcool tra piccoli furti, raggiri e momenti di svacco in compagnia di un gruppo nutrito di sfaccendati che ha come punto di ritrovo un baretto infimo vicino la spiaggia. Qui gravita anche Viviana (Silvia D'Amico) che costruirà una specie di rapporto con Cesare, mentre Vittorio troverà la sua strada insieme a Linda (Roberta Mattei).
Le vite dei due giovani non sono semplici: Cesare vive con l'anziana madre (Elisabetta De Vito) e con la nipote malata Debora (Alice Clementi), figlia di una sorella morta di A.I.D.S., Vittorio, anche nel momento in cui tenta di farla finita con le droghe e inizia a lavorare nei cantieri, deve vedersela con la sensazione di non essere e non avere abbastanza per la sua Linda, una donna già madre e desiderosa di avere di più, un di più che Vittorio e le contingenze di un ambiente sterile, segnato e cattivo non possono e forse non potranno mai darle.
Tra sogni, false speranze, slanci in avanti e ricadute i due ragazzi, diversi tra loro ma fratelli nell'animo, cercheranno di sopravvivere a una marginalità senza scampo né speranze.
Quando ancora era in vita Claudio Caligari non ha mai nascosto la sua ammirazione per i temi "pasoliniani" che in Non essere cattivo riprende per quel che riguarda la vita degradata e vuota dei giovani di periferia, abbandonati da una casualità di nascita e dalla società all'interno di mura invisibili che li trattengono chiusi in un'esistenza ai margini.
Nel film sono pochi in effetti gli spazi chiusi, i rari momenti che Cesare e Vittorio trascorrono a casa, per il resto i due giovani vivono all'aperto, di giorno come di notte, eppure sembra che le terre di Ostia, la spiaggia, i cantieri senza mura, il baretto, siano luoghi dai confini invalicabili e al di là dei quali non è possibile intravedere una vita diversa che non sia la droga, l'espediente del momento.
Eppure almeno Vittorio ci prova sul serio a cambiare, c'è una scena nel film in cui, dopo i soliti bagordi, il ragazzo interpretato da un Borghi già molto intenso si guarda in uno specchio e si sputa in faccia. Da quel momento Vittorio torna nei cantieri, a cercare di cambiar vita, in maniera sincera, di guadagnarsi un'esistenza che però rischia di non essere mai abbastanza per le persone che si amano, perché ormai la società in cui si vive spinge a volere sempre di più, sempre altro, visione lucida e terribile da parte di un Caligari qui perfetto.
I suoi protagonisti cercano di non essere cattivi, in fondo non lo sono, hanno moti d'amore, per le loro donne, uno per l'altro, per quella nipote malata, per quella madre anziana e stanca. È un mondo quello descritto da Caligari dove anche un gesto semplice e normale come guardare il mare può far nascere speranze alle quali è meglio non credere, tanto poi... eppure, forse, una speranza, una luce in fondo al tunnel ancora c'è, certo bisognerebbe riuscire a evadere da quella prigione senza mura.
Caligari raccoglie un cast impressionante, un volto più indovinato dell'altro a partire da Marinelli e Borghi, due talenti allora ancora giovani e poi confermatesi come due dei migliori talenti emergenti del nostro cinema.