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Note a margine
Bret Easton Ellis
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21/07/2017
Bret Easton Ellis
Note a margine
Comunque l’autore è di quelli con cui ci si deve confrontare e (ecco un tratto similare a Palahniuk) è di quelli che fanno dei veri tour per promuovere i propri libri: c’è del rock ‘n’ roll animalism quindi in questi scrittori.
di Stefano Galli steg-speakerscorner.blogspot.com

Pensavo di scrivere un altro non facile articolo sui Manic Street Preachers.

Poi mediante un DVD ho visto una breve intervista a Bret Easton Ellis di qualche anno fa.

Escludendo di creare un post di stile “pugilistico” (ma ricordate la locandina dove erano contrapposti Andy Warhol e Jean Michel Basquiat?) in cui si confrontavano Ellis e Chuck Palahniuk[1] (autore di Fight Club)[2] ho pensato che Bret Easton Ellis rimane un buon argomento.

I circa cinquantenni italiani hanno subìto un momento non del tutto positivo: ancora non esisteva Internet (in termini commerciali) e quindi pensavano di venderci “l’America” ancora come ai tempi in cui Carla Gravina correva “in bianco e nero” sul ponte di Brooklyn.

In verità erano passati venti anni, ma niente da fare. I critici letterari ci hanno venduto un pacchetto di “minimalisti” (negli USA almeno Ellis, Jay McInerney e Tama Janovitz li chiamavano literary brat pack[3]) assolutamente eterogenei.

Infatti, l’unico vero talento, indipendentemente da ciò che cercano ancora di ammannire nell’ultimo lustro (contratto con Bompiani, dunque recensioni delle testate Rizzoli: ma McInerney è da tempo noioso) e da chi è svanito (Davide Leavitt, ma anche la Janovitz), era Bret Easton Ellis.

Tanto che io, ben conosciuto a me stesso come coltivatore di culti destinati all’estinzione, lessi ed apprezzai il romanzo di esordio della sua amica di allora Jill Eisenstadt, intitolato From Rockaway[4], e non perché evocativo di una canzone dei Ramones[5].

La realtà è un’altra: se l’esordio nel 1985 di Ellis, Less Than Zero, fu un caso letterario (a noi lo disse il mensile The Face), pochi si accorsero del romanzo successivo: The Rules Of Attraction del 1987, storia godibile, soprattutto per chi conosce direttamente le strutture accademiche nordamericane[6].

Ma poi ecco un nuovo ordigno letterario deflagrare: American Psycho, nel 1991.

Sono gli anni della nuova invincibilità finanziaria, assorbite certe sconfitte del 1986-87 (a parte Michael Milken e Ivan Boesky) peraltro “certificate” dal, ancora geniale, Tom Wolfe nel suo The Bonfire Of Vanities di tackeriana assonanza[7].

Innanzitutto segnalo una scelta editoriale piuttosto interessante: il romanzo non ha una prima edizione hardcover. Questo accade, per quanto ne so, negli USA, nel Regno Unito, in Italia. Cioè si vende “pulp”.

Poi, per chi lo ha letto, leggetelo se state leggendo questo post, è chiaro come la storia sia piuttosto un modo per pensare sulla base di vignette truculente.

Comunque fra persone uccise ed elenchi di marchi di moda famosi (qui davvero anticipando l’esasperazione del brand (una volta erano “marchi di fabbrica” o “marchi di commercio” - ora è il marchio del bestiame, ma il bestiame marchiato è umano[8]) il romanzo consacra definitivamente Ellis, anche se nessuno si preoccupa di controllare nomi e cognomi dei suoi personaggi che invece si ritrovano.

Al protagonista, Patrick Bateman, Wall Street wiz e omicida, i Manic Street Preachers intitoleranno nel 1993 “un” b-side (che b-side!).

C’è una bella raccolta di racconti di Ellis, si intitola The Informers[9], è del 1994.

Il successivo romanzo è del 1998, esce con copertina rigida, non lo ho ancora letto[10]: Glamorama[11].

A questo punto credo vi sia chiaro che per me Ellis finisce prima del 2000. Ma il mondo è strano, la vita di più: anni fa ero ad Amsterdam e, su una panchina, una sera, ho trovato copia, priva della sovraccoperta, dell’edizione italiana di Lunar Park, ad oggi penultima sua opera narrativa lunga.

Lo lessi. Non lo trovai, per i miei gusti, eclatante.

Comunque l’autore è di quelli con cui ci si deve confrontare e (ecco un tratto similare a Palahniuk) è di quelli che fanno dei veri tour per promuovere i propri libri: c’è del rock ‘n’ roll animalism quindi in questi scrittori.

Dimenticavo: quando Ellis venne a Milano a promuovere Lunar Park, gli feci autografare la mia prima edizione, USA, di American Psycho.

 

[1] Prima o poi ci sarà anche un post su Palahniuk.

[2] Regola 1: sempre nome e cognome delle persone citate, cosi come in un testo scientifico si definisce subito un concetto. Regola 2: nome e cognome possono richiedere un altro elemento di identificazione.

[3] Gioco di parole evocativo non solo del “brat pack” dei giovani attori degli scorsi anni ottanta, ma anche degli spavaldi Frank Sinatra, Dean Martin e Sammy Davis Jr. del “rat pack”?

[4] In Italiano I ragazzi di Rockaway.

[5] Non c’entra niente, ma io ho un/a lettore/lettrice ideale, inesistente: ha meno di trenta anni; meglio se più giovane.

Gli/le regalo delle indicazioni che permettono di non seguire strade tortuose. Quindi, per favore, mio/a ideale lettore /lettrice cerca e leggi Fabulous Nobodies - in Italiano – Favolose nullità - di Lee Tulloch. Chissà: magari – se me lo farai scoprire – in futuro sarò io a leggere il tuo blog! In fondo io scrivo perché trovo poco da leggere (in rete e fuori) che mi incuriosisca.

[6] Entrambi i romanzi furono pubblicati in Italia dal coraggioso editore Tullio Pironti. D’altronde aveva pubblicato anche White Noise di Don DeLillo e il precitato From Rockaway. Grazie.

[7] William Tackeray, Vanity Fair.

[8] Ecco un possibile senso, spregiativo, nel passaggio da trademark a brand nel parlato di chi opera nel settore della moda.

[9] Assurdità delle traduzioni, in Italia si intitola Acqua del sole.

[10] Fu il mio primo acquisto su Internet.

[11] C’è ancora Patrick Bateman fra i personaggi, come del resto lo si trova in The Rules Of Attraction.