L'ultima data del tour per i vent'anni di Socialismo Tascabile avrebbe dovuto tenersi il 2 settembre al Castello Sforzesco ma poi, a causa del meteo avverso, si è deciso di rimandare il tutto di un mese. L'8 ottobre Enrico Fontanelli avrebbe compiuto 48 anni e tale coincidenza non può che essere letta come una sorta di segno del destino: la scomparsa improvvisa, il 4 aprile 2014, di quella che è stata a tutti gli effetti l'anima musicale degli Offlaga Disco Pax, ha segnato anche la logica fine del progetto, e probabilmente nessuno avrebbe scommesso che prima o poi Max Collini e Daniele Carretti avrebbero deciso di rimetterlo in piedi, nonostante l'ormai strabordante quantità di reunion, ristampe ed ulteriori tributi alla nostalgia imperante.
In realtà però è successo: l'anniversario tondo del disco di debutto, un lavoro che, nello stupore totale degli autori, ha raggiunto uno status di culto quasi immediato dando il via ad una carriera fortunata quanto, purtroppo, breve, è stata l'occasione privilegiata per mettersi in pista. Dapprima la ristampa dell'album, poi il tour, con Mattia Ferrarini, da tempo gravitante nell'universo musicale degli altri due, nel ruolo di terzo membro della line up.
Me li ero persi ai Magazzini Generali, li recupero ora, in quella che potrebbe essere anche l'ultima volta, per quanto ne sappiamo. L'Alcatraz è allestito col palco piccolo ma c'è il pienone, si tratta in ogni caso di un pubblico più grande di quello a cui il gruppo era abituato nel periodo in cui era regolarmente in attività ("Se dieci anni fa ci avessero detto che avremmo suonato qui, li avremmo presi per matti" ha effettivamente ammesso Max Collini a fine concerto): certificazione della bontà del progetto ma anche potenza della retromania, ormai funziona ovunque così.
Il pubblico, a giudicare da un rapido colpo d'occhio, per lo meno nella mia zona sembra composto soprattutto da reduci, anche se qua e là si intravede qualche fan più giovane che li ha evidentemente scoperti in un secondo momento.
È il compleanno di Fontanelli, dicevamo, e il calore dei presenti, già palpabile quando viene ricordato alla fine di "Cinnamon" ("Ai caduti come Enrico Fontanelli dovrebbero dedicare una piazza fuori da un centro commerciale") si trasforma in commozione autentica quando, durante un intermezzo musicale che avrebbe dovuto omaggiarlo (i Synth evocano le note di "Atmosphere" dei Joy Division), Max Collini non riesce a trattenere le lacrime e deve per qualche istante abbandonare il palco. È solo un episodio, forse, ma conferisce forza e carattere speciale ad una serata che sarà senza dubbio ricordata a lungo.
In apertura c'è Miglio, che dopo Futuro Splendido uscito due anni fa, ha recentemente pubblicato due nuovi singoli, "Musica elettronica" e "Love mai Love". Nel tempo il Pop di Manifesti e immaginari sensibili ha lasciato il posto a una Dark Wave dalla forte componente elettronica (sul palco sono in due e vengono usati unicamente i sintetizzatori, anche se a un certo punto compare un basso) che a tratti mi ha ricordato quella del suo collega Ibisco (anche lui di stanza a Bologna, tra l'altro) e che, a parte qualche soluzione un po' scontata, appare più che valida.
Nella mezz'ora a sua disposizione arrivano unicamente brani dell'ultimo periodo (oltre a "Love mai Love" e "Techno pastorale" ascoltiamo anche qualche inedito), la prova è potente e riesce a conquistare il pubblico, che verso la fine partecipa con entusiasmo. Attendiamo il nuovo disco, nella speranza di rivederla in uno spazio tutto suo.
Su un live degli Offlaga Disco Pax non c'è nulla da dire che non sia già stato detto. Personalmente era la prima volta che li vedevo con la nuova formazione e devo dire che, dato per assodato che di Enrico Fontanelli non ce ne sarà mai un altro, non ho riscontrato grosse differenze. Ferrarini se la cava egregiamente, le sue trame chitarristiche aprono spazi che sono poi lavorati dai sintetizzatori e dal basso, in generale sia lui che Daniele sembrano perfettamente a loro agio nell'interazione, nella gestione dei vari strumenti, per cui la componente suonata di questo concerto risulta decisamente godibile e non un mero contorno.
Questo già aiuterebbe a rispondere alla domanda che normalmente in tanti si pongono quando si parla del gruppo reggiano: chi va a vedere loro, perché ci va? Per la musica, o unicamente per ascoltare le storie di Max Collini? Io direi entrambe le cose.
Contrariamente a Spartiti, il progetto che Collini ha messo in piedi con Jukka Reverberi dopo la fine del trio, e che appariva decisamente più concentrato sulla parola, qui si tratta invece di una divisione equa. Si possono ascoltare i racconti, i divertenti aneddoti "quasi tutti veri" (ci hanno tenuto anche stasera a ribadirlo) impreziositi da una penna talentuosa come quella di Max, ma anche perdersi nelle trame ora enigmatiche, ora ossessive, ora più contemplative, che i suoi compagni di avventura riproducono sul palco. Non è probabilmente un caso che dopo il disco di debutto, che era totalmente incentrato sull'aspetto narrativo, i due lavori successivi esplorassero anche altre strade, più riflessive ed intimiste (stasera ascoltiamo "Parlo da solo", da Gioco di Società).
Ad ogni modo siamo qui per omaggiare Socialismo Tascabile ed è dunque normale che i nove brani che lo compongono siano tutti parte della scaletta di questa sera. Dall'iniziale "Kappler" (quella dell'ormai iconica "Signora, suo figlio ha la faccia come il culo") a "De Fonseca" (con tanto di ciabatta portata sul palco e, dato l'argomento del testo, affettuosamente dedicata ai loro amici Coma_Cose), passando per "Cinnamon" (metafora dolceamara della fine del Socialismo riletta attraverso alcuni prodotti di consumo, presa in prestito da Arturo Bertoldi), "Khmer Rossa" ("Col senno di poi si potrebbe dire che fosse anche una canzone contro i vizi del patriarcato"), "Tono metallico standard" ("Dedicato al signore che ci ha prestato il furgone per questo tour", una prova ulteriore del fatto che ormai non esiste più alcun rancore tra lui e Luca Giovanardi dei Julie's Haircut, all'epoca ritratto nel testo), "Tatranky" (con tanto di wafer distributi al pubblico), nonché le meditazioni vagamente surrealiste di "Enver", o le nostalgie di "Piccola Pietroburgo", si tratta di un viaggio in un mondo che non esiste più, senza dubbio idealizzato (non bisogna dimenticare che in Italia il comunismo non è certo stato quello dell'Unione Sovietica o della Germania Est, anche se il fatto che la nostalgia oggi sia forte anche da quelle parti, indica che la questione è decisamente più complicata) ma descritto in modo tale da farcelo sentire vicino e in un certo qual modo famigliare.
Che poi, immagino, è il segreto del successo di questa band, che utilizza un immaginario politico ma che non è mai stata veramente politica, neppure in un episodio come "Sensibile" (ovviamente presente in scaletta), dove a prevalere è piuttosto uno stupito interrogarsi sugli aspetti più enigmatici della natura umana.
Tra le altre cose ascoltate, oltre ad una sentita cover di "Allarme" dei CCCP ("Rendiamo omaggio ai nostri antenati") particolarmente divertente risulta "Dove ho messo la Golf?", con tanto di aneddoto conclusivo di Max che ci racconta di avere rincontrato la famosa vigilessa Morgana vent'anni dopo, e nei bis, "Piccola storia ultras" e "Robespierre", senza dubbio i brani simbolo del gruppo, quelli dove il loro personalissimo immaginario è descritto nella maniera più efficace e compiuta.
Non sappiamo quale sarà il futuro degli Offlaga Disco Pax da qui in avanti. Gli spunti per produrre nuovo materiale non mancano, dopotutto Collini ha più volte dimostrato di avere parecchie idee da sviluppare. Se vorranno andare avanti e scrivere un nuovo disco, in questo tour hanno certamente dimostrato di avere tutte le capacità di poterlo fare.
Photo courtesy: Matteo Nasi