Un'azienda deve rilanciarsi dopo anni di cattiva gestione.
L'azienda, è un macello, non nel senso di disastro, ma nel senso di macello-macello, dove la carne viene preparata, tagliata, spedita, e prima ancora: procurata.
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Per rilanciarsi, la comunicativa Lucy Mirando si inventa una gara, si inventa pure un nuovo animale, un super maiale capace di inquinare poco, mangiare poco, produrre però tanta carne.
La gara prevede la partecipazione di 26 super maiali, mandati in giro per il mondo, ognuno ad un allevatore-artigiano, che con metodi tradizionali lo alleverà.
Il vincitore, del super maiale più bello e più in forma, sarà decretato dopo 10 anni.
Sono tanti 10 anni, sono tanti soprattutto se con un super maiale si cresce, facendolo diventare la propria migliore amica, capace pure di salvare la vita.
È quello che succede alla piccola Mija e alla sua Okja, che vivono spensierate con il nonno in una foresta tutta per loro, che vivono in simbiosi, ma che devono dividersi, allo scoccare di quei 10 anni, al vedere come e quanto Okja sia cresciuta, e nel migliore dei modi.
Parte così un'avventura che è una caccia che fa il giro del mondo, una sfida contro una multinazionale, atti eco-terroristici che cercano di mostrare la verità, inseguimenti e tecniche di marketing per salvare la faccia mentre si cerca di salvare Okja.
Questa nuova sfida, in questi inseguimenti in cui l'azione la fa da padrone e i sussulti si susseguono, finisce però in un amaro riscontro, e in una verità che fa male, perchè se i super maiali ancora non esistono, i maiali, quelli veri, e gli altri animali da macello, sì.
Il bello di Okja, però, è che non preme troppo il pedale della retorica e della propaganda, si preferisce mostrare, si preferisce raccontare, facendo dei cattivi dei personaggi grotteschi quasi da fumetto, in cui si immergono degli irriconoscibili e stralunati Tilda Swinton e Jake Gillenhall, facendo della piccola protagonista una protagonista che non ha bisogno di tante parole, mentre la aiuta -ma neanche troppo- un vero e proprio animalista radicale come Paul Dano, che pure lui, quando non parla, fa commuovere.
In questo strano film fatto di denuncia, di azione e di emozione, ci si muove velocemente, ci si muove in modo colorato, come si fosse in un futuro distopico (non a caso, il regista è lo stesso di Snowpiercer), fatto di costumi e uniformi, ci si muove con effetti speciali che danno vita a un Okja tenerissimo, ma con qualche difetto a livello di ritmo -quando questo rallenta- e con qualche lungaggine che un po' fa soffrire.
Ma è il finale, o meglio, il prefinale a dare la vera mazzata, a far riflettere, e instillare almeno un po' di riflessione, senza bisogno di cartelli, di urla, ma con pochi sguardi, e grugniti di incoraggiamento.