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REVIEWSLE RECENSIONI
25/06/2020
Blanco White
On The Other Side
L'esordio del songwriter londinese Josh Edwards è un disco di folk pop piacevolissimo ma abbastanza prevedibile.

Sotto il moniker Blanco White si cela Josh Edwards, ventottenne songwriter e chitarrista londinese, che con questo On The Other Side esordisce sulla lunga distanza. Come suggerisce il nome (ispirato dal poeta spagnolo Joseph Blanco White), Edwards ha il cuore diviso a metà: da un lato le origini britanniche e dall’altro la passione per la Spagna, dove si è trasferito a vivere (a Cadice, per la precisione). Una scelta di vita, certo, ma anche artistica, visto che in Andalusia Josh ha studiato la chitarra flamenco, sotto la guida di Nono Garcia, e ha affinato la sua tecnica, ulteriormente migliorata, poi, da un trasferimento a Sucre, in Bolivia, dove il songwriter inglese ha scoperto la musica folk del luogo e ha imparato a suonare il charango.

Josh ha passato, poi, molti anni in America latina e in seguito a questa esperienza si è appassionato alla cultura spagnola e in particolare alla musica. “Quando avevo 10 anni mio padre ha lasciato il lavoro, mia madre si è presa una pausa dal suo e hanno portato me e le mie due sorelle più piccole in America Latina. Abbiamo lasciato la scuola e siamo andati in Messico, Costa Rica e Perù. È stato un viaggio che ci ha cambiato la vita e quando sono tornato morivo dalla voglia di imparare a parlare spagnolo. L’America Latina per me rimarrà sempre un posto meraviglioso e molto romantico”.

Un gavetta di spessore, quindi, che ha forgiato il songwriting e la tecnica di Edwards, portandolo a suonare in giro per l’Europa e a incidere tre Ep con cui si è fatto conoscere nei circuiti alternative e che hanno preparato il terreno per questo full lenght d’esordio.

On The Other Side è composto di undici canzoni di ispirato folk pop, morbido e vellutato come la bella voce di Edwards. C’è molta attenzione al suono delle chitarre, che il giovane songwriter suona con una perizia invidiabile e che sono avviluppate quasi sempre in un soffice tappeto di synth. Nonostante la passione per la cultura spagnola, però, i riferimenti alla musica latina sono sporadici (a parte la conclusiva Mano a Mano cantata in spagnolo ed evidente omaggio alla sua patria di adozione) e la proposta mantiene salde le radici nella cultura folk britannica.

Il disco è piacevolissimo, ricco di soundscapes malinconici e attraversato da un mood sofferto e crepuscolare. Manca tuttavia l’intuizione melodica da ko, e la voce di Edwards, per quanto calda e carezzevole, è però monotonale, e finisce per appiattire l’andamento di un lavoro accattivante, ben suonato, ma nel complesso abbastanza prevedibile.


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