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REVIEWSLE RECENSIONI
Owls, Omens and Oracles
Valerie June
2025  ( Concord Records)
AMERICANA/FOLK/COUNTRY/SONGWRITERS BLACK/SOUL/R'N'B/FUNK
7,5/10
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15/05/2025
Valerie June
Owls, Omens and Oracles
“Find the Joy in Your Soul”. Questo è il monito di Valerie June, il suo messaggio. Chi l’avrebbe mai detto che l’inno all’ottimismo radicale sarebbe arrivato proprio dal cuore degli Stati Uniti e nel 2025. C’è davvero da essere contenti?

In un momento storico dominato dall’ansia globalizzata e da un inarrestabile stillicidio di pessime notizie (a corollario di altrettante tragedie) Valerie June dà alle stampe un disco concepito in una dimensione parallela, che per una songwriter del Tennessee non può non coincidere con uno scenario privo di Donald Trump.

Un’opera in cui la resistenza al pessimismo cosmico torna a essere protagonista, a scapito della resilienza e dei suoi compromessi (probabilmente abbiamo esaurito le scorte, o semplicemente ne abbiamo i coglioni pieni) e con il valore aggiunto di un approccio spirituale. Owls, Omens and Oracles è un gospel collettivo che agevola il ricongiungimento dell’ascoltatore con se stesso e risplende flebile come una di quelle lampadine che gli scout indossano sulla fronte per raccapezzarsi nelle tende di notte, facile metafora della riconnessione con la propria luce interiore ai tempi di uno dei black-out più longevi nella storia della civiltà come la conosciamo.

Per questo, se come me ritenete fuori da ogni senso logico l’ascolto di musica che non sia deprimente, il sesto disco di Valerie June lasciatelo stare, non fa per voi. La potente forza salvifica che scaturisce sin dalla prima traccia del disco farà brandelli del vostro spleen. Quell’inconfondibile timbro agrodolce che evocava ancestrali storie di dolore e fatica nei blues di donne costrette a lavorare come i maschi, oggi canta la gioia come non l’avete mai sentita, come impeto di opposizione estrema alla sofferenza. In un modello sociale che promuove rabbia e rassegnazione, Owls, Omens and Oracles è un cantico della felicità come atto di coraggio, la torcia accesa del fuoco che vince l’oscurità.

 

Quattordici tracce dai titoli che lasciano poco spazio alla sicurezza di una corroborante disperazione: “Joy, Joy!”, “All I Really Wanna Do”, “Endless Tree” e la sua coda da musical, “Inside Me”, dai tratti da road song, “Trust The Path”, con un giro su cui ci si può divertire a contro-cantare una qualunque strofa di De Gregori, l’originale incedere terzinato di “Love Me Any Ole Way”, “Changed”, che vede il featuring dei The Blind Boys of Alabama, “Superpower” - su tutti il brano più intrigante, merito anche del pattern di batteria che richiama la trap, “Sweet Things Just for You”, un preludio country alla raffinatissima “I Am In Love” (cosa di cui, a giudicare da tutta questa euforia, non avevamo dubbi), la suggestiva “Calling My Spirit”, un’orazione corale di più tracce tutte registrate con la sua voce, e le conclusive “My Life Is A Country Song”, “Missin’ You (Yeah, Yeah)” e “Love And Let Go”, brano impreziosito da una coinvolgente sezione fiati a contorno della linea vocale. Singoli momenti di riflessione per un tratto narrativo che esorta a prendere consapevolezza del potere unico di cui siamo stati provvisti. La nostra missione: cambiare le cose con l’amore e la gentilezza, anche quando sembrano fuori luogo.

Ed è Valerie June in persona ad accompagnarci lungo questa rivoluzione tutta interiore con il suo stile, il suo modo di suonare chitarre e banjo, e il suo approccio al canto secondo i canoni più appropriati, di volta in volta. Una costante alternanza tra blues, soul, folk, gospel e country, un ritorno alle radici della comunità afroamericana incrociate con la musica dei bianchi, un richiamo all’eredità spirituale e culturale tramandata dalla tradizione a stelle e strisce in un messaggio universale: c’è qualcosa più grande di noi che ci lega con trame di amore - anche se non sembra -, di dolore - già più plausibile -, e di opportunità di riscatto, che non sempre sappiamo cogliere.

 

Temi classici e schemi narrativi consolidati, uno specifico del genere ma esposto con un gusto raro e uno sguardo di originalità, frutto anche della produzione di M. Ward. La debolezza si trasforma in arma, uno strumento devastante in grado di condurre alla vittoria. Aprite i vostri cuori, la sentiamo cantare tra le righe, soprattutto quando il rischio di esporsi al prossimo può fare la differenza tra esseri umani.

Owls, Omens and Oracles è una seduta di meditazione, un invito a concentrarci sul respiro per ritrovare l’anima e la sua essenza. Un album che va oltre la musica, in grado di trasmettere riti collettivi e odi alla vita, in tutte le sue accezioni. Un disco tra paura e speranza che risuona proprio in quel frammento e in quell’istante tra esse compreso e da cui si sprigiona la gioia, sentimento allo stato puro, da rendere in melodia.