Per un film come Paranormal activity il discorso più interessante da fare potrebbe essere quello sul rapporto tra produzione, soprattutto sui costi di produzione, e incasso finale.
Paranormal activity è il film d'esordio del regista Oren Peli che realizza questo lungometraggio in camera a mano più qualche inquadratura fissa con soli 15.000 dollari di budget e una crew fatta di pochissimi amici e attori. L'incasso totale realizzato in tutto il mondo da Paranormal activity ha sfiorato i 200 milioni di dollari, una cifra incredibile piovuta sul regista e sulla casa di produzione Blumhouse Production di Jason Blum che con questo film sigla uno dei più grandi successi della sua recente storia, un successo che avrà sicuramente contribuito alla scelta in Blumhouse di dedicarsi in maniera prevalente al genere horror (in catalogo però anche cose come Whiplash, The reader, Jem e le Holograms (?)).
Sarebbe interessante capire cosa può aver attirato questa enorme mole di pubblico sufficiente a premiare in maniera così plebiscitaria un film che, seppur piacevole nel suo segmento, di certo non può definirsi né seminale né indimenticabile se non appunto per il discorso costi/ricavi, discorso comunque importantissimo, anzi fondamentale in alcuni casi per alimentare la macchina cinema e per poter magari finanziare film con una potenzialità meno ficcante di questo.
La risposta potrebbe stare in una generica popolarità del genere che comunque continua a piacere e nell'ambiguità tra finzione e storia vera sulla quale alcuni mockumentary (chiamiamolo così) di stampo horror, in maniera più o meno dichiarata, giocano spesso (emblematico il caso Blair Witch Project). Mettiamoci pure che oggi, anche più che nel 2007 anno in cui il film uscì, viviamo in una società voyeuristica immersa nel mondo social ed è facile capire come questa esigenza in Paranormal activity possa essere facilmente soddisfatta. Ad ogni modo, per questi aspetti, il film di Peli è divenuto fenomeno studiato e da studiare.
Micah (Micah Sloat) e Katie (Katie Featherstone) sono fidanzati da circa tre anni e vivono insieme in una casetta unifamiliare a San Diego, California. Katie convive fin da bambina con la convinzione che una strana presenza l'accompagni costantemente e che si manifesti, soprattutto di notte, attraverso rumori, piccoli spostamenti, con un alito caldo che di tanto in tanto Katie si sente addosso.
La ragazza è per alcuni versi inquieta ma quasi abituata a questi fenomeni; Micah, che forse non crede del tutto alle parole di Katie pur incoraggiandola nel tentare di capire, decide di acquistare una buona videocamera da piazzare in camera in modo da registrare tutto ciò che succede durante la notte nella camera da letto che i due ragazzi dividono.
Se da principio può sembrare che nulla accada, ecco che d'improvviso iniziano a intravedersi i primi strani fenomeni, cose da poco, casi di apparente sonnambulismo da parte di Katie, porte che si muovono da sole in piena notte. Katie consulta anche un sensitivo, il dottor Fredrichs (Mark Fredrichs) che consiglia alla coppia il consulto di un demonologo; il fatto che la presenza sia da sempre con Katie lo porta a escludere il coinvolgimento di un fantasma.
Durante la discussione con i due fidanzati, appurata una scellerata intraprendenza da parte del ragazzo, il sensitivo consiglia all'esuberante Micah di non tentare di contattare lo spirito/demone in modo da non provocarlo ma Micah vorrà fare di testa sua (come in ogni horror che si rispetti), così...
Nonostante il film di Oren Peli non metta in scena (né in moto) nulla di veramente nuovo e si concentri con alcuni accorgimenti economici a (non) mostrare l'inimmaginabile che irrompe nella quotidianità, Paranormal activity, forse proprio per questo, alla fine funziona discretamente bene e capitalizza molto, molto meglio.
Peli gira in casa sua, pochissime location: la camera da letto, una sortita in giardino e qualche passaggio nelle altre stanze (il bagno il più gettonato); tanta camera a mano stile ponte su una nave in tempesta, camera fissa per le notturne, scene queste più interessanti, con segnatempo a correre veloce quando non succede nulla.
Forse è proprio questa essenzialità, asciugata della messa in scena che ci si aspetta dal cinema, a dare un senso di plausibilità e immedesimazione a quel che accade in quella casa; gli "spaventi" sono centellinati ma ben calibrati, si arriva a un potenziale terrore (per chi è a digiuno di horror) solo sul finale, sequenza rivista più volte e ripensata su consiglio di, nientepopodimenoche, Steven Spielberg, in giro è comunque possibile visionare anche le chiusure alternative compresa quella in origine pensata dal regista.
Opera sovrastimata, almeno dal pubblico (la critica fu più divisa) che volente o nolente centra in pieno il bersaglio economico e che alla fine non se la cava malaccio nemmeno come intrattenimento aiutata dai volti genuini non immediatamente ricollegabili al mestiere dell'attore dei due protagonisti. Per diversi versi modesto ma innegabilmente uno dei grandi successi del suo decennio.