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REVIEWSLE RECENSIONI
12/06/2025
TVOD
Party Time
Party Time è un album d’esordio fresco, ricco di grinta e pieno di hit. Un nuovo disco irrinunciabile per gli amanti del post-punk d’oltreoceano.

La lotteria degli algoritmi, che è la funzionalità più interessante delle piattaforme di musica liquida, questa volta ha incrociato i miei ascolti di routine con “Car Wreck”, seconda traccia del convincente esordio discografico dei Television Overdose, band post-punk di Brooklyn dal nome decisamente più accattivante dell’abbreviazione TVOD con cui hanno la pretesa di affermarsi al pubblico.

Ci mancavano giusto gli emuli dei The Sound e di Adrian Borland, in questa affollatissima offerta di musica per nostalgici come me, ho subito pensato. Anche se più lenta di una manciata di bpm, “Car Wreck” ricalca perfettamente l’anima di “I Can’t Escape Myself”, il brano iniziale di Jeopardy. Ho ritrovato la chitarra timidamente abrasiva che gioca con il giro ipnotico di basso, i bicordi dissonanti di gocce di sintetizzatore, l’esplosione vocale dei ritornelli come nemesi della remissività della strofa. Finalmente, mi sono detto. Dopo anni di monopolio dei Joy Division, qualcuno ci è arrivato.

Ma poi, ad ascoltarlo con attenzione, dei The Sound nell’LP Party Time c’è poco altro, se non qualche rimando del timbro di voce e di certi vezzi melodici (tributo inconsapevole) del cantante Tyler Wright, un link nemmeno tanto forzato tra la traccia “Take It All Away” e la struggente “Unwritten Law” e l’idea generale di fondo, quella di proporre un punk con curvatura post per nulla di posa, indiscutibilmente essenziale ma con una imprescindibile presenza di sintetizzatori suonati, in grado di sfoggiare solo il necessario strettamente sufficiente a coinvolgere, far riflettere, e, perché no, divertire.

Anche se, a dispetto del titolo, c’è ben poco da festeggiare. Nella sostanza, i TVOD sono ottimi autori e interpreti di un sound introspettivo e fintamente scanzonato, frutto di quel derivato dell’ironia che nasce dal disagio, dalle dipendenze, dai contrasti con se stessi, dalla disillusione verso le relazioni tra esseri umani. Un moderno post-punk per disadattati nella New York del nuovo millennio e nella dicotomia tra l’epopea delle sue narrazioni e la vita quotidiana di chi la vive, giorno e notte.

 

I TVOD si sono nutriti delle energie dei circuiti off di Brooklyn, incuriosendo il pubblico dei club e conquistando i fan grazie a trascinanti esibizioni live. Una band di giovani musicisti, perfetti per suonare esattamente la musica su cui hanno deciso di puntare. Insieme a Wright, hanno condiviso il palco e i solchi di Party Time Jenna Mark alla seconda voce e ai synth, la bassista Micki Piccirillo, i chitarristi Serge Zbrizher e Denim Casimir, e Michael Pahl alla batteria.

Party Time, opera rumorosa, eclettica, inafferrabile e inaspettatamente originale, comincia con una specie di rigurgito di synth, e anche solo per questo dimostra di avere tutte le carte in regola per lasciare il segno. La veloce e serrata “Uniform” - brano iniziale della tracklist - è già un inno di resa all’omologazione, quando canta “Throw me in the microwave, Wrap me up in cellophane, Civilizations crumbling, I put on my uniform”. “Pool House” e “Super Spy” sono moderne creazioni di vecchia e orecchiabile new wave, basate su incalzanti intrecci riff di chitarra e arrangiamenti di synth, per un gioco di parti altamente caratterizzante.

In “Empty Boy” la voce di Tyler Wright, fino a quel punto quasi sempre lineare e molto poco sopra le righe, trova un improvviso impeto e supera se stessa con un improbabile ritornello da crooner. Le cose si fanno un po’ più spinte in brani come “MUD” e “Wells Fargo”, in cui i distorsori diventano protagonisti e l’atmosfera si tinge di cattiveria post-grunge e stoner. Con “Alcohol” e “Bend” si torna nella no-wave, con mood taglienti e spigolosi e pattern ripetitivi, mentre “Party Time”, brano conclusivo, manifesto e title track del disco, trasmette tutta la sua potenza live con un botta e risposta tra la band (“What time is it?) e il pubblico in delirio (“Party Time!”), a prescindere dall’urgenza di quello che accade fuori, ad amplificatori spenti.

E infatti non è solo il tempo di fare festa. È anche il momento dei TVOD, un gruppo che esce con un disco giusto al momento giusto e con una proposta fortemente determinata e personale. Ma non dovete fermarvi alle apparenze. Il loro è un sound sincero, grintoso e senza compromessi, tutt’altro che un’offerta modaiola e commerciale in un’epoca di forte domanda del genere professato. Party Time è un album genuino e diretto, in grado di trasmettere tutta l’energia e la freschezza di un’opera prima.