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REVIEWSLE RECENSIONI
26/01/2024
The Vaccines
Pick-Up Full of Pink Carnations
Un viaggio nell’indie rock inglese, tra indie pop anni Sessanta e New Wave, ma scaldato dal sole della West Coast americana. Il nuovo album dei The Vaccines, “Pick-Up Full of Pink Carnations”, è il segno di un nuovo inizio, che guarda ai propri esordi ma con una consapevolezza nuova, rendendolo inaspettatamente (con semplicità e un pizzico di euforica malinconia) uno dei migliori dischi della loro carriera.

 

«Maybe we should keep on dancing. I feel like something good is gonna happen. Don't care if I'm the last one standing» 

«Forse dovremmo continuare a ballare. Sento che qualcosa di buono sta per accadere. Non importa se sono l'ultimo a rimanere in piedi» 

(The Vaccines, “Discount De Kooning (Last One Standing)”) 

 

Probabilmente questo piccolo estratto dai primi versi di “Discount De Kooning (Last One Standing)”, parte del nuovo album Pick-Up Full of Pink Carnations, rappresenta al meglio lo spirito e la situazione attuale dei Vaccines. La band di West London ha avuto il suo momento d’oro nel 2011, con il suo esordio, What Did You Expect from the Vaccines?, seguito a ruota da Come of Age l’anno successivo, ma con gli album seguenti, pur registrando sempre un'ottima ricezione in patria, sono rimasti spesso uno dei diversi (buoni) nomi parte del nutrito calderone dell'indie rock inglese per il resto d’Europa, noti più per i singoli più famosi che per i dischi pubblicati. L'abbandono del chitarrista e co-fondatore Freddie Cowan, avvenuto nel 2023, dopo l'uscita di scena nel 2016 del batterista co-fondatore Pete Robertson, avrebbe quindi potuto essere il segno di una fine o di una lunga pausa, invece, guidati dal frontman Justin Hayward-Young, i ragazzi di Londra hanno deciso di continuare a ballare, percependo che forse qualcosa di buono potevano ancora fare, anche se “a rimanere in piedi” dalla formazione originaria si era rimasti in pochi. 

Dobbiamo quindi ringraziare Hayward-Young e i suoi Vaccines, perché hanno fatto benissimo a proseguire la danza: qualcosa di buono in effetti è proprio arrivato, perché Pick-Up Full of Pink Carnations non è solo un album di una bellezza semplice e senza troppi fronzoli, ma probabilmente anche uno dei più riusciti sin dagli esordi, se non forse il più lucido e calibrato della loro carriera. 

 

Sia chiaro, i Vaccines con il loro sesto disco non inventano nulla di nuovo, rimangono fedeli a quel suono indie rock tipicamente inglese, che fonde l’indie pop di ispirazione sixites con la new wave, ma con un filtro che risente del sole californiano assaporato da Young. Justin, trasferitosi a Los Angeles, ha avuto l’occasione di confrontarsi con l’illusione del sogno americano e di provare quel mix di morte dell’innocenza e odor di nostalgia che si sente nelle ossa quando qualcosa nella propria vita cambia, ci si guarda indietro e si fa un bilancio ponderato tra ciò che si è lasciati alle spalle e ciò che ci si aspetta dal proprio presente e futuro. Tutte sensazioni che gli hanno permesso di confezionare dei testi euforici e malinconici al tempo stesso, più maturi e in qualche modo più centrati, i quali, accompagnati da un sound design che guarda ai propri esordi ma con la consapevolezza acquisita dagli anni trascorsi, hanno permesso la realizzazione di un album decisamente inaspettato. 

Le ispirazioni più o meno moderne (dai The Jam agli Strokes, passando per i Killers), gestite con garbo e gusto, accompagnate dal tocco dato dal produttore Andrew Wells (Halsey, Phoebe Bridgers) e dal missaggio di Dave Fridmann (Tame Impala, The Flaming Lips), rendono Pick-Up Full of Pink Carnations una collezione di piacevolissimi singoli, tra cui spiccano "Lunar Eclipse", "The Dreamer" e "Love to Walk Away", ma anche "Another Nightmare", il convincente ritornello dell’iniziale "Sometimes, I Swear"A volte, giuro, mi sembra di non appartenere a nessun posto») o la conclusione con "Anonymous in Los Feliz". 

 

Nulla di innovativo, sicuramente derivativo, ma a volte anche qualcosa che ormai risulta più che noto e “nei canoni” del british sound ha bisogno di essere realizzato semplicemente con una buona fattura, con quel sapere artigianale tipico di un buon tessitore, che con spirito leggero ma conscio delle potenzialità delle sue dita, scorre sul telaio per produrre un nuovo tessuto con una trama classica, ma con quel guizzo che non ti aspetti. 

Arrivati alla fine dei 31 minuti del disco, dove le 10 tracce che si susseguono rapide arrivano al massimo a tre minuti e mezzo, si ripensa ai riff più convincenti, quelli che con sobria eleganza hanno iniziato a far muovere i piedi o tenuto desta l’attenzione, o ad alcuni dei testi appena ascoltati che hanno fatto vagare la mente tra pensieri dolci e agri («Perché non possiamo essere solo noi stessi, quando fa miracoli per la salute? E tutto quello che devi fare è prendertela con calma. Il tempo inizia a bruciare da entrambe le parti, e a chiamare amici famosi, e a comportarsi come se ci fosse un altro posto dove andare» "Lunar Eclipse"; «So che la notte ha due facce, c'è una che corre e una che insegue. Ma se ti prendesse nel mezzo, allora ti aspetterei nei sogni. Proprio ai margini delle tue risposte, da qualche parte sotto le tue risate. E se vuoi sapere cosa significa tutto questo, allora sono qui per te nei sogni» "The Dreamer"), ma soprattutto si rimane con il desiderio di sentirsi accompagnati ancora per un po' in questo viaggio delicato e agrodolce, a suo modo accattivante in maniera semplice e composta, pieno di ritornelli cantabili e canzoni su cui sognare e ondeggiare, anche se non lo si sta facendo alla guida di un pick-up pieno di garofani rosa.