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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
Press color
Lizzy Mercier Descloux
1979  (Philips Records)
ALTERNATIVE ELETTRONICA/AMBIENT/EXPERIMENTAL/AVANT-GARDE POST-PUNK
all RE-LOUDD
28/01/2018
Lizzy Mercier Descloux
Press color
Dalla Francia a New York: borderline, eclettica, hipster, talentuosa, la Descloux aveva tutte le carte in regola per eccellere nell’arte di parecchi artisti americani (autoctoni o immigrati) della Big Apple: quella di stupire il mondo pur non avendo niente da dire.
di Vlad Tepes

Dalla Francia a New York: borderline, eclettica, hipster, talentuosa, la Descloux aveva tutte le carte in regola per eccellere nell’arte di parecchi artisti americani (autoctoni o immigrati) della Big Apple: quella di stupire il mondo pur non avendo niente da dire.

Si ritrovò nella capitale del mondo a mezzo fra la dissoluzione dell’impegno politico e l’insorgere del nuovo edonismo.

In fondo cos’era il progressive se non un impadronirsi dei mezzi classici (detenuti sin da allora dal potere: musica, pittura, letteratura) e usarli in senso antiborghese? E se il progressive poltriva nel compiacimento perché non addivenire a metodi più spicci e diretti, venati da goliardia grossolana, ma splendidamente antagonisti al senso comune: punk e hardcore? Ma anche il punk fallì, bruciando se stesso in brevi deflagrazioni terroristiche. Cosa fare? La disco music e il disimpegno incalzano: inventiamoci la New Wave… suoni distaccati, amorali, filtrati dall’elettronica… avemmo, quindi, sonorità dance dai ritmi martellati, oppure estenuate dal romanticismo blasé, o rinvigorite da toni glamour-kitsch, o ancora catatoniche, sfibrate dal nichilismo atonale della No Wave… e Lizzy si trovò, poco più che ventenne, fra questi umori vorticosi… e scelse tutto.

Nella sua prima opera (almeno nella versione ampliata del 2003) coesistono le prove con i Rosa Yemen (assieme al compagno Didier Esteban) dove emerge il suo lato più minimalista e inquietante (“Rosa Vertov”, “Herpes Simplex”, “Nina Con Un Tercer Ojo”), le versioni oblique di “Mission Impossible” e “Jim On The Move” (di Lalo Schifrin) e di “Fever” (ribattezzata sardonicamente “Tumour”); la notevole cover di Arthur Brown, “Fire”, rivisitata all'uopo con felice piglio funky/disco (appena un gradino sotto “Born To Be Alive” di Patrick Hernandez ...); altri pezzi deliziosamente schizoidi in linea colla temperie no wave (“Wava”, “Torso Corso”, lo strumentale “Aya Mood”).

La Descloux non tornerà più a questi livelli di micidiale eclettismo.

Ci ha lasciati nel 2004. La ricordiamo con affetto.