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REVIEWSLE RECENSIONI
Puer Aeternus
Ancient Veil
2023  (Maracash Records)
IL DISCO DELLA SETTIMANA PROGRESSIVE ROCK
9/10
all REVIEWS
27/11/2023
Ancient Veil
Puer Aeternus
"Puer Aeternus" è il nuovo album degli Ancient Veil, un ambizioso disco di progressive rock, in grado di ridefinire le coordinate del loro sound e di elevarne la caratura artistica. Una rock opera che è anche un concept a sfondo mitologico con influssi neoplatonici, che narra il cammino spirituale ed esistenziale di un’anima in procinto di venire al mondo, sospesa tra l’immobilità di un non luogo e la spinta verso la vita.

Il Progressive Rock è un genere di nicchia con una fan base di età decisamente elevata, sono ben lontani i tempi in cui c’era un diverso appeal commerciale e i principali gruppi italiani dettavano legge anche all’estero. Gli Ancient Veil quella stagione l’hanno appena sfiorata. Rings of Earthly Light degli Eris Pluvia è uscito nel 1991 ed è un piccolo gioiello del Prog nostrano, che non avrà venduto milioni di copie ma che si è guadagnato una certa fama nei circuiti internazionali.

L’avventura del gruppo di fatto parte da qui, con Alessandro Serri e Edmondo Romano che hanno portato visione artistica e composizioni della loro prima band dentro questa nuova creazione.

Certo, le condizioni per un’esplosione commerciale non sussistono più ma che un disco come Puer Aeternus possa e voglia entrare di prepotenza tra le pietre miliari del genere, almeno per quanto riguarda il nostro paese, è fuor di dubbio.

 

Arrivato dopo un ottimo album dal vivo come Unplugged Live ed un interessante tributo a John Wetton, Celebrating the Dragon, Puer Aeternus è di fatto il primo lavoro di inediti dai tempi di I Am Changing, del 2017. E che si tratti di un disco ambizioso, in grado di ridefinire le coordinate del loro sound e di elevarne la caratura artistica, mi sembra altrettanto inopinabile.

Concept a sfondo mitologico con influssi neoplatonici, che narra il cammino spirituale ed esistenziale di un’anima in procinto di venire al mondo, sospesa tra l’immobilità di un non luogo e la naturale spinta verso la vita, il disco ha la struttura di una rock opera, con personaggi che si alternano, ciascuno interpretato da una voce diversa, ad affiancare quella principale di Alessandro Serri.

 

Il cast è decisamente d’eccezione, sia tra i cantanti che tra gli strumentisti, con ospiti del calibro di Lino Vairetti (Osanna), Roberto Tiranti (ora nei New Trolls ma con un passato illustre nel gruppo Metal dei Labyrinth), Martin Grice (Delirium), Simona Fasano, Elisa Marangon, Natalino Ricciardo (Paolo Conte), Sophya Baccini e Tony Cicco (Formula Tre).

 

La vicenda non è semplice da seguire, essendo più introspettiva che narrativa, anche se all’interno del booklet ci sono testi e spiegazioni dettagliate ad opera di Edmondo Romano, che ha scritto e ideato il tutto.

Il Puer, che ha evidenti reminiscenze virgiliane, è affiancato nel suo itinerario di presa di coscienza e maturazione da entità come Natura, Anima e Creatore, e divinità greche ed egizie (Crono, Mercurio, Thot), oltre che dall’Umanità, rappresentata da un coro, secondo il modello della tragedia classica.

 

Chi avesse già dimestichezza con la proposta degli Ancient Veil non troverà particolari stravolgimenti in questo lavoro; la novità principale è il cantato, interamente in italiano, cosa che contribuisce ad avvicinarlo, nei modi e nelle influenze, alla nostra grande tradizione progressiva.

A livello di struttura, siamo di fronte ad un’unica lunga suite, coi singoli brani che di fatto contribuiscono a comporre un quadro generale di libero fluire, incentrato sull’equilibrata alternanza tra momenti di forma canzone, che come già i nomi storici del nostro Prog, dalla Premiata Forneria Marconi al Banco del Mutuo Soccorso, pagano più di un pegno alla scuola dei cantautori, ad altri in cui sale in cattedra la fantasia dei singoli musicisti, con divagazioni strumentali spesso al confine col Jazz, elaborate ed intricate quanto basta, senza tuttavia mai scadere nel virtuosismo.

E poi c’è tanto Folk, la stretta vicinanza a quel Canterbury Sound che è sempre stato una cifra stilistica della band, valorizzato qui da un vero e proprio assetto orchestrale, con un quartetto d’archi ed un’intera sezione di fiati (sax, oboe, fagotto, clarinetto e corno francese).

 

Niente di originale, per carità, ma siamo comunque ai più alti livelli espressivi che questa musica possa raggiungere.

Solo per amanti del genere, anche se sarebbe comunque bello che venisse ascoltato da quanta più gente possibile. Dischi così sono rari, occorre farne tesoro.