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REVIEWSLE RECENSIONI
28/02/2020
Sepultura
Quadra
Il nuovo Quadra è un ulteriore passo avanti verso la seconda giovinezza di una band che cerca, poco alla volta, di sgravarsi di dosso un’eredità davvero troppo ingombrante

Il metal meticcio dei Sepultura (thrash, death, sonorità tradizionali brasiliane) è stato uno dei suoni più eccitanti e influenti degli anni ’90 e quella leggendaria tripletta di dischi (Arise del 1991, Chaos A.D. del 1993 e Roots del 1996), che ha portato il combo brasiliano ai vertici della scena del periodo, è uno scrigno di gemme che ogni appassionato di genere tiene gelosamente custodito fra le sue cose più preziose.

Dopo di che, però, il nulla o quasi. I Sepultura, diciamoci la verità, avrebbero fatto meglio a sciogliersi dopo Roots, quando il leader Max Cavalera se ne andò per fondare i Soulfly. Il seguito, infatti, è stato un susseguirsi di dischi fiacchi, tra concept album pasticciati (Dante XXI del 2006) e imbarazzanti album di cover (Revolusongs, Ep datato 2003), fino all’uscita dalla line up anche di Igor Cavalera, momento esatto in cui il brand Sepultura perse definitivamente ragione d’essere e la band divenne qualcosa d’altro.

Insomma, da quel momento in avanti in pochi avrebbero scommesso sul futuro del gruppo di Belo Horizonte, che, si perdoni il gioco di parole, avevamo già dato per morto e sepolto. Invece, Machine Messiah (2017) dava timidi segnali di rinascita, era un disco non riuscito al 100%, ma sicuramente incoraggiante da un punto di vista compositivo e con momenti decisamente interessanti.

Il nuovo Quadra, non che ci volesse molto, è un ulteriore passo avanti verso la seconda giovinezza di una band che cerca, poco alla volta, di sgravarsi di dosso un’eredità davvero troppo ingombrante. Diviso geometricamente in quattro parti, come se fossero ognuna la facciata di un LP doppio, Quadra ci propone una band in palla che, stufa di guardare solo al passato, cerca di sperimentare attraverso nuove strade. Il suono è quello lì, certo, ma le variazioni sullo spartito questa volta si sentono eccome.

La prima parte del disco ripropone i Sepultura nella loro veste classica: tre bordate trash metal devastanti (Isolation, primo singolo, Means To An End e Last Time) che fanno sanguinare le orecchie e che rappresentano l’anello di congiunzione con gli anni d’oro della band.

Poi, qualcosa cambia. Le successive tre canzoni, pur non perdendo un briciolo della potenza iniziale, ammiccano esplicitamente a sonorità contigue a Roots, con la sezione ritmica al centro della scena e qualche maggior concessione alla melodia.

E’ però con la seconda parte del disco, e cioè le ultime sei canzoni, che il cambio di passo si fa ancora più evidente. La band porta a compimento il processo già iniziato con Machine Messiah, e tende a strutturare in maniera più complessa i brani, aprendo a variazioni quasi progressive, come in Guardians Of Earth, in Agony Of Defeat e nella conclusiva Fear-Pain-Chais-Suffering, e giocando con elementi melodici e partiture classicheggianti. Una deriva, dunque, straniante rispetto al classico suono Sepultura, ma che convince per il tentativo di uscire da uno spartito prevedibile e abbastanza logoro.

Il risultato è che Quadra è il disco migliore della band da anni a questa parte. Una band, tra l’altro, che sembra aver ritrovato un ottimo stato di forma (grazie soprattutto all’efficace performance del vocalist Derrik Green) e la capacità di dosare violenza e furore con un pizzico di intelligenza in più.

Nella versione deluxe del disco, trovate un secondo cd, intitolato Alive In Brazil, con la registrazione di un concerto tenutosi a San Paolo, il 20 giugno 2015, per celebrare il trentesimo anniversario di vita della band.


TAGS: loudd | metal | quadra | recensione | review | sepultura