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MAKING MOVIESAL CINEMA
Quo Vadis, Aida?
Jasmila Žbanić
2020  (Mubi, Academy Two, Lucky Red)
GUERRA DRAMMATICO
7,5/10
all MAKING MOVIES
04/09/2025
Jasmila Žbanić
Quo Vadis, Aida?
"Quo Vadis, Aida?" è un film intenso e toccante della regista bosniaca Jasmila Žbanic che racconta, attraverso gli occhi della protagonista, i drammatici eventi del massacro di Srebrenica del 1995. Un'opera che mette in luce le conseguenze umane della guerra e l'impotenza delle vittime di fronte alla tragedia.

Quo vadis, Aida?, della regista bosniaca Jasmila Zbanic, è stato il primo film a raccontare il genocidio di Srebrenica durante il quale furono assassinati più di ottomila bosgnacchi, una minoranza bosniaca di religione musulmana. Nonostante il film sia uscito cinque anni fa e i fatti risalgano a quell’orribile 1995 diventato una ferita indelebile per le popolazioni della ex Jugoslavia, Quo vadis, Aida? resta, purtroppo, un film di drammatica attualità.

È il resoconto di un eccidio recente che dialoga con le cronache odierne, mettendo a nudo l’incapacità degli esseri umani e dei governi di ricordare, di imparare e di migliorare loro (noi) stessi, continuando invece a ripetere la barbarie, a rinnovare l’odio e a promuovere tutto il peggio che la nostra specie è in grado di produrre, per poi magari vergognarsi di usare parole come GENOCIDIO (scriviamolo in maiuscolo, vedi mai…) o di ammettere la complicità dell’occidente nei più vili massacri che la Storia recente continua a presentarci.

Proprio riguardo alla complicità dell’occidente nella stesura di alcune delle pagine più nere della Storia europea (e non solo), il film della Zbanic non teme di mostrare in maniera diretta e inequivocabile le colpe del contingente olandese di caschi blu dell’ONU che si rese complice, voltandosi dall’altra parte e aggrappandosi a flebili e indegni cavilli burocratici, della morte di migliaia di uomini e ragazzi innocenti, un atto vile mai troppo ricordato e condannato. La regista ha dichiarato di essersi ispirata, per imbastire il soggetto, alla vera storia del traduttore bosniaco Hasan Nuhanovic, qui trasformato nella Aida Selmanagic protagonista della vicenda.

 

Durante la guerra nell’ex Jugoslavia del 1995 le truppe serbo-bosniache comandate dal generale Ratko “il macellaio” Mladic (Boris Isakovic) conquistano la città di Srebrenica, provocando la fuga di moltissimi bosniaci di religione musulmana, una fetta di popolazione che troverà rifugio all’interno della base presidiata dal contingente olandese dei caschi blu dell’ONU sotto il comando del tenente colonnello Thom Karremans (Johan Heldenbergh).

Tra loro c’è l’insegnante Aida Selmanagic (Jasna Duricic) che lavora come interprete per l’ONU. Aida è una donna decisa ad aiutare la sua gente ma che trova, con il passare delle ore, sempre meno collaborazione da parte di un contingente ONU composto da ragazzi inesperti, soldati cavillosi e più legati ai manuali dei regolamenti che non all’umana pietà e da ufficiali che oscillano tra la codardia e un’ambigua tolleranza verso un esercito serbo che ostenta comportamenti disumani.

Tra l’impotenza di Karremans che continua a chiedere un attacco aereo che non arriverà mai, e l’arroganza delle truppe serbe, Aida comincia a intravedere un destino nefasto per la gente di Srebrenica, inizia così la sua corsa disperata contro il tempo per tentare di mettere in salvo almeno il marito Nihad (Izudin Bajrovic) e i suoi due figli Hamidja (Boris Ler) e Sejo (Dino Bajrovic) mentre intorno a lei si consuma uno dei peggiori crimini di guerra del dopoguerra europeo.

 

Jasmila Zbanic costruisce un film di stampo classico che cerca, riuscendoci, di unire i fatti di cronaca (che ancora una volta testimoniano le brutture senza fondo di cui è capace l’uomo) al privato di una storia singola che in maniera naturale diviene subito collettiva.

La macchina da presa aderisce ai volti, alle paure e soprattutto all’impotenza della protagonista (e di noi tutti) di fronte alla violenza e all’insensatezza della pulizia etnica. E in questo sguardo ravvicinato, nel movimento nervoso e incessante di Aida che corre senza mai trovare un approdo, si condensa tutta la potenza del film, un'opera straziante, politica, necessaria. La tragedia non viene mai spettacolarizzata, e proprio per questo assesta un colpo vivo, forte, pur senza mai mostrare la violenza di questa barbarie, una violenza che si intuisce nel fuoricampo, in quegli squarci di futuro che mostrano la vita spezzata dei sopravvissuti.

La regista bosniaca mette al centro del film la sua protagonista, una donna forte e onnipresente, intorno a lei crea un ritmo serrato e un crescendo di tensione che ci fa penare per tutti i perseguitati (di cui già conosciamo il destino purtroppo) attraverso le sorti, quelle incerte per noi spettatori, della famiglia di Aida. Più che cinema alto alta testimonianza, memoria, cuore, denuncia, un insieme di forze vitali che sono valse al film diverse nomination in giro per l’Europa e la vittoria agli European Film Award dei premi come miglior film, miglior regia e miglior attrice protagonista alla splendida Jasna Duricic.