Ci mancheranno perché erano una band vera ma allo stesso tempo, se non fossero stati una band vera non si sarebbero neppure sciolti per cui tocca farsene una ragione e andare avanti.
Adesso è uscito questo box set più o meno celebrativo e l'entusiasmo è giustamente alle stelle, anche se nessuno si illude che sia davvero un preludio di un ritorno sulle scene.
I R.E.M. dal vivo sono sempre stati rappresentati ma spesso in modo poco canonico. Va da sé che il loro più bel live è quello registrato all'Olympia di Dublino, quando erano all'apice della loro ultima fase, intenti a spremere quel che ancora c’era rimasto, componendo un mezzo capolavoro (“Accelerate”, in quelle serate suonato in anteprima) e infarcendo la scaletta di pezzi che non suonavano da una vita, con buona pace dei classici storici, lasciati fuori completamente. Un concerto per fan accaniti, pieno di chicche da nerd delle setlist e che, a risentirlo oggi a nove anni di distanza, rappresenta il più bel testamento che la band di Athens potesse lasciarci.
Ora la Universal pubblica “At the BBC”, cofanetto da otto dischi e un dvd, che documenta alcune delle apparizioni del gruppo nei programmi del celebre canale britannico, oltre che alcuni concerti all'epoca trasmessi per radio. E lasciatemi dire che siamo di fronte ad un prodotto di livello assoluto, oltre che indispensabile.
Il periodo coperto non è vastissimo, il grosso delle registrazioni va dal 1995 al 1999, quindi la fase del ritorno ai grandi tour, con l'importante spartiacque rappresentato dall'abbandono di Bill Berry.
E se andiamo a vedere, si tratta proprio del periodo che non era mai stato documentato da prodotti ufficiali, unico nella storia del gruppo a non essere mai stato raccontato. Adesso questa lacuna è colmata: il quarto ed il quinto cd presentano la registrazione integrale del concerto di Milton Keynes del 30 luglio 1995, seconda delle tre serate nella celebre venue. Era il tour di “Monster”, quel disco così controverso perché arrivava dopo le scorribande semi acustiche di “Out of Time” e “Automatic for the People”, che consegnarono ai quattro la fama planetaria e crearono l’illusione, tipica ogni qual volta c’è qualcuno che fa il botto, che avessero sempre suonato così. Quella volta invece i nostri infarcirono il disco di chitarre sporche e di voci filtrate, un sound a tratti grezzo e a tratti ruffianamente patinato. Qualcuno disse che stavano tentando di scimmiottare il Grunge, altri dissero che si trattava del loro “Achtung Baby”. Per me, semplicemente, quel disco rappresentava l'ennesima fase di una carriera stratosferica ed era un capolavoro senza mezzi termini.
Tornarono dal vivo, in quell'occasione. Già, perché i R.E.M. sono probabilmente l’unico gruppo di tutta la storia del rock (fatemi sapere se esistono altri esempi, io non penso proprio) che dopo aver girato il mondo per quasi dieci anni, allargando sempre di più il proprio bacino di utenza ma senza mai raggiungere il successo vero, dopo aver scalato le classifiche con “Losing My Religion”, conquistato il mondo con “Automatic for the People” (che ha dentro “Everybody Hurts”, “Nightswimming”, “Man on the Moon”, quelle cose lì), che dopo essere diventati il gruppo che tutti all'epoca ascoltavano, quello di cui dovevi per forza possedere un disco se volevi essere alla moda, hanno bellamente deciso di non andare in tour. Suonarono in qualche occasione selezionata e andarono un po’ in televisione (nel primo cd e nel dvd sono documentate alcune di quelle apparizioni) ma per il resto niente di più.
Ragion per cui, quando tornano a calcare i palchi, l’attesa era tanta anche se il lavoro che portavano in giro non c’entrava assolutamente nulla con l’immagine che il grande pubblico si era fatta di loro.
Concerto pazzesco, quello di Milton Keynes, con quasi tutto “Monster” in scaletta e parecchi brani dei due dischi platinati, da “Drive” (qui suonata ancora nella versione elettrica, alternativa a quella che era finita sull'album) a “Try Not To Breathe”, da “Man on the Moon” all'immancabile “Losing My Religion” (questi due brani sono anche quelli che, nell'arco dell'intero cofanetto, godono di più esecuzioni). In mezzo, qualcosa da “Green”, che aveva aumentato le loro quotazioni sei anni prima e alcuni isolati episodi del periodo I.R.S., quello che i fan della prima ora preferiscono ma che in quegli anni veniva più o meno comprensibilmente lasciato indietro (ci penserà, come abbiamo detto, il “Live At the Olympia” a fargli giustizia).
La resa sonora è magnifica, col mixing del solito affidabile Scott Litt e pur non avendo mai ascoltato nessuno dei numerosi bootleg che giravano in questi anni, immagino che la qualità sia stata migliorata non di poco.
Quattro anni dopo Bill Berry non c’è più, ha abbandonato dopo essere stato quasi ucciso da un aneurisma durante il tour. “Up”, uscito nell'autunno del 1998, è il loro primo disco come terzetto (dal vivo saranno da qui in avanti aiutati da altri due musicisti) e all'epoca furono in tanti a rimanere delusi. Non erano sicuramente i migliori R.E.M. ma i commenti distruttivi che io stesso ricordo all'indomani della pubblicazione, erano senza dubbio esagerati (volete un disco davvero brutto dei R.E.M.? Prendetevi “Reveal” o l'ultimo “Collapse into Now” e non fiatate).
Ad ogni modo il tour mondiale che seguì fu un enorme successo: qui c’è rappresentato (nei cd 6 e 7) il concerto di Glastonbury, sul famoso Pyramid Stage. Un'ora e quaranta di tensione assoluta, una performance al limite della perfezione, che si apre con “Lotus” e si chiude con “It's the End of the World as we Know It” e che in mezzo presenta brani di “Up”, classici della prima ora come “Fall on Me”, “Cuyahoga”, “The One I Love” e “Finest Worksong”, perle rare come “Sweetness Follows” e “The Wake Up Bomb”. Purtroppo, manca un brano (“The Great Beyond”, assente forse per problemi tecnici) ma non è un danno così grave, il concerto è lo stesso stellare e la qualità audio ancora una volta eccellente.
La parte più succulenta è rappresentata dunque da questi due show ma i restanti quattro cd non sono per niente da buttare via, anzi: di questi, sicuramente il più interessante è il terzo, che contiene la registrazione (non credo integrale) di uno dei loro primissimi concerti inglesi, nel 1984, durante il tour di “Lifes Rich Pageant”. La produzione è qui un po’ più grezza ma la qualità è molto più alta di quella di un semplice bootleg. Non esisteva un prodotto ufficiale risalente a questo periodo (c’era solo un concerto del tour di “Document”, inserito come bonus nella riedizione di quell'album) e quindi ben vengano versioni acerbe ma magnifiche di cose quasi mai suonate come “Talk About the Passion”, “Windout” o “Hyena”. È una band diversa, ovviamente. Molto più spartana, ancora influenzata dalla New Wave e ancora perfettamente calata nel suo ruolo di “risposta americana agli Smiths”. Rispetto ai loro colleghi britannici, Michael Stipe e soci erano meno famosi ma sapevano scrivere altrettanto bene e un ascolto filato a questo dischetto ve lo confermerà. Interessante anche perché è l’unica escursione che questo box si concede al di fuori del più confortante periodo a metà degli anni ‘90.
Bellissimo anche il secondo disco, che contiene l’esibizione di un'ora che il gruppo fece nel celeberrimo programma di John Peel. Si tratta di un live in uno studio televisivo, con un pubblico meno numeroso e più selezionato ma l'effetto è ugualmente da brividi. La scaletta è più o meno quella canonica ma ad un certo punto, giusto per non smentirsi, ci ficcano dentro una “Perfect Circle” straordinaria, che più o meno da sola vale l'acquisto. Nel dvd è incluso un concerto molto simile, registrato pochi giorni dopo al “Later... With Jools Holland”. Per l’occasione, il celebre dj diede al gruppo l’intero spazio di una puntata e anche qui suonarono un set di un'ora, dove una versione assolutamente commovente di “Country Feedback” rappresenta un altro highlight assoluto di questo prodotto.
Il primo dischetto è forse il meno interessante, con tutta una serie di apparizioni sparse, spalmate su un lasso di tempo che va dal 1991 (un bel set acustico da sei brani tra cui spiccano “World Leader Pretend” e una splendida “Half a World Away”) al 2008, dove accanto al singolo “Supernatural, Superserious” troviamo anche una sorprendente versione di “Munich” degli Editors, che conferma come Michael Stipe sia sempre stato attento a ciò che accadeva attorno a lui nel mondo musicale (è celebre il suo endorsement ai Radiohead, tra le altre cose).
Per finire, l’ultimo disco mostra un'altra performance speciale, quella del settembre 2004 nella chiesa di St. James, a Londra, un concerto intimo e suggestivo dove suonarono in anteprima una buona metà di “Around the Sun” e furono raggiunti da Thom Yorke, in città per partecipare alle registrazioni di “Stories From the City, Stories From the Sea” di PJ Harvey, e che cantò con loro in una magnifica “E Bow the Letter”.
A completare il tutto, sul dvd, oltre al concerto di cui abbiamo detto, anche una nutrita serie di esibizioni video tratte soprattutto da Top of the Pops: niente di trascendentale ma a titolo documentario ci sta eccome. E poi, ciliegina sulla torta, un ricco booklet contenente una serie di testimonianze di produttori e giornalisti della BBC che ebbero modo di incontrare la band in quel periodo.
Un prodotto bellissimo, realizzato in una confezione non lussuosa e quindi a prezzo contenuto, irrinunciabile per ogni fan della band (ma è inutile scriverlo, a quest'ora l'avranno già comprato tutti) ma ideale anche per tutti coloro che volessero avvicinarsi per la prima volta ai R.E.M. e toccare con mano che erano davvero una delle più grandi live band del pianeta.
Ci mancheranno, dicevamo. Ma in fin dei conti è giusto così. Avercene di gruppi con questa onestà intellettuale, capaci di riconoscere quando è il momento di mollare il colpo. Gente in grado di dire (è testimoniato nel booklet): “Ci siamo sciolti adesso che siamo ancora amici. Ci siamo sciolti perché siamo ancora amici.”
Non li ho mai visti dal vivo e, l’ho già scritto tante volte, è uno dei miei più grandi rimpianti musicali. Ma sono cavoli miei. Non è colpa loro se ci ho messo vent'anni a capire cosa accadeva al di fuori del mondo dorato che mi ero costruito. Adesso, se per caso decidessero di ritornare (molto improbabile ma non si sa mai) li opzionerebbe Livenation, ficcandoli ad Imola, Firenze Rocks, I-Days o qualcun altro dei campi di concentramento a cielo aperto che sono ormai diventati i concerti dei grandi nomi in questi ultimi anni.
Meglio così, quindi. Teniamoci il ricordo, nel mio caso teniamoci il rimpianto. Se in futuro usciranno ancora di queste meraviglie, sapremo bene come consolarci.