Quello di Becca Stevens è un nome che circola con sempre maggiore insistenza nei circuiti musicali alternativi, anche se fino adesso è rimasto un po’ ai margini dello star system. Nata a Winston-Salem (North Carolina) trentatre anni fa, e cresciuta a Brooklyn, Becca, a differenza di molti suoi colleghi, ha intrapreso un percorso solidissimo ed elitario, studiando, prima, chitarra classica alla North Carolina School Of The Arts, e poi laureandosi in composizione e vocal jazz presso la New School Of Jazz and Contemporary Music di New York. Una volta terminati gli studi, Becca ha avuto modo di collaborare con alcuni grandi musicisti jazz della scena newyorkese, come Brad Mehldau, Timo Andres, Taylor Eigsti, solo per citarne alcuni, di mettere in piedi la Becca Stevens Band e di pubblicare nel 2008 Tea Bye Sea, opera prima, interamente autoprodotta. Un disco, questo, passato inosservato, ma nemmeno troppo, visto che, un pò inaspettatamente, le è valso un contratto con l’etichetta jazz Sunnyside Records e successivamente con la Universal. Sono seguiti due altri dischi, Weightless (2011) e Perfect Animal (2015), che non hanno venduto moltissimo, ma che le sono comunque valsi la stima incondizionata di tanti colleghi e quella, meno qualificata, ma sicuramente più utile, della stampa specializzata. Con Regina, Becca tenta il definitivo salto di qualità, alzando l’asticella di un’ulteriore tacca e perfezionando e arricchendo il suo peculiare songwriting, caratterizzato da un’affascinante miscela tra jazz, pop e folk degli Appalachi. Se anche i vecchi fans rimarranno sorpresi da questo nuovo lavoro, figurarsi coloro che ascoltano per la prima volta un disco della Stevens. Sono molti, infatti, gli aspetti che faranno fare il classico balzo sulla sedia a coloro che ama la musica di qualità. In primo luogo, una voce incredibile, per estensione e modulazione, capace di muoversi su diversi registri con una duttilità disarmante; e poi, la scrittura, con cui Becca prende le distanze dalla consueta formula canzone, per creare brani mai lineari, in cui efficacissime melodie pop si sposano con la raffinatezza della ballata jazzy, con le radici di un folk suonato in punta di plettro e con una strumentazione anomala, che vede protagonisti il charango (strumento a corde utilizzato nella musica popolare sudamericana) e l’ukulele. Prodotto da Michael League (chitarrista e bassista della fusion band degli Snarky Puppy) e da Troy Miller (Gregory Porter), abili a giocare con grazia tra pieni e vuoti e luce e penombra, corroborato dalla presenza di ospiti straordinari (Laura Mvula, David Crosby e quel giovane fenomeno di Jacob Collier), Regina è una sorta di concept album con cui Becca intende onorare e immortalare alcune figure di regina, intese nel senso più ampio del termine (Mercury, ad esempio, è dedicata a Freddy Mercury, cantante dei Queen). Una sola cover, As, presa dal repertorio di Stevie Wonder e interpretata in duetto con Jacob Collier, e poi dodici canzoni originali, tra cui emergono The Muse, scritta in condominio con David Crosby (compariva già nell’album di Crosby The Lighthouse del 2016 con il titolo By The Light Of Common Day) e caratterizzata da un’interpretazione vocale che lascia senza fiato, la citata Mercury, dall’inusuale mood rock tracimante esuberanza, Venus, suggestivo art pop che fa pensare alla migliore Kate Bush, e l’incredibile Queen Mab autentico colpo di genio capace di trovare l’esatto punto di fusione tra Yes (ascoltare le armonie vocali) e Erika Badhu. Un disco brillante, intelligente, sensuale e dotato di una bellezza che va conquistata ascolto dopo ascolto, Regina piacerà a tutti coloro che, stufi della solita zuppa, hanno voglia di provare una cucina grand gourmet.