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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
16/08/2025
Live Report
Reload Sound Festival, 14/08/2025, Biella
La prima serata del Reload Sound Festival di Biella porta nel capoluogo piemontese interessanti artisti italiani e la troverete qui accuratamente sviscerata, dissezionata, smontata e poi rimontata. Buona lettura!

Il Parco Eunice Kennedy Shriver è un giardino urbano situato a un tiro di schioppo dal centro di Biella, polmone verde della graziosa cittadina e casa del Reload Sound Festival, evento che ogni anno porta nel capoluogo piemontese interessanti artisti sia emergenti che affermati del panorama musicale italiano. Dopo lo stop subito nel 2024, il Reload riparte in pompa magna con quattro serate dal 14 al 17 agosto, la prima delle quali è stata accuratamente sviscerata, dissezionata, smontata e poi rimontata dalle orecchie e dalla penna del qui presente Vostro Affezionatissimo Scribacchino.

All'entrata nel Parco i sensi sono subito catturati dal profumino proveniente dai vari food truck presenti sul posto: mi ritrovo così a sbranare un ottimo panino con polpo e bagnetto (non molto in linea con la tradizione culinaria locale ma decisamente saporito) mentre sul palco salgono i Lyxov, giovanissimi esponenti della scena musicale biellese che aprono la serata con una ricetta a base di energico rock impreziosita dal sapore speziato del soul e dell'R&B (adesso la smetto di pensare al panino, promesso).

 

Il sole inizia a tramontare dietro le montagne, e qualcosa bolle in pentola sul palco del Reload: suoni sintetici avvolgono il pubblico, mentre una figura sinuosa di nero vestita inizia ad aggirarsi come un felino sullo stage agitando la criniera dorata.

Ophelia cattura sin da subito occhi e orecchi con un indie pop schietto e diretto, che parla di sentimenti quotidiani con una grinta e una presenza che a chi scrive hanno fatto pensare a una Loredana Bertè contemporanea ad uso e consumo della Gen Z: si passa in un battito di ciglia dal pop spensierato di "Mi scivoli addosso" alla più intimista "Mariù", fino alla trascinante filastrocca dal retrogusto Eighties di "Polemica", con il pubblico che come Ulisse viene irretito e inesorabilmente calamitato verso il palco dalla voce graffiante di questa seducente sirena.

 

Dopo l'inevitabile pausa, giunge il momento tanto atteso per chi scrive e non solo, a giudicare dall'accoglienza entusiasta riservata dai presenti ad Anna Castiglia: chitarra al collo e iconici occhiali ad incorniciarle il viso, la cantautrice siciliana prende possesso del Reload Sound Festival con il piglio deciso di chi sa che questa sera non farà prigionieri. Già dal primo brano "Participio presente" infatti il pubblico viene trascinato dalle sonorità ricercate proposte dall'artista, accompagnata dal groove preciso e coinvolgente di un'istrionica band formata da batteria, basso, tastiere e tromba, quattro musicisti in grado di riempire lo spazio sonoro con un ottovolante in cui sussurri delicati si sposano in modo naturale con vere e proprie esplosioni soniche.

La proposta musicale è a dir poco variegata: la cassa in quattro e i repentini cambi d’atmosfera quasi alla St. Vincent di “AAA” lasciano spazio alla cartolina anni Cinquanta di “Gli stessi”, mentre il funk solare di “Whitman” fa da contraltare allo spensierato vaudeville di “Bovarismo”, con la cantante che a metà brano si cimenta in una sorprendente esibizione di tip-tap.

Il filo conduttore dello show è l'atmosfera giocosa e colorata, quasi come fosse una festa patronale di un paesino del sud Italia, tra le simpatiche gag dei musicisti sul palco ad inframmezzare la setlist e la voce estremamente duttile ma allo stesso tempo personalissima di Anna Castiglia, che sovrasta con grazia gli applausi di una platea cross-generazionale come non mai, dove le nonne si scatenano in prima fila insieme ai nipoti. Ed è effettivamente difficile non far partire il piedino quando la band si lancia in un medley al sapore di nostalgia come quello che mette insieme tormentoni per tempi più semplici del calibro di “Jà sei namorar”, “Ase me apareceu” e “Asereje”, così come quando lo strumming sincopato di “Ju mi siddriu” catapulta tutti su una spiaggia a giocare a racchettoni, come in una pubblicità del Maxibon degli anni Novanta.

Siamo agli sgoccioli, e le note suadenti di “U mari” riempiono per qualche minuto l'aria biellese di profumo di salsedine e ritmi latini per fare spazio infine all’ironico mashup tra tradizione e contemporaneità della tagliente “Ghali”, ultimo brano di una scaletta in grado di monopolizzare l'attenzione del pubblico con continui cambi d’atmosfera, propri del curioso ibrido tra spinta propulsiva verso il futuro e amore per il passato che è la musica di Anna Castiglia.

 

Anche i Patagarri mostrano con fierezza le proprie radici musicali: il loro swing gioioso trasforma Parco Kennedy nel tendone di un circo, dove il frontman e trombettista Francesco, nelle vesti di moderno Mr. Kite, sembra introduci con la sua voce ruggente a numeri di varietà, belve feroci, clown e giocolieri, il tutto sublimato nella musica, equamente ripartita tra brani originali (tra gli altri “Il pollo”, “Willy”, “Il camionista”) e reinterpretazioni del repertorio folk, jazz e pop del calibro di “Via con me”, “It Don't Mean a Thing” e “Bella ciao”, rese con il loro caratteristico stile.

Questi ragazzi sono padroni della propria arte e si vede: il concerto dei Patagarri è un continuo stupire il pubblico con pezzi di bravura sempre più impegnativi, in cui i componenti della band si scambiano costantemente strumenti e ruoli; il risultato è musicalmente e visivamente spettacolare, sembra quasi di assistere ad una performance di teatro fisico, e immagino sia utile anche a far digerire le tante parti strumentali a chi non è abituato alla densità propria del jazz anni Trenta.

Ecco, se dovessi fare una critica a ciò che ho visto potrebbe essere proprio questa: ogni singolo francobollo di spazio sonoro è riempito fino all'orlo, e occhi e orecchi non hanno il tempo di riprendersi dalla trovata precedente prima di ritrovarsi di nuovo immersi fino al collo in quella nuova; è tutto chiassoso e divertente, ma nulla penetra in profondità perché non c'è il tempo di assorbirlo.

Lo spettacolo prosegue in scioltezza: tra i momenti salienti il bel medley “Hit the Road Jack/Vengo dalla luna/Feeling Good/Vengo anch’io”; la rivisitazione del brano tradizionale “Ocie Ciornie” che diventa “Occhi neri”; “Hava Nagila”, antichissimo canto popolare ebraico e occasione perfetta per ricordare al pubblico la situazione drammatica della striscia di Gaza, mentre l’Occidente distoglie lo sguardo; il ritorno sul palco di Anna Castiglia, che esegue insieme alla band la sua “Le chiese sono chiuse” e traghetta lo show verso il finale, in cui il sestetto saluta la platea biellese con la popolare “Caravan”, vero e proprio manifesto della Patagarri way of life.

 

La musica è finita, gli amici se ne vanno: è tempo per chi scrive di tornare a casa, felice di aver assistito in questa serata di agosto all’esibizione di alcuni giovani talenti nostrani che, nel calderone plasticoso e ruffiano del mainstream italiano, spiccano per onestà, capacità e passione per la musica. Il futuro (se tutto va bene) è in buone mani.