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MAKING MOVIESAL CINEMA
Ritorno a Seoul
Davy Chou
2022  (Mubi)
DRAMMATICO
8,5/10
all MAKING MOVIES
04/09/2023
Davy Chou
Ritorno a Seoul
Una ragazza cresciuta in Francia da genitori francesi visita per la prima volta la Corea del Sud, suo Paese natale e nel quale ancora vivono i suoi genitori biologici. Quella che doveva essere una semplice vacanza diventa per Freddie una ricerca delle proprie origini ma soprattutto una sofferta e caotica ricerca di sé stessa; la Corea diventerà così la sua nuova casa.

Il regista franco-cambogiano Davy Chou è un "giovanotto" classe 1983 che con Ritorno a Seoul giunge al suo secondo lungometraggio. Chou ha lavorato moltissimo per rilanciare il cinema del suo Paese d'origine, la Cambogia, promuovendo diverse iniziative per favorire un nuovo cinema cambogiano, lavorando con diverse università del Paese e riaccendendo la memoria del passato con il documentario Golden slumbers, che celebra il cinema cambogiano precedente all'avvento nella nazione dei Khmer rossi.

Promotore anche di festival cinematografici, sempre nell'ottica di spingere l'industria cinematografica del suo Paese, Chou è un esempio perfetto di ponte tra più culture, nato in Francia nel comune di Fontenay-aux-Roses, figlio di un produttore cambogiano; ci si sarebbe quindi aspettati un melting-pot cinematografico che guardasse a questi Paesi, invece la protagonista di Ritorno a Seoul, personaggio con pochi eguali nel cinema odierno, è una ragazza adottata da genitori francesi e cresciuta a Parigi ma nata in Corea del Sud da genitori biologici coreani che la diedero in adozione da piccolissima.

L'appartenere a due culture diverse, a due famiglie diverse (anche se una sconosciuta e assente), a due paesi diversi, diventa un nodo focale di un racconto (bellissimo) su una giovane donna alla ricerca, prima di ogni altra cosa, di sé stessa, della sua identità, non tanto di quella anagrafica, biologica, "di sangue", quanto quella di persona alla ricerca di un posto nel mondo, alla ricerca del proprio essere, del proprio intimo che sembra essersi perso o semplicemente mai sviluppatosi a dovere.

 

Freddie (Ji-Min Park) è una giovane ragazza che per la prima volta nella sua vita visita il Paese in cui è nata, la Corea del Sud, recandosi nelle zone di origine della sua famiglia biologica, che la diede in adozione da piccola a una famiglia francese. Qui Freddie stringe amicizia con Tena (Guka Han), la receptionist dell'albergo in cui Freddie alloggia.

La ragazza si reca nell'agenzia che a suo tempo seguì tutta la procedura della sua adozione, tramite loro riuscirà a rintracciare suo padre (Oh Kwang-rok) e alcuni componenti della famiglia paterna tra i quali la nonna (Hur Ouk-Sook). L'incontro non è dei più facili, Freddie cova ancora un senso di rancore per l'abbandono, la famiglia e il padre di contro si mostrano mortificati per la loro scelta, effettuata in un momento storico terribile per la Corea e in ottica di un futuro benessere per la bambina. Sia il padre che la nonna cercano di far diventare Freddie parte della loro famiglia e non mancano di sottolineare il loro dolore per l'abbandono della ragazza, cosa che sembra più che altro irritare Freddie, la madre naturale invece, nonostante i diversi tentativi di contatto, non si fa viva.

Quella che doveva essere una breve vacanza si trasformerà per Freddie in una sosta a tempo indeterminato durante la quale la giovane cercherà non solo di capire i suoi sentimenti nei confronti delle persone e del Paese che l'hanno abbandonata, ma anche e soprattutto di trovare la sua vera essenza, un elemento che sembra vivere di caos e disordine, di assenze e inevitabile spaesamento, pur venendo da Freddie affrontato e cercato con decisione. Il percorso non sarà facile ma lungo, incerto e accidentato.

 

Davy Chou con Ritorno a Seoul confeziona un film che sembra difficile accostare ad altre opere, e questo è già un grandissimo punto di forza, mette inoltre al centro della sua storia un bellissimo personaggio, secondo punto di forza, interpretato in maniera incredibile dall'esordiente di talento Ji-Min Park (e siamo a tre). Ma ciò che colpisce davvero in Ritorno a Seoul è l'andamento di un film capace di sorprendere e di costruire, sequenza dopo sequenza, una protagonista persa e spaesata, alla ricerca di un qualcosa che forse nemmeno lei stessa sa bene cosa sia. Il modo diretto in cui Freddie affronta le situazioni e l'approccio a una cultura per lei nuova è sempre forte, a volte provocatorio, in alcuni momenti all'apparenza anche crudele, ritorna alla mente la frase rivolta al compagno, in uno dei tanti passaggi della vita di Freddie, "Potrei cancellarti dalla mia vita con uno schiocco di dita", un'uscita cattiva che sottolinea però più che un astio nei confronti dell'altro una mancanza di qualcosa di importante dentro sé stessa.

Nel delineare la sua protagonista Davy Chou ci accompagna in diversi momenti della sua vita con alcuni salti in avanti di diversi anni, uno dei quali con un cambio di stile sembra restituirci una Freddie uscita da uno screening per un film di fantascienza con tanto di luci al neon e giubbotto avveniristico, in altre sequenze sembra di avere davanti una donna in carriera (carriera magari discutibile), una prostituta, una donna spezzata dal dolore, a volte solo un'anima persa e vuota.

Ritorno a Seoul è uno di quei film difficili da descrivere a parole, è un'esperienza di visione che va affrontata, profonda, realizzata con sapienza (costumi, luci, musiche), capace di lasciare un senso irrequieto di ricerca che non mancherà di persistere anche oltre la chiusura dei titoli di coda.