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REVIEWSLE RECENSIONI
14/10/2025
Kisu Min
Rudolf Steiner House
L’eleganza profonda e sublime dei Kisu Min si fa strada nei cuori in attesa dei raggi di sole. Il nuovo "Rudolf Steiner House" è all’incrocio ideale tra un pop elegante e un rock romantico ed espressivo. In coda, una piccola intervista alla band.

Soffice eppure compatto, grigio e allo stesso tempo colmo di emozioni, un po’ malinconico ma anche determinato e spensierato. Queste sono le contrapposizioni che meglio ci aiutano a descrivere lo stile variegato e delizioso contenuto all’interno delle tredici tracce che compongono Rudolf Steiner House, il secondo album dei Kisu Min, pubblicato il 29 settembre dalla casa discografica Antena Krzyku. Gran parte delle canzoni si collocano all’incrocio ideale tra un pop elegante e un rock romantico ed espressivo.

Ma chi sono, da dove vengono e cosa portano con sé i Kisu Min? La band, formata da Basia CiupiNnska (voce, sintetizzatori), Ola Sobanska (chitarra), Agata Pyziak (batteria e percussioni) e Michal Szafarz (basso, accompagnamento vocale), ha la propria base a Lodz, una grande città polacca che un tempo fu economicamente importante per il settore tessile e sta ora vivendo una sorta di rinascimento culturale e artistico. Per quanto concerne il nome del complesso, va precisato che è scritto nella lingua ausiliaria internazionale esperanto, e, tradotto in italiano, significa “baciami”, un concetto che rimanda direttamente all’animo sentimentale che permea l’intero disco.

 

Con questo apprezzabile lavoro, il quartetto polacco, ufficialmente attivo dal 2016, si ripresenta sulle scene a due anni di distanza dall’esordio City of the Revolution, apprezzato sia in patria sia altrove. Le nuove canzoni, presenti in Rudolf Steiner House (in copertina una foto che ritrae la compagine in bianco-e-nero, all’entrata dell’omonimo edificio sito al n° 35 di Park Road a Londra), sono tutte originali e particolarmente incisive, ad eccezione di “Woland”, egualmente meritevole ma già pubblicata qualche anno fa dai Bald Cats, di cui qui i Kisu Min realizzano la loro versione.

Tra i pezzi migliori vanno annoverati “Je suis” che, avendo tutte le caratteristiche per diventare una hit, prende subito per mano chi ascolta per portarlo lontano; la riflessiva “G.A.I.A. (To Thoughts of Mother Earth)”; le avvolgenti “Rainbow Dash” e “Priestess of My Own”; nonché la cover di “Woland”, che chiude un cerchio sonoro dalla qualità quasi ineccepibile, fatto di creatività e amore incondizionato per la musica rock.

 

Chiaramente ispirati dai The Cure di Sir Robert Smith (di cui il logo appare anche nello sfondo del recente video di “Je suis”), i Kisu Min si distinguono anche per il loro profondo interesse verso temi sociali e di attualità, come dimostrano alcuni testi dei nuovi brani. Rudolf Steiner House è stato infatti realizzato anche con il desiderio di ispirare riflessioni e ragionamenti che possano risultare terapeutici in un mondo sempre più cupo e che, in assenza di mete reali, rischia di andare alla deriva. Insomma, per uscire dalla routine con criterio e saggezza, l’album dei Kisu Min è esattamente il tipo di disco da ascoltare con cura e a cui dedicare un po’ del proprio tempo. 

 

***

 

Siamo riusciti a fare due chiacchiere con Micha? Szafarz, il bassista della band, che è anche un insegnante scolastico. Ecco come ha risposto ai nostri quesiti.

 

Ciao Micha?, inizi con il raccontarci quando vi siete formati?

Ci siamo incontrati con Ola alla fine del 2016, in un negozio di strumenti musicali dove lavoravamo entrambi. Io avevo appena lasciato la mia vecchia band, e pure Ola era intenzionata a formarne una sua personale, così abbiamo stretto amicizia e abbiamo iniziato a parlare seriamente del nuovo progetto. A noi si sono unite Basia e Agata, che conoscevamo da tempo. L’idea ha funzionato subito e siamo riusciti a creare un gruppo con una visione condivisa non solo sul piano musicale, ma anche su quello sociale e attivista.

 

Per quale ragione avete scelto il nome Kisu Min?

Quando abbiamo iniziato le nostre prime prove avevamo l’abitudine di riunirci per guardare i film più interessanti. Insieme abbiamo visto alcuni dei principali film europei, soprattutto quelli incentrati su tematiche di carattere sociale. Uno di questi, il film svedese Kyss Mig, ci è piaciuto moltissimo, ispirando così il nome del gruppo. Per non essere troppo scontati, abbiamo optato per la versione esperanto del titolo: Kisu Min, appunto.

 

Se doveste descriverci l’album Rudolf Steiner House dal vostro punto di vista?

A mio modo di vedere si tratta di un lavoro che comprende tutto ciò che ci ha ispirato maggiormente nel corso degli anni. Rudolf Steiner House è sicuramente un lavoro solido, ispirato da gruppi come The Cure, Manic Street Preachers, Radiohead e Interpol, ma questa definizione è di per sé anche una chiara semplificazione. Quando ascolto il materiale del disco, mi vien da dire che suona semplicemente alla maniera dei Kisu Min. A tratti la musica è piuttosto cupa, i testi sono a tratti molto personali, pur senza perdere di vista i temi sociali e politici, che rimangono centrali.

 

E la scelta del titolo?

La casa menzionata nel titolo è un luogo reale: esiste davvero e si trova a Londra. Rudolf Steiner è stato invece il fondatore dell'antroposofia e dell'educazione Waldorf. Io stesso sono un insegnante, appartengo a questa tradizione pedagogica e credo fermamente nella forza riformatrice del movimento pedagogico steineriano, di cui si sente oggi tanto bisogno.

 

Il vostro disco d’esordio è City of the Revolution: vi riferite alla vostra città?

Hai colto nel segno. La città nel titolo è proprio la nostra città natale, ?ód?. Nel 1905, nella città ebbe luogo una rivoluzione operaia, in quanto si trattava di una città molto industrializzata. L'album d’esordio è dunque un omaggio alle nostre radici. Siamo orgogliosi di provenire da un luogo così importante per il movimento di sinistra.

 

Nel video di “Je suis” ci sono dei riferimenti visivi sia ai Manic Street Preachers sia ai Cure...

Amiamo i Cure per i dischi di tutta una carriera speciale, per la loro originalità, e, più semplicemente, perché sono a tutti gli effetti una band fondamentale della musica rock. Quando avevo 15 anni ho comprato una compilation dei loro singoli, intitolata Galore, che rimane tutt’oggi l’album dei Cure che preferisco. A mio giudizio contiene i singoli migliori, nelle loro versioni migliori. Parlo per me, perché Ola, per esempio, adora Pornography. Per quanto concerne la passione per i Manic Street Preachers, invece, è diverso. Ci ispiriamo a loro. I Manics sono diventati una band seria, politicamente impegnata, all'epoca degli album Know Your Enemy e Lifeblood. Sono fantastici. Noi stiamo proseguendo il percorso che loro hanno tracciato e che, ad un certo punto, hanno abbandonato.

 

Sul vostro profilo bandcamp ho letto che avete in programma delle date in Polonia. Per quanto riguarda invece l’estero?

Fare un tour all’estero, fuori dai confini della Polonia, senza un’agenzia professionale è molto difficile. Finora abbiamo suonato solamente in Repubblica Ceca, dove abbiamo uno zoccolo duro di fan ed è comunque un Paese molto bello da visitare e dove poter suonare. Ci stiamo provando. La nostra etichetta discografica avrà uno showcase in Olanda e vogliamo presentarci nel migliore dei modi, per poter stringere nuovi contatti. Chissà, forse un giorno visiteremo anche l'Italia, un Paese che adoriamo.