Con una apertura gentile ma mai timida, una Daria Huber minimalista ma mai scarna imbraccia la chitarra e ci racconta le sue storie personali, nella più tradizionale delle tradizioni cantautoriali. Lei che ha un chiaro gusto per la produzione di suoni dance e pop, stasera abbandona ogni interfaccia ed espone fragilità e gioia di vivere, con matura giovanilità, ad un pubblico già attento e partecipe.
Con un trucco buffo, veniamo trasportati dalla semplicità disarmante ad una apertura disneyana e siamo spiazzati. Il cambiamento è imminenente. Infatti, è uno shock anafilattico quando, in giallo e nero, Sarafine l'Ape Regina invade il palco e ci punge con percussioni penetranti ed una carica irresistibile. Già abbiamo capito che ci servirà una bevanda calorica prima della metà della serata.
Ai suoi lati, Daykoda alle tastiere e Matteo d'Ignazi alla batteria supportano con altrettanta energia, ma sempre defilati e spesso fuori dalle belle luci della ribalta che sono tutte per la scatenata protagonista. Di lei sa tutto chi guarda X-Factor, vinto nel 2023 con alcune performance decisamente spiazzanti.
Ho una parte preferita della originale produzione di (a.k.a.) Sara Sorrenti ed è quella più irriverente, sagace, quando recita situazioni auto-bio-iper-grafiche, con quella voce didascalica e simpaticamente stronzetta che tanto mi ricorda il Max Collini degli Offlaga Disco Pax. Ecco, prendetela come una proposta oscena di collaborazione e/o cross cover! "La Regina della Macarena" e "Malati di Gioia" (con tanto di maschera ed alter ego pinocchiesco) sono quindi i brani in cima alle mie preferenze. Sulla prima, una batteria di glacialmente sensuali ballerine (le "Edera") esaltano la denuncia e lo sfogo contro gli abusi sessuali, in maniera esplicita, forte ma sarcastica, irridente verso i colpevoli e che per contrasto fa montare la rabbia, ma anche l'energia.
Devastante l'impatto del suono dance/trance/dubstep mitteleuropeo raccolto durante i suoi anni più nordici, affiancato da una esuberanza solare tutta calabrese. Sara dichiara apertamente la sua insolubile unione con la mediterraneità. Il suo repertorio porta ancora in eredità i suoi esordi folk che rivelano "l'altra" sua voce versatile e squillante, specialmente quando viene il tempo dei saluti con "Riturnella" e "Lu Rusciu de lu Mare" (ma dimentica la scaletta e ci regala una ultima "Macarena" per farci uscire ancora sotto botta di adrenalina).
Sempre e soltanto fuori ordine di apparizione, cito "Tipa da Rave", ancora sul caustico e assolutamente irresistibile, tanto che il pubblico folto, già in regime anaerobico, esplode a ritmo e a raffica. Aiuta parecchio un lato tecnico pregiato, con luci coerenti e suono perfetto (al Monk ci siamo abituati, nonostante il palco mignon). L'insieme restituisce sempre una novità, non lascia mai spazio alla noia e alla banalità, specialmente per il contatto che Sarafine cerca con l'ascoltatore quando alterna la talentuosa sicurezza sul palco alla semplicità di piccoli racconti, prefazione ai testi. Un po' più prevedibile è stato il DJ Set, divertente ma che sapeva di riempitivo dopo il decimo minuto.
Nel suo modo di stare sul palco c’è la sicurezza di chi ha trovato la propria voce, ma anche l’umiltà di chi non smette di cercare. Sarafine si rivela una poliedrica iniezione di stupefacente suono sano, sballottandoci dalle scogliere mediterranee alle discoteche berlinesi senza mai perdere il suo personalissimo, travolgente caratterino. Daje Sara, Roma fu, ed è, con te!
Le fotografie della serata
Sarafine






Daria Huber


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