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REVIEWSLE RECENSIONI
Saturn Return
The Secret Sisters
2020  (New West)
AMERICANA/FOLK/COUNTRY/SONGWRITERS POP
7,5/10
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11/03/2020
The Secret Sisters
Saturn Return
Saturn Return ripropone, nella forma e nella sostanza, la consueta miscela di americana, country e pop, declinata attraverso il suggestivo interplay di due voci splendide, che aveva informato anche i dischi precedenti

Quanto Laura e Lydia Rogers fossero talentuose e dotate, l’avevamo capito da tempo. Eppure, come spesso accade nello show businness, scrivere grandi canzoni non sempre è sufficiente per uscire dall’anonimato. Infatti, perché la carriera delle Secret Sisters, duo originario di Muscle Shoals, avesse una svolta, è stata necessaria una “sponsorizzazione” di peso, avvenuta tre anni fa con l’uscita del terzo full lenght, You Don't Own Me Anymore.

Quel disco, infatti, fu santificato dalla produzione di Brandi Carlile, che prese sotto l’ala protettrice le due sorelle, facendole registrare nel suo studio casalingo, con il supporto degli Hanseroth Twins, da sempre sodali della songwriter di Seattle. Le belle canzoni contenute in quel disco e l’egida Carlile portarono per la prima le sorelle Rogers sotto i riflettori, dando alla loro musica un’esposizione prima sconosciuta. Non è un caso, quindi, che la collaborazione con la Carlile sia alla base anche di questo quarto, bellissimo, Saturn Return.

Un disco che si apre con le armonie vocali di Silver, brano di matrice folk, in cui le due sorelle sfoggiano subito la specialità della casa, e cioè il perfetto interplay delle due voci. Un brano molto legato alla tradizione, dall’andamento potente ma carezzevole nella melodia, una foto in bianco e nero che racconta con delicatezza la terza età (“Guarda tua madre e l'argento nei suoi capelli/Consideralo la corona più santa che tu possa indossare”) e che rende inevitabile il paragone con, mi si perdoni l’azzardo, gli Everly Brothers.

Con il secondo brano in scaletta, Late Bloomer, si cambia registro: il pianoforte, le delicate venature soul e la dolce melodia fanno pensare a una ballata di Carole King. Cabin è, invece, il brano più rock del lotto, cresce lentamente su un’armonia di pianoforte e chitarra acustica, e si gonfia sempre più in una seconda parte che vibra di sferragliante elettricità. La successiva Hand Over My Heart, mette al tappeto con una melodia che sembra rubata a una radio FM di metà anni '70: il groove languido e l’arrangiamento zuccherino evocano le estati di Laurel Canyon e il pop dei Mamas & Papas. Il folk in purezza di Fair, chiude in bellezza la prima parte di un disco che fosse tutto di questo livello sarebbe da beatificare.

Da qui in avanti, pur in un contesto di qualità, il linguaggio si fa più prevedibile e le canzoni, comunque buone, mancano del quid di originalità che aveva caratterizzato la prima metà (Hold You Dear è una ballata un pò troppo sentimentale per cogliere davvero nel segno e Tin Can Angel un country dall’elegante tessitura ma abbastanza scontato nello svolgimento).Chiude la melodia per grandi spazi di Healer In The Sky, brano meravigliosamente arrangiato, in cui le sorelle Rogers si cimentano in un’altra suntuosa prova vocale.

In definitiva, Saturn Return ripropone, nella forma e nella sostanza, la consueta miscela di americana, country e pop, declinata attraverso il suggestivo interplay di due voci splendide, che aveva informato anche i dischi precedenti. Mai come in questo caso, però, le due sorelle hanno trovato l'esatto punto di fusione fra roots e mainstream, mantenendo peraltro altissima la qualità del songwriting.


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