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REVIEWSLE RECENSIONI
22/02/2024
Green Day
Saviors
Il pimpante ritorno sulle scene dell'iconico terzetto statunitense, con un disco divertente ma dai forti connotati politici.

In trentasette anni di carriera, vissuta tra alti e bassi, tra dischi leggendari e altri decisamente meno appetibili, piaccia o meno, i Green Day restano ancora oggi una delle band più amate del pianeta. Ogni loro uscita, caratterizzata da quel suono immediatamente distintivo, è destinata inevitabilmente a sollevare un polverone mediatico, a maggior ragione quest’anno, che probabilmente rappresenta uno dei momenti più importanti della loro storia. Oltre a questo nuovo Saviors, infatti, i Green Day celebreranno il trentesimo anniversario di Dookie, e poi, a settembre, arriverà il ventesimo anniversario della loro disco più celebre, American Idiot.

Un disco, quello, fortemente politico, in cui il trio convogliava la propria rabbia nei confronti dell’amministrazione Bush per quella folle guerra in Iraq che provocò un grave scontro culturale, dividendo il paese tra pacifisti e interventisti. Vent’anni dopo, sembra non essere cambiato nulla, e con Saviors, una sorta di fratello minore di American Idiot, i Green Day prendono nuovamente posizione, facendo loro il motto che rimanere in silenzio equivale a essere complici.

Il disco, dunque, rispecchia, inevitabilmente, ciò che gli Stati Uniti sono diventati nell’ultimo ventennio, e affronta questioni cruciali come le sparatorie di massa, il razzismo, l’epidemia di oppioidi, la crisi dei senzatetto, l’imperialismo degli Stati Uniti e persino la disconnessione intergenerazionale.

Nonostante l’aura scanzonata da eterni cazzoni, la band capitanata da Billie Joe Armstrong, facciamocene una ragione, è una band connotata politicamente, che non ha certo remore a esprimere ciò che pensa e a farlo in modo diretto. In tal senso, Saviors, a prescindere dal suo tiro sferzante e festaiolo, è uno dei dischi più impegnati di questo indomito trio, che riesce dire cose serie, senza, tuttavia, mai prendersi, musicalmente parlando, troppo sul serio.

Impossibile, quindi, non interpretare il singolo che apre il disco, "The American Dream is Killing Me", come una dichiarazione d’intenti sui contenuti della scaletta, né evidenziare come il brano mostri una stretta parentela con "American Idiot", che ne è una sorta di fratello maggiore. Come detto, però, l’impegno non si ferma al travolgente incipit, ma prosegue anche in altre canzoni come la vibrante "Coma City", che sembra sfottere la folle corsa verso lo spazio promossa da Elon Musk, l’irresistibile "Strange Days Are Here To Stay", che mette in luce, citando David Bowie (“Strange days are here to stay ever since Bowie died”), una società in cui dilagano il razzismo, la piaga del Fentanyl e una profonda disconnessione generazionale, o "Living in the 20's", che cita l’incendio di Cameron Peak (in Colorado), causato da piromani, e una sparatoria avvenuta in un supermercato, stigmatizzando così la follia di una società da troppo tempo alla deriva.

E non c’è poi da meravigliarsi che, in questo quadro tutt’altro che ottimista, attraverso la title track, Armstrong si chieda: “Qualcuno ci salverà stasera?”, perché in questo mondo, ormai "tutti dormono ma nessuno sogna".

Nonostante il vibrante impegno politico, tuttavia, non manca nel disco anche il divertito disimpegno di canzoni come "Look Ma No Brains" e "Bobby Sox", oltre ad alcune coinvolgenti ballate, come l’intensa "Father To Son", una sorta di continuazione di "Wake Me Up When September Ends", in cui Armstrong da ragazzino che ha perso il padre è diventato un papà che ama ogni singolo momento vissuto con i suoi figli.

Se in passato i Green Day avevano palesato una certa stanchezza compositiva, mostrando la corda di un’ispirazione ai minimi termini (Revolution Radio) o procedendo con il pilota automatico inserito (Father Of All…), oggi, il terzetto guidato da Armstrong sembra aver ritrovato l’antico furore, e pur restando lontano dai capolavori citati a inizio articolo, Saviors risulta un disco attraversato da una freschezza che sembrava perduta. Divertente, divertito, militante.