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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
27/04/2019
The Bankrobber
Senza pensare alla rivoluzione
“Non so dove andremo a finire ma sono convinto che continueranno ad uscire belle canzoni, il resto poi è tutto marketing”. (The Bankrobber)

In bianco vinile in edizione limitata questo nuovo lavoro dei The Bankrobber. Parlando di rock che piano diviene pop, che ha forti melodie da ricordare e suoni che in questo caso sanno farsi gentili nei contorni ma che non rinunciano alla ruggine e alle impurità ferrose. E tutto molto freddo e preciso, poco romantico eccezion fatta per il momento acustico di “If You Were Here”. Ma freddo che non significa privo di passione e poco romantico che non significa privo di amore. Tutt’altro. Freddo che invece significa deciso, di carattere, senza fronzoli estetici del finto pop d’autore italiano e senza smagliature nella personalità. E loro, i The Bankrobber, di italiano non hanno granché.

In questo “Missing” è decisamente l’Inghilterra dei tanti angeli pop-rock a farci da guida, dai soliti nomi ai meno citati Kooks. E senza etichette i nostri partono da Riva del Garda e hanno carte buone per sembrare figli di quella restante parte del mondo in cui escono dischi ottimi quasi ogni giorno, che anche se sconosciuti fanno rumore tutt’attorno perché tutt’attorno c’è ancora gente buona e di buon gusto. Suonano e sono digitali, richiamano ispirazioni sfacciate e pagano pegno, ma hanno anche una grande unicità da esibire. Una produzione che tra l’altro regge il confronto, mantiene le aspettative e promette buone cose per il futuro. E di base detesto le pronunce inglesi di noi italiani eppure qui ogni cosa rema a favore, dagli aloni dei riverberi alle melodie che sembrano abitudini quotidiane di chi ha radici altrove. In rete poi ci sono i video e quel certo modo di apparire con pudore e professionalità, con eleganza e con intelligenza, senza darsi alla pazza gioia di sfarzi da social network e da autoreferenziali moti di elogio. Arriva forte la capacità di non drogarsi di scena effimera e inutile ma di restituire solo tanta semplicità alla voglia di fare musica. “Missing” che tra l’altro ha una copertina che vorrebbe dire molto e che molto lascia chiedere e curiosare. Ci ho provato ad indagare, non volevo esagerare, sarò stato invadente, ma avrei voluto una cartina per orientarmi o forse, come dicono loro, è bello anche così, che ognuno alla fin dei conti ci veda nelle canzoni (come nella grafica, penso io) quel che più si allinea con il suo modo di stare al mondo. Ed è così che alla fine continueranno ad uscire belle canzoni… per il resto c’è solo e soltanto becero marketing. I The Bankrobber fanno parte del lato buono della Luna.

Inevitabile non chiedervi: siete emigrati dall’Italia, in tutto e per tutto. Perché questa direzione artistica?

Ascoltiamo almeno per il 90% musica cantata in inglese e pensiamo che abbia una resa unica a livello melodico e metrico quindi il passo è abbastanza automatico.

Se mi permettete di calcare la mano io direi anche che questa è una scelta di tipo spirituale. Arte non come banale estetica ma come rappresentazione di sé. Che voi siate poco italiani questo è indubbio, nella musica almeno. Ma è una percezione mia… voi che ne dite?

Questo ci fa molto piacere anche perché l'estetica fine a se stessa serve a poco. Non è una percezione tua, in effetti come dicevo prima la musica che proviene dall'Italia almeno attualmente ci interessa poco eccetto qualche caso anche se ascoltiamo tutti i dischi che continuano ad uscire.

In ogni caso a parte tutto è anche una questione di gusto.

Non so se mi incuriosisce più il fronte di copertina o il retro. Credo che sia un artwork che abbia con sé una miriade di simboli e significati per quanto una simile cover l’avrei affibbiata agli Offspring…

Siamo molto fieri dell'artwork della copertina perché anche se in parte quasi impulsivo è stato un grande lavoro e ben confezionato, una piccola opera d'arte da incorniciare.

È una copertina che divide nettamente, senza vie di mezzo, o piace o non piace, e cosi dev'essere anche la nostra musica, non amiamo i compromessi. La musica è anche un prodotto e per una band è importante anche fare dei conti ma senza la spinta artistica niente avrebbe senso e l'arte non può piegarsi alle mode, anche se inevitabilmente le contaminazioni ci saranno sempre.

Ho come l’impressione, esteticamente e musicalmente parlando, che “If You Were Here” esuli un poco dal resto del lavoro. Certamente i Franz Ferdinand qui imperano particolarmente, almeno al mio orecchio… e credo che sia una direzione abbastanza unica, almeno in questo disco. Non è così?

Inevitabilmente è una canzone che suona diversamente dal resto perché registrata in presa diretta chitarra e voce fuori dallo studio.

Tutt'ora ci vedo più Kooks che Franz Ferdinand ma mi piace il fatto che le nostre canzoni non vengano accostate sempre ai soliti due nomi, in molti ci sentono sfumature e influenze diverse e questo ci fa piacere.

Il vinile. Innanzitutto, complimenti per la resa sonora che avete anche sul 33 giri. Un disco davvero ottimamente prodotto. Ma la domanda verte più sul tema sociale. E se volete in qualche modo si riconduce proprio al tema della ricerca di altri posti dove esistere. Secondo voi la musica oggi cosa sta diventando? Perché si sta tornando al vinile? E non penso sia solo marketing…

Grazie dei complimenti, il vinile oltre ad essere un supporto fonografico è anche un bellissimo oggetto collezionabile e per gli appassionati imparagonabile con il cd.

La discografia negli ultimi anni è cambiata e sta cambiando molto ma d'altra parte tutto cambia e non è detto che debba sempre essere un male, è solo una questione di abitudine. Non so dove andremo a finire ma sono convinto che continueranno ad uscire belle canzoni, il resto poi è tutto marketing.

E pescando i vostri “amati” Clash vorrei chiudere pensando alla musica come rivoluzione sociale. Pesco anche la bonus track di questo disco. Che oggi di rivoluzione si ha davvero bisogno. Avete tanti “debiti” artistici da pagare, certamente tante radici riconoscibili ma questo io lo trovo un segno di cultura e di ricchezza, ne sono un alto sostenitore. La domanda è: se loro, i grandi nomi del passato, hanno segnato una “rivoluzione” in qualche misura con la loro musica, voi, oggi che viviamo sterilità e indifferenza culturale, che scopo affidate ad un disco come “Missing”?

Domanda difficile, non ci siamo presi nessuna responsabilità da questo punto di vista se non forse inconsciamente, ma ci vogliono numeri importanti per questo, la consapevolezza di arrivare a tante persone può condizionare la produzione di un disco probabilmente.

Riguardo la sterilità e indifferenza culturale ci sono tante realtà incoraggianti, specialmente all'estero ma anche in Italia. Tanta creatività e voglia di fare, voglio pensare solo alle cose belle e vedere il bicchiere mezzo pieno.