Eccoci di fronte all’ennesimo supergruppo, definizione, questa, che fa storcere il naso a molti, visto che solitamente i side project nascono senza un intento unitario e non sempre sono motivati da quella ispirazione artistica che può portare a grandi risultati. Nello specifico, però, siamo di fronte a un disco che, per quanto legato a un suono noto e prevedibile, è comunque in grado di trasmettere vibranti emozioni.
I Black Swan sono Reb Beach, chitarrista dei Whitesnake, Jeff Pilson, dal 2004 bassista dei Foreigner, ma con una militanza di lunga data nei Dokken e nella band di Ronnie James Dio, Matt Starr, batterista dei Mr. Big e Robin McAuley, cantante per tanto tempo alla corte di Michael Schenker. Una line up, quindi, di tutto rispetto, composta da gente di grande esperienza e che tecnicamente non si discute.
Il disco, infatti, e questo è il primo punto a favore dei Black Swan, è suonato benissimo, con la perizia di un gruppo di veterani, i quali, come surplus, aggiungono alla bravura tecnica una potenza di tiro pazzesca e un entusiasmo da giovincelli. Un lavoro, quindi, impeccabile da un punto di vista formale, a cui, però, non manca la sostanza, grazie a una scaletta di canzoni ispirate e, soprattutto, divertentissime.
Niente di nuovo e di sconvolgente, visto che per Shake The World stiamo parlando di un suono “stagionato”, che trova i suoi riferimenti stilistici nelle band di provenienza dei musicisti che compongono il progetto: Whitesnake, Foreigner e Mr Big su tutti. Tuttavia, il piglio con cui il gruppo affronta un repertorio abbastanza scontato è quello delle grandi occasioni: un hard rock vecchia scuola, certo, ma grintoso, potente, trascinante, e capace anche di notevoli picchi melodici.
Impossibile non innamorarsi fin dal primo ascolto di canzoni come la title track, piazzata come una bomba in apertura, Immortal Souls, con quel ritornello che stende, o la martellante Long Road To Nowhere.
I Black Swan, però, fanno le cose per bene anche quando abbassano il ritmo, forgiando un lentone da sballo in quota Foreigner (Make It There), un po' zuccherino, forse, ma melodicamente perfetto. Chiude un’ottima prova, la clamorosa Divided/United, una ballata appassionata che sboccia poi in un finale convulso e rabbioso.
Shake The World non è certo il disco che vi cambierà la vita, ma se il tema è quello di sparare i volumi dello stereo a manetta e divertirsi, l’occasione è più che ghiotta. Provatelo.