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REVIEWSLE RECENSIONI
18/02/2022
Palace
Shoals
Al terzo album in studio, i londinesi Palace centrano il bersaglio con un disco di canzoni agrodolci, riflessive ed emotivamente coinvolgenti.

Il terzo album in studio della band londinese dei Palace è chiaramente figlio di questi due anni terribili, che hanno sconvolto il mondo e lasciato segni indelebili nelle coscienze. In tal senso, Shoals riflette sulle paure e le ansie, che sono state il nostro pane quotidiano durante i giorni della pandemia, attraverso dodici fascinosi brani, che esplorano i temi del subconscio, dei sogni e dell'esistenzialismo. Un notevole passo avanti, per il gruppo capitanato dal vocalist Leo Wyndham, che dopo il successo dei primi due album, con cui hanno creato una solida base di fan, ha provato, riuscendoci, a perfezionare e ridefinire il proprio suono, trasformandolo in qualcosa di più profondo e meditabondo, a testimonianza di una raggiunta maturità compositiva. E il risultato, non ce ne vogliano i fan della prima ora, è di gran lunga il miglior album della band britannica.

Il disco inizia con "Never Said It Was Easy", che introduce all’ascolto con grandi accordi di pianoforte e un riverbero importante, che ben bilanciano la stratificazione delle voci e testi commoventi del frontman Leo Wyndham, in un’atmosfera che richiama alla mente alcune cose di Bon Iver. Sebbene l'umore generale sia malinconico, la canzone suona tutt’altro che depressa e si percepisce, invece, un diffuso senso di speranza e di ottimismo. Questa vibrazione positiva scorre nelle vene anche di altri brani, a partire da "Shame On You", che replica il suono dei primi Coldplay, in "Fade", vibrante nella sua classicissima veste indie rock, e nel singolo "Gravity", il cui avvolgente fluttuare si poggia su una sinuosa linea di basso funky, che conduce a un ritornello vaporoso e accattivante.

Mentre la scaletta del disco scorre, l’impressione è quella che le canzoni crescano d’intensità, le strutture dei brani si facciano più dense, articolate, cariche di pathos.  Così "Give Me The Rain" e "Friends Forever", che rappresentano il cuore pulsante dell’opera, sono altri due momenti musicalmente appassionanti, venati di malinconia e deliziosamente melodici, così come l’altro singolo, "Lover (Don't Let Me Down)", che è perfettamente rappresentativo del mood sognante ed evocativo che abbraccia tutti i cinquanta minuti di Shoals. L’ultima parte del disco, a dire il vero, cala un po' d’intensità e risulta meno avvincente di quanto si è ascoltato prima: "Sleeper", "Salt" e "Shoals" sono tutti brani solidi ma rispetto ai precedenti suonano leggermente piatti e privi del medesimo livello d’ispirazione. Per fortuna, però, la canzone finale "Where Sky Becomes Sea" completa l'album così come è iniziato: una ballata essenziale e dolcissima, in cui la voce morbida e carezzevole di Wyndham trova spazio per brillare nuovamente su un tessuto di languori malinconici.

Shoals è una vera e propria vetrina sul nuovo corso intrapreso dai Palace, un disco ricco e dinamico, in cui però emerge una profondità compositiva dall’umore agrodolce, che abbinata a una voce emotivamente coinvolgente, alle eccellenti trame di chitarra e una sezione ritmica impeccabile, fa di questo lavoro un’ottima base di partenza per il 2022 musicale che verrà. Un album commovente e dall’intelligente appeal melodico, in cui nessuna traccia, anche quelle meno ispirate, risulta fuori posto.