Il mare come “un olio blu”, rubando il verso di una celebre canzone di Pino Daniele; ma soprattutto il mare testimone silenzioso di tante storie, richiamo ancestrale di miti e leggende, racconti di vita e di viaggio che ancora tramanda grazie al ritmico sciabordio delle onde, musica per cuori caldi affascinati da certi incantesimi al profumo di salsedine.
Il mare è un grandissimo narratore di storie perché a molte di esse ha fatto da sfondo, cornice ideale a frammenti di esistenze speciali divise tra terra e acqua; storie di marineria antiche come certi luoghi che hanno ospitato tradizioni pronte a consolidarsi nel corso del tempo. Così come le comunità che abitano certi posti speciali affacciati sul mare, cresciute e prosperate per via della presenza di questo testimone incostante che ha lasciato una traccia ben definita nella vita locale, nelle usanze, nelle tradizioni e nel vissuto della sua gente.
E raccontare proprio questo legame speciale tra “l’olio blu”, il territorio e la tradizione del cantautorato italiano (che tanto è stato ispirato dalle suggestioni marine) è l’obiettivo di un piccolo festival come Sopravènto, nato un anno fa dall’iniziativa dell’impresa creativa Rebel House fondata da Mattia Priori e Serena Pierfranceschi che hanno cercato di valorizzare il territorio di Fano (borgo affacciato sull’Adriatico e situato nella provincia di Pesaro-Urbino) a partire dal suo legame con il mare e la marineria, fondendo una ricca tradizione locale con il tema della musica, complice la presenza dei cantautori siciliani Colapesce e Dimartino come direttori artistici della kermesse.
Lorenzo Urciullo e Antonio Di Martino (all’anagrafe) sono legati a doppio filo al tema del mare e alla tradizione cantautorale, dimostrando come questo fil bleu abbia attraversato da sempre le loro opere, sia da soli che nel loro progetto congiunto; per tale ragione hanno lasciato una forte impronta stilistica nei nomi scelti per la lineup ufficiale del festival, traghettando Sopravènto per tre giorni (dal 23 al 25 maggio) in una dimensione indie, sofisticata e sperimentale, pronta ad abbattere le differenze tra i generi inseguendo la contaminazione.
Dente, la Niña, i fratelli Trabace, Any Other, Francesco Di Bella e Tutto Piange hanno proposto il loro repertorio in una veste acustica del tutto inedita, spogliata da ogni orpello spettacolare per assecondare le suggestioni del luogo che ha ospitato i loro live, ovvero la ex chiesa di San Francesco, un plesso sconsacrato nel cuore pulsante di Fano.
Concerti che si sono trasformati in suggestivi incantesimi scagliati, ancora una volta, sul pubblico che ha seguito letteralmente la musica per trovare i luoghi, tra barchini sospesi a pelo d’acqua lungo la Darsena, la ex chiesa nella quale i cantautori si sono stagliati sul blu dello sfondo, novelli protagonisti d’immaginari cicli di affreschi e, infine, il lungomare della spiaggia di Sassonia, dove all’alba dell’ultimo giorno si è esibito il sofisticato cantautore Massimo Silverio, per un magnetico live sospeso tra acustica ed elettronica, complice la lingua usata nelle sue canzoni, il nativo cjarniel (idioma minoritario delle Alpi Carniche).
Tramonti e albe, prime luci e stelle fisse: a Fano, per tre giorni, le notti si sono confuse con i giorni in un continuum ininterrotto di eventi live, talk e incontri per far incontrare mondi apparentemente diversi tra loro e, soprattutto, per far conoscere agli avventori non del luogo le bellezze del posto, accompagnandoli in giro per il borgo, svelando posti inediti e straordinari (ad esempio El Gogul, il quartiere dei pescatori, con le sue storiche case colorate); e ogni novità è stata un espediente per conoscere meglio Fano, la sua storia e i racconti della sua gente che appartiene al mare e al mare tende naturaliter, complice un fascino ancestrale.
La musica unisce, così come l’acqua, solcata da sempre da uomini mossi dal desiderio di conoscere e di avventurarsi “altrove”, ben oltre quella linea immaginaria dell’orizzonte; e Sopravènto non si limita solo ad accogliere chi giunge a Fano per curiosare e scoprire il festival, ma lo abbraccia per condurlo nel suo mondo e nelle dinamiche della propria comunità, permettendo a tutti di vivere l’illusione sospesa di una vita vista mare cullata dal ritmo delle onde e della musica, pronta a culminare nella goliardica (e festosa) doppia processione del barchino rituale, che viene portato il primo giorno fino alla chiesa sconsacrata di San Francesco prima di tornare, l’ultimo, al vecchio faro, chiudendo così il cerchio. Un cerchio nell’acqua pronto a rinnovarsi di anno in anno, attraversato dalla corrente che spinge tutti sempre negli stessi luoghi, tra le braccia di quei posti attraversati da un “olio blu” dal suono inconfondibile.