Sono diverse le forme che nel tempo ha adottato il cinema del regista di Bobbio Marco Bellocchio; alle numerose opere nelle quali è la dimensione intima e familiare a ricoprire la parte del leone nella narrazione e nella messa in scena del regista, si alternano film dal respiro più ampio, capaci di guardare anche a un mercato internazionale e di raccontare l'Italia e la sua (la nostra) Storia uscendo dalle vicende della provincia emiliana, dalla dimensione privata, per abbracciare il pubblico e il condiviso, ne sono esempi molto riusciti per esempio i premiati Buongiorno notte del 2003, Vincere del 2009 oppure Il traditore del 2019.
Sorelle mai appartiene alla prima categoria ed è un'ampliamento di un precedente lavoro di Bellocchio dal titolo Sorelle, un mediometraggio di poco più di un'ora che conteneva già alcuni dei frammenti riutilizzati poi in questo Sorelle mai, film più lungo (105 minuti) e composto da sei sezioni girate in anni diversi.
Il progetto originario, Sorelle appunto, è stato realizzato all'interno del progetto "Farecinema - Incontro con gli autori", iniziativa creata proprio da Bellocchio a Bobbio, paese dove il regista è cresciuto, poi ampliatasi anno dopo anno e trasformatasi in una vera e propria manifestazione dedicata al cinema, il Bobbio Film Festival. Il film del 2006 era stato realizzato con l'aiuto degli studenti di Farecinema e, cosa non nuova per Bellocchio, mettendo in scena diversi componenti della famiglia del regista che si prestano qui in qualità di attori.
A Bobbio, nella casa di famiglia, zia Mariuccia (Maria Luisa Bellocchio) e zia Letizia (Letizia Bellocchio) badano alla piccola pronipote Elena (Elena Bellocchio). La bambina è figlia di Sara (Donatella Finocchiaro), nipote delle due anziane signore, una giovane madre che nonostante i ripetuti insuccessi non riesce ad abbandonare il sogno di fare l'attrice, cosa che la porta a dover stare a Milano in una situazione molto precaria che non le consente di crescere in prima persona sua figlia che ama moltissimo e che torna a trovare al paese ogni qualvolta se ne presenti l'occasione.
Il fratello Giorgio (Piergiorgio Bellocchio) patisce questa situazione convinto che la sorella Sara, alla quale è molto legato, stia trascurando la piccola Elena. Gli averi della famiglia, come i gioielli, la casa, finanche la cappella di famiglia al cimitero, sono curati con serietà e dedizione dall'amico Gianni (Gianni Schicchi Gabrieli), è a lui che Giorgio si rivolgerà quando, fidanzato con una creatrice di gioielli, avrà desiderio di aprire una sua attività orafa; finirà per fare l'attore.
Nel frattempo gli anni passano, Elena cresce, le cose si muovono, ma l'attrazione verso Bobbio, verso quella provincia all'apparenza ferma e immutabile continua a farsi sentire, soprattutto per Giorgio che sente la sua vita girare a vuoto.
Per Sorelle mai Bellocchio torna a Bobbio a girare nella casa del suo esordio, il più duro e problematico I pugni in tasca datato 1965, qui riprende dinamiche familiari non semplici seppur meno tragiche di quelle narrate nel suo primo film.
Sei spezzoni girati in anni diversi lungo i quali si possono ammirare la maturazione dei personaggi e degli attori, soprattutto quella della piccola Elena Bellocchio diventata pian piano giovane adolescente. Oltre ai problemi che, piccoli e grandi, affliggono la serenità di molte famiglie, tra i quali desideri infranti, lontananze, immaturità, delusioni, guai economici, Bellocchio (e collaboratori) pone sotto la lente un'inspiegabile attrazione verso le proprie radici, verso le origini che richiamano forte anche quando la vita sembra volersi e doversi sviluppare altrove, lontano da Bobbio, dalla zona di Piacenza, lontano dall'Emilia.
È una narrazione piana quella che si trova in Sorelle mai eppure mai noiosa, le vicende della famiglia si dipanano con un ritmo naturale ben ripreso in video dalla naturalezza delle immagini, mai laccate o troppo rielaborate, ci sono diversi passaggi dall'effetto un poco sfocato o sgranato, con un equilibrio precario nell'illuminazione, elementi che donano una patina di veridicità a un film che si accosta più alla vita che al cinema.
Senza grandi uscite a effetto Bellocchio imbastisce un altro valido tassello di una filmografia eclettica capace di dirci qualcosa andando a pescare da materiale il più disparato tra quello a disposizione nel bagaglio di un regista colto e capace, cosa deducibile anche da opere come queste magari considerate minori nel corpo d'opera di uno dei maestri del cinema italiano contemporaneo.