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REVIEWSLE RECENSIONI
24/11/2023
Dressel/Amorosi
Spectrum
Il mondo della library music torna in auge col disco dei Dressel/Amorosi, tra sonorità vintage, musiche per sonorizzazioni ed un pizzico di modernità. Dopo i grandi maestri del passato (Piccioni, Umiliani, Trovajoli, Morricone) ci sarà una rinascita del genere che ha visto la patria italica essere ammirata in tutto il mondo?

L’Italia è sempre stata una delle patrie musicali della cosiddetta library music, o, meglio, per valorizzare per una volta la nostra lingua, della musica per sonorizzazioni.

Un mio collega romano di lungo corso mi diceva che all’epoca d’oro (metà anni Sessanta/Settanta) a Cinecittà si giravano circa 4/5 film a settimana, l’indotto della industria cinematografica era molto diffuso e, conseguentemente, vi era una grande richiesta di colonne sonore o comunque di motivi musicali a supporto delle pellicole prodotte. Se aggiungiamo le ulteriori richieste di sonorizzazioni provenienti dalla RAI: dalle serie tv (all’epoca chiamati sceneggiati televisivi) passando ai documentari, sino ad arrivare al mitico Carosello, possiamo renderci conto come la produzione musicale del genere fu veramente vastissima e con picchi di assoluto livello.

Trovarono un impiego stabile in tale settore dei grandissimi musicisti, solo per fare qualche nome, Armando Trovajoli, Piero Umiliani, Piero Piccioni, Alessandro Alessandroni e via dicendo, fino al Maestro Ennio Morricone. Tutti artisti oggetto di culto non solo italico ma internazionale, basti qui ricordare la mitica “Mah nà Mah nà” portata al successo mondiale dai Muppets (si, proprio i famosi pupazzi) ma originariamente inserita nella colonna sonora del lungometraggio Svezia, Inferno e Paradiso.

 

Il genere della library music, dopo una rivalorizzazione operata dalla label Milanese Easy Tempo a metà degli anni Novanta, ha trovato ora, nella label Four Flies Records (il cui solo nome rimanda ad un film cult di Dario Argento) una nuova casa. Il catalogo dell’etichetta romana, oltre alla riproposizione di album inediti e/o mai ristampati in precedenza, vede la presenza di alcuni musicisti contemporanei che, se stilisticamente raccolgono l’eredità dell’epoca d’oro della library music italica come via preferenziale per comporre una musica di natura cinematografica, rivendicano al tempo stesso la qualità della musica composta come legittimata a vivere di una vita propria, indipendentemente dalle suggestioni filmiche che genera.

Esempio di quanto sopra è Spectrum, il secondo LP del duo Dressel/Amorosi, sigla dietro cui si celano Federico Amorosi (già nei Daemonia e nei Goblin di Simonetti) ed Heinrich Dressel (moniker del produttore electro Valerio Lombardozzi). Dall’ascolto dell’album risulta chiaro come sia possibile ancor oggi ispirarsi creativamente ad un sound cinematograficamente vintage innervandolo di una “spruzzatina” di moderno (argomento sul quale potrete leggere l’intervista che ci hanno gentilmente concesso).

 

Passando all’ascolto del disco, ho trovato particolarmente catchy “Voxson” una traccia che, come è possibile leggere nelle note rilasciate nella back cover (dove viene offerta una possibile destinazione ai pezzi dell’album), risulta essere ideale per sonorizzazioni di momenti sognanti, molto utilizzati nelle sitcom e/o nelle cosiddette soap opera.

Nella successiva “Studio 70”, il giro di basso e synth ci porta invece in una dimensione tipica del genere poliziesco, che trovò il suo zenith nella cinematografia italiana sul finire degli anni Settanta. Assolutamente fascinosa risulta essere altresì “Synthporn” il cui stesso titolo identifica il locus musicale ideale per l’amalgama sonora proposta.

Dopo il viaggio notturno offerto da “Blitz”, il viaggio musicale si conclude con il brano “Redemption”, ideale conclusione dell’album che richiama le suggestioni presentate nel precedente Deathmetha.

 

Lasciamo ora la parola ai diretti interessati, ma a introduzione dell’intervista e chiusura del commento sul disco, mi permetto di aggiungere solo che il modus operandi descritto evidenzia delle interessanti similitudini con un altro genere musicale di chiara ispirazione cinematografica come il post rock, da cui si differenzia solo per la materia sonora che omaggia, che nel caso della library music è una parte della storia musicale italiana di cui tutt’oggi non possiamo che andare fieri.

 

 

***

 

La library music, anche se personalmente mi piace maggiormente il termine italiano di musica per sonorizzazioni, l’ho sempre legata ad un determinato periodo della musica e della cinematografia italiana degli anni Sessanta/Settanta, il periodo d’oro di Cinecittà. Cosa vuol dire, oggi, incidere un disco come Spectrum, che rimanda ai sapori dell’epoca? Quali sono i motivi ispiratori di questo album?

In questo secondo album abbiamo cercato di ampliare appunto lo “spettro sonoro” e proporre dei brani veramente in stile libero tra situazioni e atmosfere diverse, per evocare scene d’azione, malinconie retrò, aggiungendo elementi tipici del giallo e del sexy thriller. Detto questo, il processo di composizione dei brani, rispetto al nostro primo album DeathMetha, non è molto cambiato. Partiamo sempre da un'armonia, una melodia o una linea di basso o di synth che non necessariamente poi si sviluppa come nell'idea originale, ma muta a seconda degli scambi che abbiamo tra di noi, dalle sessioni di prove e di registrazioni. In ogni caso nella nostra musica il riferimento al cinema e ad un immaginario cinematico che abbiamo nel nostro background c'è sempre. Spectrum non nasce volutamente come un disco di library music, ma è la arguta e lucida interpretazione di Four Flies Records, che ha trovato le giuste connessioni col passato per definirlo un moderno disco di musica per sonorizzazioni.

 

Nel press kit viene evidenziato come la strumentazione utilizzata sia in gran parte vintage (come risulta dalla scelta di sintetizzatori storici quali il Roland Juno 106, o il Korg Ms 20, per non parlare del Farfisa Syntorchesta, ovvero del basso Rickenbacker 4003 – a dire il vero più anni Ottanta), però dall’ascolto mi pare che il sound sia un po’ più pulito, diciamo più moderno. È una mia sensazione, ovvero qualcosina di nuovo c’è nel vostro sound?

La ricerca del sound anni Settanta o Ottanta è parte integrante del processo compositivo, nella misura in cui è necessario per noi usare principalmente quelle macchine fin dall'inizio della composizione, dalle prime note e dai primi accordi o linee di basso e synth. Forse la pulizia (che ad oggi è necessaria) deriva piuttosto dai metodi di registrazione che sono totalmente cambiati rispetto a quegli anni. Cerchiamo poi di aggiungere elementi più moderni e suoni cinematici che rendono i brani forse più puliti.

 

Ritengo interessante la descrizione offerta nella back cover sui possibili utilizzi dei brani, come e a chi è venuta questa idea?

L’idea è venuta alla Four Flies Records che, come dicevamo prima, sin dai primi ascolti dei brani che gli abbiamo mandato, ha evidenziato questo “tocco” library del disco. Anche nella scelta dei titoli, il loro contributo ha permesso il raggiungimento di una sintesi perfetta tra le loro idee e le nostre. L’ottimo lavoro dell’americano Eric Adrian Lee, inoltre, ha resto il tutto omogeneo e per noi non è stata affatto una forzatura. Non deve essere pensato esclusivamente come un lavoro library, anche se ovviamente (come nel primo album) l’ispirazione a tutta la cinematografia di quegli anni, ma non solo italiana, è ben presente e caratterizzante.

 

Ultima domanda, come dicevano gli antichi, una vexata quaestio: ritengo personalmente limitativo ritenere la library music come produzione ancillare ad un supporto visivo; mi spiego meglio, la grande musica travalica il motivo per cui viene incisa, penso ad esempio, al tema di Mission Impossible, oppure per rimanere in Italia, al tema di Profondo Rosso, non è detto che il musicista a cui viene chiesta la realizzazione della colonna sonora abbia in precedenza visto il film o letto il copione, tuttavia, in qualche modo, risulta legata alla ambientazione musicale richiesta. Come si tiene insieme il tutto?

La quaestio è un discorso lungo e variegato. A volte il compositore su commissione del regista realizza l’opera seguendo le sue indicazioni, come ad esempio in Twin Peaks, Lynch descriveva la scena e il Maestro Badalamenti creava la magia. Altre volte invece viene presa direttamente un’opera finita ed inserita nella giusta sequenza. Nel nostro caso, subito dopo le prime armonie composte, libere da qualsiasi condizionamento, visualizziamo un’ambientazione ed iniziamo a fantasticare su un ipotetico scenario e sui personaggi che contribuiranno allo sviluppo creativo del brano che avrà in ogni caso vita propria. Questo è il punto focale del nostro approccio library, ben colto dalla nostra label; una musica da film ma che ha anche una vita propria, esattamente come intende essere Spectrum.