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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
15/04/2024
Paul Simon
Surprise
Probabilmente “Surprise” non è un capolavoro, tuttavia è costantemente coinvolgente e offre alcune delle canzoni più creative e innovative del Simon degli ultimi tempi. Un lavoro da riascoltare con calma per goderselo fino in fondo.

L’osservazione lenta, quella che disattiva il pilota automatico e ci consente di vedere i dettagli che gli altri non vedono: questa è la qualità fondamentale anche per godersi la musica di quantità e qualità. La musica solida, in opposizione a quella liquida, perfetta rappresentante dell’epoca odierna per gli amanti del restare semplicemente in superficie, galleggiare e basta, in un luogo ove non esiste un passato o un futuro, ma solo un presente, peraltro scomodo.

Surprise fa parte della prima classificazione (e in verità vi sono tantissimi dischi appartenenti a questo gruppo pure adesso, ma sconosciuti ai più) e non è solo il titolo di un album di quasi venti anni fa di Paul Simon. “Sorpresa” lo è anche pensare alla sua collaborazione con Brian Eno, un sodalizio difficile da immaginare, analizzando le diverse radici musicali da cui provengono i due artisti. Tuttavia, si sa, spesso gli opposti si attraggono e così ecco spuntare undici brani che toccano il profondo del cuore e fanno ancora una volta capire quanto sia importante andare a fondo nelle cose per potersi godere perle di tale livello.

Surprise, undicesimo lavoro solista, vede la luce sei anni dopo You’re the One (2000), disco baciato da un tiepido successo dopo il flop del precedente ambizioso Songs from the Capeman. Per la verità tre canzoni presenti nella tracklist sono già apparse, all’epoca della pubblicazione dell’opera, come parte integrante della colonna sonora del film The Wild Thornberry Movie, ma trovano la giusta collocazione in quest’album. Sono la bellissima opener “How Can You Live in the Northeast?”, la vibrante e sincopata “Outrageous” e quel piccolo capolavoro di nome “Father and Daughter”, una dolcissima dichiarazione di affetto alla figlia che cresce.

 

"Come si fa a vivere nel Nord-Est? Come si può vivere nel Sud?

Come si può costruire sulle rive di un fiume quando l'acqua della piena si riversa dalla foce?

Come si può essere cristiani? Come si può essere ebrei?

Come si può essere musulmani, buddisti, indù?

Come si può?"

(Estratto da “How Can You Live in the Northeast?”)

 

"Sono stanco, stanco

A qualcuno interessa quello che dico?

No!

Dipingo i miei capelli del colore del fango

Chi ti amerà quando il tuo aspetto non ci sarà più?"

(Estratto da “Outrageous”)

 

"Ti guarderò brillare, ti guarderò crescere

Dipingerò un segno così saprai sempre

Finché uno e uno fanno due

Non ci sarà mai un padre che ami sua figlia

Più di quanto ti amo"

(Estratto da Father and Daughter”)

 

Un trittico dai testi ispirati, toccanti, carichi d’attualità e con un’inconsueta costruzione musicale, che finisce dopo alcuni attenti ascolti per intrigare ed evidenziare un nuovo lato di Simon.

Il disco non perde d’intensità e rimane ben focalizzato tra pop e rock, fino a gospel e world music, nonostante vi siano profondi segni di sperimentazione, dalle chitarre elettriche grattugiate e traballanti alla U2, ai “droni”, a schiocchi e ritmi programmati. Gode anzi di una contaminazione che esalta un electro folk mai fine a se stesso, come evidenziato nell’emozionante storia di fuga di “Another Galaxy”, con una delle più belle melodie dell’album.

Se in “Beautiful” e “I Don’t Believe” emerge ancora predominante il sonic landscape di Eno, le percussioni arzille e il groove alla Bo Diddley di “Sure Don’Feel Like Love” modernizzano la poesia cui Simon ci aveva abituato nelle sue produzioni anni Settanta, mantenendo il suo spirito saccente e sofferto che lo avevano distinto in quel periodo.

Sono tanti i temi affrontati, dalla politica al mistero e ingiustizia dell’invecchiare senza inizialmente rendersene conto per poi invece dolersene, tuttavia su tutti brilla per genialità il racconto sincero del suo blocco dello scrittore in "Everything About It Is a Love Song": “Locked in a struggle for the right combination of words in a melody line”, esordisce infatti schietto in un’altra delle vette dell’opera insieme alla lenta e intensa “Wartime Prayers”. Quest’ultima è un’accorata invocazione al perdono e alla pace, ove non si nasconde il disagio di vivere nell'America post Undici Settembre.

 

A dare una mano a Simon in studio ci sono personaggi del calibro di Bill Frisell alla chitarra, Steve Gadd alla batteria e Herbie Hancock al piano, il quale rende il favore ricevuto l’anno prima per il suo policromatico progetto Possibilities. Inoltre è notevole la sintonia tra l’autore di “Mrs. Robinson”, Brian Eno e alcuni session man di lusso come Pino Palladino, Abraham Laboriel e Gil Goldstein, e ciò consente di amalgamare alcune sonorità più ardite e renderle pertinenti al disco, che scorre veloce verso la fine con le riflessioni di “Once Upon a Time There Was an Ocean”.

Paul osserva che “nulla è cambiato, ma ogni situazione è diversa” sottolineando come sia il passare del tempo a mostrare le cose da un’angolazione differente. La chiusura è affidata alla già citata, bellissima, “Father and Daughter”, non prima di aver ascoltato le atmosfere scintillanti di “That’s Me”.

 

Tutto Surprise è attraversato da una corrente agrodolce, non dissimile dalla malinconia presente in Hearts and Bones, a cui questo disco assomiglia anche per il suo tono introspettivo e la sua inclinazione artistica, ma non si tratta di un lavoro “monodimensionale”: ci sono pure una dolce speranza e un umorismo ironico, che conferiscono a questa musica una ricca eleganza e la colloca tra i migliori lavori di Simon, sempre intenzionato a correre dei rischi, a costo di andare incontro a fiaschi clamorosi. Tuttavia la sua idea di rendere ogni album diverso dall'altro è sempre stata quanto mai redditizia ed erge tale opera fra quelle da ricordare, con le immanenti sonorità cinematografiche di Eno a braccetto insieme alle poetiche melodie di uno dei più grandi songwriter nati il secolo scorso.