Come dire che il POP era ed è tutt’ora - e credo lo resterà per tanti anni ancora - il vero linguaggio del popolo, voluto dal popolo, preteso dal popolo, codificato dal popolo. Abbiamo sempre assistito alle tante interpretazioni del Santo Pop, quello che prima veniva dalla musica Jazz oggi è semplicità e sintesi digitale. E loro, i FRIGO, lo sanno bene e puntano dritti in questa direzione. Lo dicono chiaramente e con grande carattere e gusto e mestiere che sforneranno questo nuovo disco dal titolo “Non importa”, in uscita il prossimo 12 Aprile per iCompany / La Clinica Dischi.
Su LOUDD mandiamo in onda questo singolo “Via dei Bardi” che suona come una preghiera e che, anzi, forse vuol proprio essere una preghiera laica, di vita, di radici, di semplicità. In fondo, noi che l’abbiamo ascoltato in anteprima, tutto questo nuovo lavoro che suona digitale e che non cerca di tornare indietro nei cliché, canta la semplicità, canta la verità e cerca di regalare la forza ed il coraggio di abbandonare per strada tante cose inutili, banali, superflue. Almeno queste sono le mie sensazioni, quelle istintive, quelle di immagini e di romanticismo che mi arrivano come fotografie da queste nuove canzoni dei Frigo. E lavorando per sottrazione si va…
Mi colpisce subito una frase dal vostro press-kit che riporto testualmente: “Durante la produzione molti giri armonici sono stati maltrattati, ma del resto è il pop, baby!” Ovvero?
Nella nostra idea una bella canzone POP deve essere sintetica e indispensabile, per cui cerchiamo di lavorare per sottrazioni.
Per chiudere la mezz’ora scarsa del nostro “NON IMPORTA” abbiamo preso a cazzotti accordi maggiori e minori, bullizzato riff di chitarra e di tastiera, lavato via fill e assoli fino a che non ci è rimasto in mano solo l’indispensabile.
Che poi di questo Santo Pop italiano tutti ne parlano quasi fosse qualcosa di sgradevole. Eppure, alla fine pop siamo e pop torniamo a scegliere, non è così?
Il pop è come la Chiesa, sopravvive a tutto e continua in fondo in fondo ad affascinare. In quest’ottica Sanremo è la chiesa del pop. E a noi, Sanremo, è sempre piaciuto.
E per i FRIGO il pop significa elettronica e strutture digitali. E se non ci fosse l’elettronica?
Per noi pop vuol dire prima di tutto sintesi, che poi, è la cosa più difficile da raggiungere. Da adolescenti usavamo chitarroni, oggi synth come se piovesse. Se domani scopriamo che la sintesi la si ottiene meglio con l’ukulele faremo un disco con l’ukulele. Insomma, la forma conta se c’è il contenuto.
“Via dei Bardi” è una preghiera alla vita. Dov’è che sta finendo o cosa sta diventando questa vita secondo voi? Davvero siamo a corto di semplicità e verità?
Siamo un po' a corto di prospettive, e quindi di valori, perché, senza prospettive, dei valori te ne fai il giusto. Quindi ti viene da cercare un intrattenimento continuo, e, per fortuna e purtroppo, la tecnologia ce ne dà a sfare. Poi però ogni istante può essere pieno di meraviglia se gli si dedica attenzione. La scoperta è dietro l’angolo. In “Via dei Bardi” diciamo proprio questo: fermati, scopri la vita, la tua e quella degli altri, e vedrai che ti sentirai felice.
E tornando sul concetto di elettronica: cantate una preghiera che riporti la vita alle sue radici vere, umane, naturali ma questo disco suona con un piglio assai artificiale e computerizzato. Insomma, non trovate che sia un controsenso? Giusto per fare una domanda piccante ecco...
Più che un controsenso è un contrasto. Ci è sempre piaciuto lavorare di contrasti. Questo disco vive dell’opposizione tra suoni sintetici e testi intimi.
Ad esempio, nel brano “Vento da Maiali” il sound è tutto affidato ad un sintetizzatore e a una vecchia drum machine, mentre il testo racconta uno di quei monologhi interiori che capita di fare quando fai fatica a sentirti protagonista della tua vita.
Noi il disco l’abbiamo ascoltato in anteprima… uscirà il 12 Aprile ma ai lettori di LOUDD vogliamo anticiparlo in qualche modo. Cosa possiamo raccontare secondo voi?
In questo disco troverete la felicità improvvisa un martedì pomeriggio e la malinconia improvvisa un mercoledì sera, l’ansia del lunedì mattina, la nostalgia dell’estate, del primo amore, delle lasagne della nonna. Tutte cose che non importano, eppure contano. Tutte le emozioni che entrano ed escono nelle nostre giornate forse non cambiano quello che facciamo, ma spesso ne cambiano il senso. E quando a fine giornata ti trovi a raccontare cosa hai fatto, ecco che senza quelle emozioni ti sembra di non vissuto.