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MAKING MOVIESAL CINEMA
20/05/2020
Giulio Petroni
Tepepa
Sono diversi gli aspetti per cui vale la pena dare un'occasione a Tepepa oltre alla magnifica presenza di un Tomas Milian perfetto e quella lercia e sudaticcia di un Welles che sembra quasi predestinato al male

Si può dire che il film di Petroni non goda del credito che meriterebbe all'interno del filone spaghetti western, sottogenere a cui siamo soliti associare Leone, qualche Corbucci e diverse altre opere sparse; con Tepepa Giulio Petroni sigla uno degli esiti più interessanti del filone proponendo un film al passo coi tempi, fortissimi infatti sono gli odori rivoluzionari di un'opera che cade a pennello e arriva subito dopo i movimenti di protesta del '68; qualche fonte accredita l'uscita del film proprio a quell'anno anche se più diffusa sembra la datazione al 1969. A innalzare il valore di questa pellicola dal mare di prodotti simili,  senza dubbio ci sono la partecipazione di Orson Welles nei panni del colonnello Cascorro, uno di quei personaggi negativi di gran levatura e consapevoli del loro ruolo, e soprattutto la costruzione del magnifico personaggio di Jesus Maria Moran detto Tepepa, un peone che ha un piglio epico, rivoluzionario, ambiguo e in parte, anche lui, marcio, un protagonista che Tomas Milian fa suo con gran maestria e che è reso al meglio dalla cadenza dell'attore, un italiano colorato dalle venature cubane proprie di Milian. L'ottanta percento della buona riuscita del film, valido sotto molti aspetti, è attribuibile proprio allo splendido personaggio cucito addosso a Tomas Milian, un povero idealista illuso, sostenitore della rivoluzione messicana di Pancho Villa, anch'esso condottiero con il cuore ai suoi amati peones e la testa a Madero, quello che sembra essere il Presidente giusto per ottenere un cambio di registro: mica la Luna, un po' di terra per i contadini, un po' di dignità in più e meno fame per i più poveri. Per quanto il confronto sia con un gigante come Orson Welles, qui impegnato si dice per motivi alimentari e che comunque offre una prova di tutto rispetto, è proprio Tepepa a rimanere nel cuore e a ritagliarsi un posto tra i personaggi da ricordare nel genere western (terzomondista o meno). Tra i due attori però c'è anche John Steiner, il Dottore.

La rivoluzione non è finita come doveva, il Presidente Madero non ha mantenuto le promesse fatte al popolo del Messico, il rivoluzionario Tepepa (Tomas Milian) che ha contribuito a portare Madero al potere è ora nelle carceri di Stato in attesa che il colonnello Cascorro (Orson Welles) dia l'ordine di eseguire la sua condanna a morte. Ci penserà il dottore, Henry Price (John Steiner) a trarlo in salvo con la sua auto elegante che chiude il quadro all'aspetto da damerino inglese che il dottore si porta addosso. Ma perché darsi tanta pena per uno straccione messicano? Semplice, il dottore vuole la soddisfazione di mandare al creatore Tepepa con le sue mani, tenterà di farlo più volte nonostante il tempo e la frequentazione facciano nascere anche una sorta di simpatia per quel rivoluzionario che ha a cuore i suoi simili ma capace allo stesso tempo di macchiarsi di biechi misfatti, uno dei quali, proveniente dal passato, il dottore non può proprio perdonare.

Sono diversi gli aspetti per cui vale la pena dare un'occasione a Tepepa oltre alla magnifica presenza di un Tomas Milian perfetto e quella lercia e sudaticcia di un Welles che sembra quasi predestinato al male, uno su tutti la colonna sonora di Ennio Morricone che in principio appare leggera, semplice ma che si arricchisce con il passare dei minuti lasciando un bellissimo ricordo. C'è poi il discorso morale sugli opportunismi e sulle crudeltà del potere che oggi come allora continuano a manovrare le masse per i loro scopi, che le rivoluzioni "non sono un pranzo di gala" lo sappiamo tutti, non meno male fa vederne raccontata l'inutilità, dopo ettolitri di sangue e sudore versato. C'è il tradimento, c'è il perdono, c'è l'odio e c'è l'amore, Petroni costruisce in film che ha un bell'equilibrio, avvincente e con dei contenuti, gli si rimproverano solo un paio di sequenze dagli esiti sinceramente improbabili, peccato veniale tutto sommato perdonabile. Si apprezza anche la complessità del personaggio di Paquito (Luciano Casamonica), un giovane simpatizzate di Tepepa che avrà un ruolo più grande di quel che spetterebbe a un ragazzino della sua età.

Gran bel western, non c'è che dire, la visione di film come questo fa rimpiangere il fatto che salvo rare eccezioni il genere sia oggi poco frequentato, ma si sa, tutto torna prima o poi.


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