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REVIEWSLE RECENSIONI
The Absolute Whirlwind - Morsefest 2022
Transatlantic
2024  (Inside Out Music)
PROGRESSIVE ROCK
9/10
all REVIEWS
16/05/2024
Transatlantic
The Absolute Whirlwind - Morsefest 2022
Se amate il Prog più classico tra Genesis e Kansas, ma ancora non conoscete i Transatlantic - supergruppo composto da Neal Morse (ex Spock’s Beard), Mike Portnoy (Dream Theater), Pete Trewawas (Marillion) e Roine Stolt (Flower Kings) - , questo potrebbe essere il modo migliore per iniziare: un prodotto di altissima qualità, curato magistralmente da Inside Out, che vale decisamente i soldi spesi per possederlo.

Il Morsefest è una due giorni che Neal Morse (ex Spock’s Beard, ormai da più di due decenni impegnato in una prolifica carriera solista) organizza dal 2014 a Cross Plains, Tennessee, in una piccola chiesa adibita per l’occasione a sala da concerti.

È un’occasione per radunare nuovi e vecchi amici, ritrovarsi coi fan più fedeli provenienti da ogni angolo degli Stati Uniti (e non solo) e, soprattutto, suonare un sacco di musica. Il programma della rassegna è infatti accuratamente selezionato e normalmente prevede l’esecuzione integrale di un album per sera, più una serie di ripescaggi di cose poco note e raramente proposte dal vivo.

Il 2022 è stato un anno particolare: si era appena usciti dal Covid, l’edizione precedente aveva ceduto, come molti avevano fatto, alla formula pay per view in streaming (a costi spropositati, tra l’altro) e i Transatlantic erano da poco ritornati sulle scene con un disco The Absolute Universe, che avevano appena finito di portare in tour.

 

Band particolare, i Transatlantic: il classico “supergruppo” (definizione orribile ma dicono tutti così) formato da componenti di act famosi che si era messo insieme in maniera estemporanea, giusto per fare un disco e qualche concerto, ma che poi ci ha preso gusto fino a divenire una band vera e propria.

Nel 2000 Neal Morse, Roine Stolt (Flower Kings), Pete Trewawas (Marillion) e Mike Portnoy (Dream Theater) avevano in mente solo di divertirsi a suonare composizioni originali ispirate ai loro idoli di gioventù e probabilmente non immaginavano che il dirigibile che avevano piazzato sulla copertina di SMPT:e sarebbe divenuto così iconico nel mondo del Progressive, e che la fama di questo progetto parallelo sarebbe cresciuta fino a quasi superare quella delle rispettive band di appartenenza.

The Absolute Universe, il loro quinto lavoro in studio, ha visto la luce in una formula particolare, per certi versi inedita. Il disco è di fatto un’unica suite suddivisa in più movimenti, ma presentata in due differenti versioni: una Abridged da una sessantina di minuti e una Fovevermore da un’ora e mezza, uscita ovviamente su doppio cd. Le due versioni, però, non differivano solo per il minutaggio ma anche per la composizione interna, cosicché l’unico modo per possedere tutto quel nuovo materiale sarebbe stato comprarle entrambe.

Lo scorso anno era già uscito un live, registrato nel luglio del 2022 all’Olympia di Parigi, nel corso dell’ultima data del tour europeo (che purtroppo, a differenza dei precedenti, non ha toccato l’Italia) dove il nuovo album era stato eseguito in una terza versione, una sorta di combinazione delle prime due, originariamente disponibile solo sul Bluray venduto come bonus della Deluxe Edition.

 

Tornando al discorso Morsefest, Neal Morse ha deciso che nel 2022 l’appuntamento di Cross Plains avrebbe avuto come unici protagonisti proprio i Transatlantic. Il piatto forte della prima sera sarebbe stata la riproposizione integrale di The Whirlwind, il capolavoro del 2009 (per chi scrive, ma non solo, si tratta del loro disco di gran lunga più ispirato) che dopo il tour di riferimento non era stato più eseguito nella sua interezza; il giorno successivo sarebbe invece stato dedicato a The Absolute Universe, che di lì a pochi mesi sarebbe stato appunto presentato in Europa.

Grazie alla mania di Neal Morse di documentare nel dettaglio ogni singolo passo della sua carriera (di ogni tour dei Transatlantic e della sua band solista, nonché delle varie edizioni del Morsefest, è uscito un fedele resoconto audio video) ecco dunque arrivare il tanto sospirato cofanetto cd/bluray con la ripresa integrale di entrambi i concerti; un prodotto assolutamente necessario, considerato che il festival, non solo per la distanza, è esperienza riservata a pochi eletti (lo scorso anno però ne è stata lanciata una versione europea a Londra, anche se i costi, da quel che ho capito, sono abbastanza altini).

The Absolute Whirlwind, crasi obbligata tra i due titoli, mette assieme due album per certi versi simili sia nelle tematiche (una vasta disamina sulla condizione esistenziale dell’uomo contemporaneo) sia nella forma (un’unica suite divisa in movimenti) ed ascoltati in successione acquistano decisamente una maggiore intensità di impatto e significato.

Aggiungiamo che, come da consuetudine della rassegna, i cinque musicisti (dal vivo c’è sempre un membro aggiunto che si occupa di tastiere, chitarra e cori; normalmente scelgono dei mostri assoluti della scena Prog e infatti a questo giro c’era Ted Leonard, dei mai troppo compianti Enchant) sono affiancati da un quartetto d’archi e da un trio di coriste, a rendere più affascinanti e ricche di particolari le esecuzioni.

 

Per quanto riguarda il contenuto di questo cofanetto, c’è poco da dire: come al solito la Inside Out ha fatto le cose in grande, confezionando i cinque cd e i due Bluray in un elegante libro dalla forma quadrata, poco più piccolo di un vinile, con un booklet di una quarantina di pagine pieno di foto coloratissime e di un breve resoconto di entrambi i concerti.

Inutile anche disquisire sulla qualità delle immagini e della registrazione, entrambe molto vicine alla perfezione. Rispetto alle precedenti esecuzioni dei due dischi, già immortalate su dvd, bisogna dire che l’unico particolare che potrebbe stonare è il palco, decisamente basso e poco adatto ad una produzione di questo calibro (anche lo schermo per i visual fa molto salone dell’oratorio) ma dall’altra parte l’ambiente piccolo permette una maggiore interazione col pubblico, con la conseguenza di creare un’atmosfera intima e raccolta che contribuisce alla bellezza dei concerti.

Il grosso delle setlist è ovviamente occupato dai due album, ma quella della prima serata è ugualmente interessante: dopo i 25 minuti iniziali di “Into the Blue” (dal non eccelso Kaleydoscope del 2014, anche se la traccia in questione si lascia ascoltare più che volentieri) arriva la prima assoluta di “In Held (‘Twas) in I”, la cover dei Procol Harum che campeggiava sul loro primo album e che a tutt’oggi rappresentava l’unico episodio del loro repertorio a non essere mai stato portato sul palco. È senza dubbio una gioia per i completisti come il sottoscritto, ma al di là di questo, c’è da dire che la versione qui proposta è davvero superlativa, uno dei momenti in assoluto più alti della due giorni.

C’è poi un breve momento acustico, composto dalla solita “We All Need Some Light” e da una “Shine” particolarmente toccante, suonata per ricordare Paul Hanlon, un amico di Morse, presente sin dalla prima edizione del festival e parte della community di fan e organizzatori che gravita attorno all’evento. Paul era malato da tempo e il brano è stato scritto da Neal proprio dopo essere andato a trovarlo a casa sua, a Londra, diversi anni prima. L’esecuzione è in punta di piedi, molto intensa ed è comprensibile che al termine sia sopra sia sotto il palco in molti abbiano gli occhi lucidi.

 

The Whirlwind occupa interamente la seconda parte del concerto ed è inutile spendere parole: chi conosce il lavoro sa cosa aspettarsi, aggiungo solo che risentirlo a distanza di quindici anni è stato particolarmente emozionante, soprattutto per chi come me era presente all’epoca alla data italiana.

The Absolute Universe occupa la seconda sera nella quasi totalità (fa eccezione un bis di quasi mezz’ora composto da un medley di brani dei primi due dischi) ed è senza dubbio meno interessante per chi non sia proprio un fan sfegatato, dato che il programma è pressoché identico a quello del dvd dello scorso anno (che però, ricordiamo, documenta una data successiva a quella di Cross Plains). Il disco viene suonato combinando il materiale di entrambe le versioni in studio (manca “Reaching for the Sky” ma è vero che si tratta di un brano il cui nucleo melodico viene recuperato altrove) e pur non essendo certo l’opera migliore dei Transatlantic (una certa ripetitività nella scrittura è ormai inevitabile, soprattutto all’interno di un genere come questo, ormai profondamente cristallizzato nei propri stilemi) risulta decisamente godibile, cori e quartetto d’archi aggiungono qualcosa in più, e se riusciamo a passare sopra all’insostenibile egolatria di Mike Portnoy (grandissimo batterista, ma da quando si ostina a tenere comizi come se la band fosse di sua proprietà e soprattutto a cantare, con la voce oscena che si ritrova, mi è diventato veramente odioso) anche questa risulta una bella serata.

In conclusione, il voto altissimo che vedete è da intendersi al prodotto in sé, più che alla musica in esso contenuta. Se amate il Prog più classico tra Genesis e Kansas, ma ancora non conoscete il gruppo, questo potrebbe essere il modo migliore per iniziare: non stiamo parlando di un’uscita economica ma la qualità, in questo caso, vale i soldi spesi.