Uno dei punti di forza della piattaforma Mubi è quello di offrire ai suoi abbonati la possibilità di poter vedere alcuni film che nelle nostre sale non arriveranno mai e che probabilmente in un prossimo futuro saranno quasi impossibili da reperire altrove. Per alcuni di essi anche nel catalogo della stessa Mubi, la quale, come quasi tutte le piattaforme, non gode di diritti di concessione sulle opere a tempo indeterminato.
E' facile ipotizzare quindi che film come questo The african desperate senza la distribuzione Mubi sarebbero destinati a finire nell'oblio, a meno che, nella fattispecie, la regista losangelina Martine Syms riuscisse ad arrivare al grande successo, permettendo in futuro anche alle sue prime opere di venire recuperate e rivalutate a posteriori.
Presto comunque per fare ipotesi, nonostante la Syms sia un'artista visuale con diverse esposizioni importanti alle spalle, nel ruolo di regista è invece agli esordi; un esordio che porta anche esperienze autobiografiche in forza a un film che è ambientato proprio nel mondo dei moderni artisti concettuali americani.
Oltre all'ambientazione accademica The african desperate affronta in maniera lieve e ironica un diffuso razzismo in sottotraccia che ammorba, a volte anche ingenuamente, l'ambiente dell'arte moderna ma in generale il mondo dei bianchi, anche quelli che si pensano in buona fede a favore delle parità, progressisti e illuminati. Il titolo del film deriva da una conversazione telefonica tra la Syms e la stessa protagonista, l'attrice e anch'essa artista Diamond Stingily la quale, volendo parlare della diaspora africana (african diaspora), erroneamente pronunciò le parole "african desperate".
Per Palace (Diamond Stingily) è giunto il momento di laurearsi presso la scuola di Belle Arti. Palace è una ragazza di colore che si trova di fronte a una commissione composta da soli bianchi; alcuni membri mostrano apprezzamento per il lavoro svolto da Palace, altri sono più scettici, qualcuno con un'inconsapevole nota di razzismo vorrebbe vedere rappresentate dall'opera della neo laureata in maggior misura le sue radici africane, la discussione si protrae tra citazioni colte e una forzata voglia di mostrarsi vicini e consapevoli al lavoro di autori neri le cui opere sono a volte mal interpretate nelle intenzioni dagli stessi membri della commissione.
Ad ogni modo, con questo surreale "esame" giudicante l'intero percorso di Palace alla scuola d'arte si chiude in maniera positiva: laurea conseguita, è tempo per Palace di voltare pagina, tornare a Chicago dalla madre malata, ricominciare ed entrare per davvero nel mondo adulto. Ma prima di fare questo c'è la festa di laurea, una festa alla quale Palace non vuole presenziare e per la quale continua a dire dei bei "no" a tutti gli amici che la invitano e che continuano a dirle che a questa festa lei non può proprio mancare. Così, tra l'amica Hannah (Erin Leland) e il belloccio Ezra (Aaron Bobrow) di fronte al quale il carattere schietto e un po' scontroso di Palace sembra rabbonirsi, con l'aiuto di droghe di vario tipo fornite dalla rossa Portia (Ruby McCollister) e soprattutto dalla stralunata Aidan (Cammisa Buerhaus) la festa si farà, ma sarà poi quel gran successone che in genere ci si aspetta da un evento del genere?
L'esordio di Martine Syms è un film non ancora perfettamente a fuoco, più interessante in prospettiva per la speranza di veder crescere una nuova voce femminile (i numeri ci sono) che non per la reale riuscita di questo The african desperate che, satira sul mondo dell'arte a parte, si erige su canovacci già esplorati senza lasciare troppo il segno.
Di avventure lunghe un giorno (e una notte) ne abbiamo viste molte, di chiusure di cicli con aperture verso futuri incerti anche, di droghe e sesso pure. Qualcosa in effetti c'è, l'aspetto più interessante del film è forse proprio il lavoro fatto con la regia e con il montaggio, ne esce una costruzione parecchio vivace e non banale.
A laurea conseguita si apre un abisso, quanti di questi personaggi usciranno dal loro percorso preparati alla vita? Quanto installazioni fatte da video multipli di masturbazione maschile potranno trovare fortuna nel mondo là fuori? Cosa se ne faranno questi personaggi dei loro meme, delle citazioni pseudo colte, dell'utilizzo delle comunicazioni da remoto e di tutto il resto, alcune delle loro opere comprese? Magari niente, magari ci faranno un film. Magari ci faranno un film fuori fuoco che però vedi mai, magari un domani me lo distribuisce Mubi.