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REVIEWSLE RECENSIONI
The Empty Space Between A Seamount And Shock-Headed Julia
The Black Cat’s Eye
2023  (Tonzonen Records / Creative Eclipse PR)
PSICHEDELIA ROCK
7,5/10
all REVIEWS
21/04/2023
The Black Cat’s Eye
The Empty Space Between A Seamount And Shock-Headed Julia
Un emozionante viaggio a ritroso nella psichedelia rock degli anni Sessanta e Settanta, grazie a cinque brani liberi di svolazzare inquieti, per quaranta minuti intensi, fuori da ogni controllo, ove riff elettrici potenti e glaciali si distendono e dilatano prima di avvitarsi in ammalianti melodie acustiche. Cambi di tempo, lunghe parti strumentali e delicati bozzetti cantati convivono armoniosamente nel magma sonoro creato con sapienza da questa sorprendente band tedesca dalla formazione atipica: si chiamano The Black Cat’s Eye e meritano un approfondimento.

Tre Chitarre, accarezzate e strapazzate da Christian Blaser, Wolfgang Schönecker e Steffen Ahrens, poi un basso potente e preciso nelle mani di Jens Cappel e la tonitruante batteria di Stefan Schulz-Anker; qua e là una spruzzata di tastiere in mano ancora a Blaser, la mente del gruppo: se non è una rivoluzione in termini di strumentazione per una band che si affaccia nel 2023 con il suo primo vero album, poco ci manca, di questi tempi.

A parte le battute, è stupefacente come un gruppo tedesco formatosi nel 2018 a Francoforte si riallacci al rock psichedelico in stile Pink Floyd e si specchi nel concetto di canzone senza confini spazio-temporali, dilatando la sua lunghezza anche oltre i venti minuti, basando la riuscita di una composizione sull’impatto artistico e lasciando in una via secondaria quello commerciale. Tanto di cappello per questa scelta, e il giudizio positivo non è determinato dai gusti o dalle nostalgie di altri tempi di chi scrive, nasce invece per come l’ensemble abbia deciso di declinare la sua estetica, la sua concezione di musica attingendo dal passato e aggiungendovi una contestualizzazione moderna senza lasciarsi sciacquare il cervello dalle mode. É importante, infatti, che ci abbiano messo anima, cuore, passione, lacrime e sangue, partendo dalle radici blues attraversando i decenni senza timore e inoltre rinvangando alcune costruzioni sonore care ai Porcupine Tree, ai Cousteau e Madrugada. Hanno puntato alla qualità senza pensare a nessun riempitivo, consci che il flusso compositivo sia un qualcosa semplicemente da assecondare e non da gonfiare.

 

L’opener "Kill The Sun And The Moon And The Stars" è quanto meglio possa rappresentare tale concetto, con i suoi oltre venti minuti ricchi di colpi di scena, rivelatori delle principali influenze del gruppo, tuttavia mai banali o essenzialmente derivativi. Dopo un lungo intro in crescendo, dove fa capolino anche un synth molto “floydiano”, comincia il tema portante della "suite", mentre a mano a mano vengono ripresi i fraseggi chitarristici della prima parte. Due delle tre sei corde sono ben affilate e ruotano attorno alla terza, una slide che fa tornare indietro giusto di cinquant’anni, all’epoca di The Dark Side of the Moon. Basso e percussioni rimangono ben attaccati al pezzo, mentre una chitarra acustica si ritaglia un poco la scena principale, il ritmo si allieta per poi subire nuovamente violenza da sventagliate elettriche uncinanti e seghettate, taglienti. Tutto diventa più duro, vicino all'hard, con la batteria che pesta senza soluzione di continuità. Gli assolo si susseguono prepotentemente, ma, vicino alla conclusione, torna il sereno dopo la tempesta sonora, con un’atmosfera pacifica che si riallaccia a quella iniziale. Un viaggio lisergico che collega "Meddle a Animals" e prima di toccare "A Momentary Lapse of Reason" plana sulla parte più heavy di "Private Investigation" dei Dire Straits.

 

The Empty Space Between A Seamount And Shock-Headed Julia si può definire un album variegato in cui energia e potenza non mancano accanto ad alcuni momenti più tranquilli e a tante idee indovinate per dar spazio a un’improvvisazione mai fine a se stessa. Si avverte un poco di nostalgia per i tempi lontani, da cui arrivano l’ispirazione e le influenze, però soprattutto si evince il desiderio di perpetuarli e rinnovarli in quest’epoca liquida, ove osare deve ancora essere la parola d’ordine per chi non vuole smettere di sognare. "Katla" è un altro strumentale ricalcante per struttura l’opener, seppur nettamente di minor durata: piace per aggressività e rudezza e per l’ammansimento finale, quasi come se un’aura rilassata, a tratti misteriosa sia pronta a prendere il sopravvento. E in effetti arriva la bucolica "Winter Song", inaspettata ballata progressive folk dal testo postromantico perfino rallegrata dal flauto dell’ospite Walter Dorn e interpretata con semplicità e leggerezza da Blaser. Forse questa è la composizione più debole dell’opera, ma serve da spartiacque tra una prima parte rocciosa, evocativa e psichedelica e un’altra maggiormente rock ed espressiva.

"In My Dreams The Wind Chases Away The Clouds" è difatti la traccia di punta dell’album ed evidenzia inoltre quanto i titoli lunghi siano quasi un’ossessione; le strutture o sequenze comuni di strofa-ritornello-bridge sono deliberatamente spezzate per superare le limitazioni musicali, con batteria, basso e chitarre in sinergia e di inaudita potenza. I ritmi forti in seguito si ammorbidiscono e i Black Cat’s Eye dimostrano pure in tale situazione di avere un cuore melodico, epicentro da cui partono improvvisazioni e partiture studiate ad arte per far viaggiare con la mente l’ascoltatore.

 

“Ispirare a compiere percorsi immaginari attraverso i nostri suoni; se chi ci segue in studio e dal vivo riesce a creare nella sua mente un film, dei paesaggi e atmosfere, influenzato dalla nostra musica, allora abbiamo sviluppato il miglior effetto possibile”, questo è il concetto esplicitato dai ragazzi tedeschi, i quali chiudono l’opera con la cruda e nichilista "Lostlostlostlostlostlostlostlost", una canzone che non sarebbe stata male nella scaletta di Starfish, l’album più famoso dei Church, raffinati cultori di trame neopsichedeliche verso la fine degli anni Ottanta. Si tratta dell’altro brano cantato, stavolta con voce grave e profonda a incorniciare liriche che paiono senza speranza, “Siamo persi…eravamo pazzi, nient’altro che pazzi, il tempo vola così veloce, così fottutamente veloce, trasformando tutto in polvere”.

 

Tensione e rilassamento vanno a braccetto in The Empty Space Between A Seamount And Shock-Headed Julia, un disco davvero intenso, dalle armonie dense e crepuscolari, in cui le complesse trame individuali si infiammano a vicenda e si espandono a spirale verso altezze inimmaginabili. La prima grande prova risulta riuscita e ben focalizzata, dopo l’EP registrato live nell’agosto 2018 e realizzato a inizio 2019, e ora arriva il momento più importante: riusciranno i Black Cat’s Eye ad affermarsi e non rimanere nell’anonimato? Le carte in regola per pensare in grande ci sono, le qualità per affrontare con successo un tour live altrettanto, l’unico scoglio che potrebbe diventare insormontabile è il periodo, ricco di tantissime offerte e con menti poco propense a cercare ed emozionarsi veramente e nuovamente: solo il Tempo, sperando torni a essere ancora galantuomo, ce lo potrà dire, intanto godiamoci l’attimo con questa straordinaria band fuori dagli schemi.