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REVIEWSLE RECENSIONI
25/02/2021
Steven Wilson
The Future Bites
Il nuuovo album di Steven Wilson si avventura in sonorità pop ed elettroniche, contemperando la forza di liriche al vetriolo contro la società dei consumi e all'immediatezza di melodie di facile presa.

Alla fine, ha fatto anche un disco pop. Forse, lo si poteva già sospettare dal precedente To The Bone (2017), in cui la svolta di The Futur Bites veniva anticipata in qualche brano; di sicuro, in pochi si sarebbero aspettati una virata così decisa. D’altra parte, da Wilson, è lecito attendersi di tutto, vista la lunga carriera improntata a un febbrile lavoro che l’ha portato a cimentarsi con svariati, eterogenei progetti. Anche una rapida occhiata al curriculum di Wilson è sufficiente per far sì che qualcuno si chieda dove trovi il tempo. Il musicista, di stanza nel Regno Unito, e frontman dei notevoli Porcupine Tree, ha dato vita anche a realtà di tutto rispetto come Bass Communion, I.E.M., Blackfield, No-Man e Storm Corrosion, portando avanti in modo parallelo anche un’illustre seconda carriera, remixando album rock progressive di King Crimson, Jethro Tull, Yes, per citarne alcuni, e cimentandosi come produttore. In tutto questo guazzabuglio, è riuscito poi, dal 2008, a dare l’abbrivio a una propria carriera da solista (arrivando oggi alla pubblicazione del suo sesto album), e a costruire, oltre a una nomea molto in voga fra gli addetti ai lavori, anche una più che discreta popolarità.

The Future Bites, come dicevamo all’inizio, rappresenta un unicum nella carriera del musicista inglese che, per la prima volta, si muove in una direzione più decisamente pop. Pop, però, da intendersi come lo suonerebbe uno che, oltre a essere un musicista raffinato e un geniale curatore di suoni, ha anche alle spalle un background progressive che emerge, con evidenza, nella forma e nella sostanza di arrangiamenti complessi (meglio precisare, quindi: non troverete in scaletta il singolone spacca classifica).

Come suggerisce il titolo, The Future Bites è una raccolta di canzoni che ruota intorno ai pericoli della tecnologia e soprattutto all'eccessivo consumismo che sta corrodendo la società. Nonostante l’argomento serio e i testi, in tal senso, molto abrasivi, Wilson confeziona brani meravigliosamente e perfettamente realizzati, che ti costringono a pensare, pur nella loro accessibilità melodica. Canzoni divertenti, leggere, a tratti sognanti, e sempre stimolanti, che riescono a suonare incredibilmente contemporanee, nonostante qualche rimando retrò agli anni ’80.

Un mood straniante, dunque, in cui convivono liriche che parlano di deriva etica, di liberismo sfrenato, di egocentrismo, di una società schiava dei social e delle apparenze, a fronte di una musica coinvolgente, danzereccia, tracimante sentimento, contemplazione e irresistibili groove.

  
Le ritmiche alla Peter Gabriel e il funk lento e sensuale di Eminent Sleaze, le atmosfere malinconiche di Man of the People, la dance elettronica di Self, gli umori crepuscolari di King Ghost, conducono alla lunga e percussiva Personal Shopper, fulcro del disco e angosciante pamphlet sui danni perpetrati dal consumismo alla società (“compri la merda che non sapevi ti mancasse"). Un attacco frontale, al vetriolo, senza peli sulla lingua, che innerva di tensione un brano danzereccio e dalla melodia irresistibile.


Nonostante gli argomenti trattati, The Future Bites è il set più potente e commercialmente attraente pubblicato da Steven Wilson fino ad oggi. Un disco che farà storcere il naso ai fan della prima ora e a quelli che da sempre pensano al leader dei Porcupine Tree come la mente più geniale del prog moderno. Ecco, a questo giro, quel prog è preso a morsi, e anche se Wilson, come detto, mostra la propria natura negli splendidi arrangiamenti e nel suono scintillante, quello che troverete in questo sesto lavoro è soprattutto pop. Declinato con l’intelligenza e la modernità di un musicista dalla mente aperta e dall’ispirazione, evidentemente, incontenibile.


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