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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
15/02/2023
Live Report
The Murder Capital, 13/02/2023, Le Trabendo, Parigi
I Murder Capital visti al Le Trabendo di Parigi mi hanno fatto davvero paura, per consapevolezza e determinazione. Che qualcuno li porti anche in Italia, per favore, non sapete che cosa ci stiamo perdendo.

Ci hanno messo un po’ a tornare ma adesso che lo hanno fatto pare abbastanza evidente che intendano prendersi tutto. Non credo che esista alcuna competizione tra queste band che hanno fatto della rivisitazione di un certo Post Punk la loro principale cifra identitaria. Loro stessi fanno fatica a riconoscersi come parte di una stessa scena e lo stesso termine “Post Punk” provoca reazioni piuttosto piccate (eccezion fatta per gli Shame, che non hanno problemi a venire accostati a Fall e affini). Eppure, è difficile pensare che non ci sia neppure un briciolo di sana rivalità; anche solo per il fatto che si tratta di band che hanno iniziato più o meno insieme e che in linea di massima ha sempre condiviso la stessa geografia musicale.

I Murder Capital, irlandesi come i Fontaines DC, hanno pubblicato da pochissimo quel secondo album che tutti i loro colleghi si erano già lasciati alle spalle e l’impressione, almeno del sottoscritto, è che a breve tra loro e tutti gli altri si possa scavare un gran bel solco.

Non è solo che Gigi’s Recovery è un gran bel disco (ne ho già parlato in sede di recensione, non mi dilungo) ma che proprio a livello stilistico James McGovern e compagni sembrano aver trovato la formula magica per rinnovare e rinfrescare una ricetta sonora che già da tempo stava dando segni di stanchezza. Da questo punto di vista se la giocheranno presumibilmente con i loro connazionali sopra menzionati, ma dopo averli visti dal vivo alle prese col nuovo repertorio, non esiterei a puntare su di loro i miei proverbiali due centesimi.

 

Già, il tour. A questo giro i Murder Capital hanno provato a fare un salto, seppure non gigantesco, passando a locali leggermente più capienti di quelli in cui si erano esibiti al tempo di When I Have Fears.

Se infatti tre anni fa ero andati a vederli a Monaco, dove non avevano neppure riempito il piccolo Strom (500 persone) adesso nella stessa città hanno suonato all’Hansa 39, che ne contiene il doppio. Non ho idea se abbiano fatto sold out, ma rende comunque l’idea del tentativo.

A Parigi, pochi giorni dopo, sono di scena a Le Trabendo, storico locale situato nell’affascinante zona del Parc de la Villette, proprio di fianco ad un’altra celebrata venue come lo Zenith. Si parla di 700 persone e la data era esaurita da diverse settimane. Del resto, la capitale francese è per loro quasi una seconda casa, come lo stesso James ha ribadito più volte nel corso della serata: non solo vi hanno appena registrato il disco ma alcuni di loro vi hanno abitato per alcuni periodi. A giudicare dalla partecipazione del pubblico e dalla profonda sintonia che si è creata dopo pochi brani, è abbastanza evidente che abbia detto la verità.

A Parigi ci sono finito anch’io, per la seconda volta all’inseguimento di una band che, mistero dei misteri, in Italia sembra proprio non volerci venire (se si eccettua una partecipazione all’Ypsigrock nel 2019). In effetti, a pensarci bene, sembra veramente assurdo, visto che da noi sono passati gruppi dal sound affine decisamente meno popolari (vedi Italia 90, che oltretutto torneranno a breve, Life o Gilla Band). Il nostro pubblico, per quanto generalmente poco preparato, ha oltretutto accolto a braccia aperte Idles, Shame, Fontaines DC e Dry Cleaning, non si capisce perché non avrebbe dovuto fare lo stesso per i Murder Capital (che certo non potrebbero esibirsi all’Alcatraz ma che, sempre per restare a Milano, un Santeria potrebbero tranquillamente riempirlo). Vedremo se il successo del disco e i feedback senza dubbio positivi di questi primi concerti smuoveranno qualche promoter; nel frattempo, per non rischiare, ho optato per un’altra trasferta, dopo quella tedesca del 2020.

 

Il Trabendo è molto bello ma è organizzato in maniera strana, con una sorta di pit sotto al palco (palco non altissimo, purtroppo, anche se molto spazioso) e tutta una serie di gradini nella parte posteriore, a creare una sorta di anfiteatro su più livelli, comprensivi di una balconata che, tuttavia, non risultava essere particolarmente comoda (l’ho provata appena entrato e ho rinunciato subito, visibilità pessima). Sin dall’inizio risultava comunque gremito fino all’inverosimile, per cui, nel pochissimo spazio di manovra disponibile, la conquista di un gradino è risultata l’unica scelta possibile per vedere qualcosa (e soprattutto per non essere spazzati via dal pogo).

In apertura mi sono ritrovato Junior Boy, che c’era anche a Monaco di Baviera e che deve essere davvero un amico stretto della band, visto che sta aprendo per loro il secondo tour consecutivo in giro per l’Europa. Sono andato a rivedermi quanto scritto tre anni fa e bene o male siamo lì: Folk da Pub, chitarra, cassa, un po’ di Loop Station, voce sguaiata da ubriaco, un songwriting surreale nei testi e decisamente eccessivo nella musica. Si fatica a stargli dietro e, nonostante sia decisamente simpatico e riesca a ingraziarsi facilmente il pubblico, di quello che ha proposto non è rimasto decisamente nulla, se non una spasmodica attesa per gli headliner.

 

I Murder Capital si presentano pochi minuti dopo le 21 (inutile dire che anche qui, in quanto a orari, si gioca in un altro campionato) sulle note preregistrate di “Existence”, che lasciano sfumare prima di buttarsi in “Crying”, come da apertura del nuovo disco. Resa sonora nitida e quasi perfetta (durante gli ultimi brani la pressione del pubblico mi ha spinto un po’ troppo vicino alle casse di sinistra e ho notato che non in tutti i punti del locale si sentiva così bene), amalgama sonoro notevole, per un brano che è uno dei meno immediati di Gigi’s Recovery e che, suonato così, a freddo, avrebbe potuto suscitare qualche problema. Niente di tutto questo: i cinque sono già perfettamente a loro agio e mettono subito in chiaro un concetto importante: il fatto di aver pubblicato un disco poco diretto, incentrato più sulle atmosfere sull’equilibrio tra elementi opposti, piuttosto che sulla mera furia sonora, non rappresenta affatto un limite nelle esibizioni dal vivo.

Il sophomore viene infatti suonato per intero, denotando una maturazione notevolissima da parte loro: se già la prima volta che li avevo visti mi avevano impressionato per la confidenza e la scioltezza dimostrate, a questo giro si sono superati, sembrando un gruppo con vent’anni di esperienza sulle spalle. Sarebbe facile puntare tutto su James McGovern, che è insieme frontman carismatico (i paragoni con Ian Curtis si sono sprecati, ma il suo modo di stare sul palco ricorda molto di più figure come Morrissey o Jim Morrison) e cantante sufficientemente abile, ma la verità è che anche gli altri quattro sono impressionanti, da una sezione ritmica (il batterista Diarmuid Brennan e il cupo bassista Gabriel Paschal Blake, ingobbito sotto il suo cappuccio nero) terremotante ma anche costantemente pronta a sottolineare le parti più elaborate, bravissima nel creare la tensione senza mai rilasciarla, evocando così un’atmosfera di ansia perenne che, ad esempio, ha reso magnifici episodi come “The Stars Will Leave Their Stage”, “The Lie Becomes the Self” e “We Had to Disappear”. E poi due chitarristi come Damien Tuit e Cathal Ropert, bravissimi a compenetrarsi a vicenda (il primo molto più attivo nei fraseggi e nelle parti soliste, il secondo più sulle ritmiche, oltre che in un prezioso lavoro alle tastiere) nonché artefici principali di quell’equilibrio sonoro che ad oggi pare essere l’attributo più importante di questa band. Lo si avverte soprattutto nei brani del nuovo disco, che vengono eseguiti solo leggermente più accelerati, dando loro un po’ più di dinamica, ma stando sempre attenti a non esagerare, in modo tale che non perdano lo spirito originale. Se pestano, lo fanno alla fine, montando gradualmente un crescendo che esplode sì in maniera violenta, ma che viene immediatamente richiamato, come se non fosse quello il momento di dedicarsi alla furia primordiale. È così per “Gigi’s Recovery”, è così per “Return My Head” e “A Thousand Lives”, tra gli episodi più diretti, di cui però i nostri valorizzano il groove, portando il pubblico a ballare, piuttosto che a pogare.

Dall’altra parte, la brutalità viene facilmente espressa da alcuni estratti da When I Have Fears che, in maniera del tutto speculare al nuovo repertorio, vengono invece accelerati e resi più massicci nelle distorsioni: “More is Less”, “For Everything”, “Feeling Fades”, nonché una mostruosa “Don’t Cling To Life” suonata nel finale, provocano un pogo veramente selvaggio, con lo stesso James che si lancia più volte tra il pubblico e canta mentre fa stage diving.

 

Ciò che, a mio parere, rende i Murder Capital superiori a tutti i loro illustri colleghi, è esattamente questo, che sanno variare la formula in maniera talmente abile da risultare efficaci e coinvolgenti sia quando pestano sia quando si dedicano a cose più ricercate. Il pubblico del Trabendo lo ha capito e li ha seguiti qualunque cosa facessero, senza annoiarsi durante i pezzi lenti e aspettando solo di pogare coi vecchi classici (scene viste fin troppo spesso, in piccola parte anche coi Fontaines DC a Milano). Non a caso uno dei momenti più impressionanti di questi 80 minuti scarsi di show è stato l’esecuzione di “Belonging”, ballata dai toni crepuscolari che è sfociata senza soluzione di continuità in “On Twisted Ground”, introdotta dagli accordi di basso di Paschal Blake, che assieme a McGovern ha tenuto su tutta la prima parte del brano; un successivo crescendo da brividi, sottolineato da un silenzio irreale, coi 700 presenti che hanno seguito tutto con una tensione che raramente mi è capitato di registrare ad un concerto in un club.

Può darsi si sia trattato di un caso isolato, ma i Murder Capital visti questa sera mi hanno fatto davvero paura, per consapevolezza e determinazione. Chiudono senza bis, con una “Ethel” intensissima, tirata fino allo spasimo nei ritornelli finali, e con l’ennesima “nuotata” di James sulla folla adorante.

Che qualcuno li porti anche in Italia, per favore, non sapete che cosa ci stiamo perdendo.