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REVIEWSLE RECENSIONI
07/10/2020
Fit For A King
The Path
Metalcore texano con forti influenze australiane alla Parkway Drive. Ne avevamo bisogno? Forse no, ma “The Path” è un buonissimo disco, perfetto per le playlist degli amanti del genere. Riff potenti sporcati di thrash, suono tirato a lucido, buoni testi e ritornelli orecchiabili.

I Fit For A King nascono nel 2007 in Texas, nella città di Tyler, un centro di poco meno di 100.000 abitanti ad un’ora e mezza da Dallas, e fanno metalcore. Il batterista Jared Easterling è l’unico membro rimanente dalla formazione originale ed è affiancato dalla voce di Ryan Kirby, dal bassista e seconda voce Ryan “Tuck” O’Leary e dalle chitarre di Bobby Lynge e Daniel Gailey.

La band ha saputo ritagliarsi un ampio pubblico nel corso del tempo, pubblicando regolarmente nuovi album (questo è il sesto) e puntando ad una buona miscela di metalcore, thrash e metal classico, riff potenti e taglienti, batteria solida, melodie orecchiabili, una buona attenzione sia ai passaggi più accattivanti e patinati sia a quelli che non concedono pietà e un buon livello di scrittura.

Il suono, curato anche questa volta dalla produzione di Andrew “Drew” Fulk, alias WZRD BLD (Make Them Suffer, Dance Gavin Dance, Bad Wolves, Wage War, Crown The Empire, Motionless In White), in particolare in quest’ultimo disco richiama molto il lavoro dei Parkway Drive (vedi anche solo “The Face of Hate” o “The Path”) e non disdegna riferimenti ai riff e alle performance vocali degli Architects (vedi canzoni come “Louder Voice”) o piccole attinenze a band metal più canoniche (come i Pantera), oltre che ad una buona manciata di altri gruppi metalcore della scena americana e non solo (Bury Tomorrow, Blessthefall e buona parte delle succitate band prodotte da Drew Fulk).

L’intenzione e il mood dell’album sono positivi e combattivi, in particolare rispetto al precedente Dark Skies (2018). Se con lo scorso disco ci si tuffava in un oceano di disperazione, pericolosamente vischioso e dalle tinte cupe, con The Path si percorre – per l’appunto – il sentiero verso la luce. Ciò che si respira è il profumo della battaglia contro i propri demoni e, in particolare, persiste quel sentimento di soddisfazione, sangue e sudore di chi sa di stare combattendo le ultime mosse di una battaglia che lo vedrà meritato vincitore. Lo stesso frontman, Ryan Kirby, descrive il loro ultimo lavoro come un album fatto per essere la colonna sonora di una vittoria su ciò che fisicamente e mentalmente ci trattiene e tenta di spingerci verso il fondo.

I testi di The Path, infatti, affrontano e affiancano con una buona penna i riff e le sapienti strutture sonore proposte. La potente “Annihilation”, ad esempio, parla di come accettare e avere il coraggio di distruggere ciò che si è o di ricominciare da zero, al fine di costruire qualcosa di migliore e più forte. Se in molti casi è sufficiente armarsi di una dose più o meno ampia di audacia e temerarietà per risolvere i nostri problemi, altre volte è necessario avere il coraggio di separarsi dalla radice stessa di ciò che ci provoca tanto dolore o ci ferisce, di modo che con un nuovo inizio possiamo rinascere più liberi e forti.

La title track, invece, è probabilmente la migliore sintesi dei temi che i Fit For A King vogliono condividere con il loro pubblico, sia a livello di senso che di scrittura:

«Un'altra valle, un'altra montagna da scalare, alla ricerca della pace, con il caos dentro. Sotto la pressione, sotto il peso del cielo, marciando con follia ma consci della realtà. Distruggendo la paura, ignorando le bugie, abbracciando il dolore. I forti sopravvivono distruggendo la paura, ignorando le bugie. È ora di decidere.

Se ti senti spezzato, se stai sanguinando, se stai morendo dalla voglia di credere in qualcuno, non tornare indietro: hai una storia da raccontare, troveremo la via, la via per uscire dall'inferno.

È tempo di combattere. Quando sorgono i demoni, li uccideremo tutti».

The Path è un percorso verso la luce, la colonna sonora di un combattimento interiore pieno di lampi di luce in un cielo che si sta schiarendo, una voce che abbraccia chiunque stia lottando per dirgli che non è da solo: c’è una strada fuori dalle tenebre anche per lui.

Non sarà il disco metalcore dell’anno, non sarà nulla di rivoluzionario rispetto alle idee proposte nei temi e nelle sonorità, ma ci regala qualche buon inno che attende di essere cantato dal vivo e urlato alle stelle, oltre che una mezz’ora abbondante in compagnia di cinque ragazzoni texani pronti a sfondarci i timpani e darci una pacca sulle spalle. E in fondo, bisogna ammetterlo, non è affatto poca cosa.


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