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REVIEWSLE RECENSIONI
26/01/2023
Oak
The Quiet Rebellion Of Compromise
In perfetto equilibrio fra elettronica e prog rock, The Quiet Rebellion Of Compromise indaga sulla mente con un pugno di canzoni cupe, malinconiche e cariche di pathos.

The Quiet Rebellion Of Compromise è il bellissimo titolo del terzo album dei norvegesi Oak, quartetto che, nella patria del metal estremo, sceglie di imboccare una strada diversa, concependo una miscela affascinante fra elettronica, pop, progressive e post rock, in cui si possono cogliere echi di Ulver, Archive, Porcupine Tree e, per restare sul classico, anche Pink Floyd.

Il disco è una sorta di concept album dedicato al tema delicatissimo dei disturbi mentali, della depressione e delle tendenze suicide, argomento, questo, affrontato nelle liriche scritte dal cantante Simen Valldal Johannesen (baritono profondo e carico di vibrato), dopo un periodo di studio e di approfondimento sulla materia. Che la molla di queste profonde riflessioni sia stato il periodo buio della pandemia e dell’isolamento, foriero di riflessioni esistenziali e di uno sguardo pessimistico sul mondo, è un dato di fatto, così come lo è il mood oscuro, crepuscolare e fortemente malinconico che attraversa le sette canzoni in scaletta.

Le quali, avvolte in una plumbea coltre di fascinosa tristezza, trovano il loro punto di forza nel perfetto equilibrio fra strumenti acustici, alcuni vibranti riff di chitarra (patrimonio genetico della nativa Norvegia) e un intelligente uso di pulsante elettronica, che conferisce al suono dell’album una raffinata versatilità ed è elemento vitale per la resa finale di ogni composizione.

Il drumming di Sigbjørn Reiakvam è basato sul connubio seducente fra batteria e programmazione, e questo mix di percussioni è la vera ossatura di tutto l’album, così come i synth, dal sapore atmosferico e spesso alternati al pianoforte (che è un suggestivo elemento post rock) permeano tutte le tracce, acquisendo un ruolo determinante in brani come "Quiet Rebellion", creando un disturbante sottofondo di dissonanza come quello sottostante lo straniante (e stupendo) assolo di sax di "Sunday 8AM", o seducendo con i toni bassi, carnosi e vibranti di "Dreamless Sleep", un brano pulsante che richiama alla memoria gli Ulver.  

L’uso dell’elettronica, tuttavia, non esclude aperture di prog classico o l’uso della strumentazione tradizionale, che restano elementi importanti in tutta la durata del disco. Ciò avviene, ad esempio, nell’impetuoso riff di chitarra, contrappuntato da poche note di pianoforte, che attraversa "Demagogue Communion" evaporando in una pausa orchestrale su cui sfarfalla un delizioso intreccio vocale a la Yes, fino a un convulso finale post rock, o nell’epica "Paperwings", quattordici minuti a incastro, che si aprono con inquietanti atmosfere trip hop, per poi proseguire tra momenti contemplativi di malinconica desolazione, oscuri intrecci vocali, sferraglianti crescendo post rock, echi pinkfloydiani  e l’naspettato finale ai confini del metal in cui compare, come fulmine a ciel sereno, un destabilizzante cantato growl.

The Quiet Rebellion Of Compromise è un album complesso ma non cervellotico, meditabondo e struggente, che punta sull’omogeneità della proposta, evitando scelte compiacenti (manca un singolo di lancio), alla ricerca, semmai, di un perfetto equilibrio tra sonorità all’apparenza confliggenti. Ci vuole qualche ascolto per cogliere le diverse sfumature di un disco sofferto, reso ancora più ostico dalla voce scorbutica di Simen Valldal Johannesen, respingente, forse, a un primo impatto, ma perfetta per raccontare le inquietudini della mente umana. I testi, belli e ispirati, sono il valore aggiunto di un disco consigliato a chi cerca la perfetta colonna sonora per un giorno di pioggia o per le proprie tempeste interiori.