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REVIEWSLE RECENSIONI
The Self Years (1998/2017)
Diaframma
2017  (Diaframma Records)
POST-PUNK/NEW WAVE ITALIANA
9/10
all REVIEWS
19/12/2017
Diaframma
The Self Years (1998/2017)
Vi diranno tutti di partire da “Siberia” e io invece, provocatoriamente, vi dico di iniziare da qui: avrete delle sorprese inaspettate.

In un primo momento pensavo che questa raccolta non avesse senso. Forse, dico forse, lo pensava pure il gruppo, visto che quando sono andato a vederli recentemente, in una data che pubblicizzava esplicitamente “Presentazione in anteprima del nuovo disco The Self Years”, tutto si è svolto come negli ultimi anni, con l’esecuzione integrale di “Siberia” nella prima parte e i soliti classici dall’altra. Certo, qualche episodio incluso qui dentro c'è stato ma non più di tanto; niente che desse l’impressione che si stesse mettendo al centro questa uscita, insomma.

Del resto, che bisogno ci sarebbe? Non c'è nulla di nuovo qui dentro, se si eccettua la conclusiva “Giorni”, realizzata in collaborazione con “King of Opera” e che, lasciatemelo dire, non fa certo gridare al miracolo.

Eppure, colpo di scena, dopo ripetuti ascolti ho avuto una folgorazione: questo disco ha senso, se inquadrato nella giusta ottica. Partiamo dalle parole di Fiumani: in un’intervista recente il mastermind della band ha dichiarato che queste sono le canzoni che salverebbe da un ipotetico naufragio. Ecco, se consideriamo il criterio utilizzato, vale a dire la documentazione del periodo in cui il gruppo è stato distribuito dalla Self, dal 1998 al 2016 (anche se poi il pezzo più datato è “Le navi del porto”, che è del ’99), allora dobbiamo dire che questa affermazione ha molto senso.

Se c'è un grande pregio che questa raccolta possiede, è proprio quello di mettere bene in chiaro che i Diaframma non sono quelli di “Siberia” e neppure sono morti dopo la fuoriuscita di Miro Sassolini all’indomani di “Boxe”. In poche parole, “The Self Years” dice esplicitamente che oltre ad avere interpretato con lucidità e bellezza i dettami della New Wave, producendo tre indiscussi capolavori, il gruppo di Firenze ha fatto anche altro. Per esempio, è andato avanti per la sua strada, incurante delle mode che passavano, dell’interesse del pubblico che scemava; Federico Fiumani si è messo dietro al microfono e ha continuato a scrivere canzoni, ad incidere dischi uno dietro l’altro. È diventato più cantautorale, forse; ha abbracciato influenze diverse, ha scarnificato il suono rendendolo il più essenziale possibile. Ha abbandonato le metafore, le simbologie e si è messo a narrare della sua vita con crudezza e disarmante sincerità. Negli anni sono arrivate cose belle e cose brutte, cose più ispirate e cose meno ispirate ma questa raccolta evidenzia una cosa ben precisa: i Diaframma hanno prodotto dei classici anche in quest’ultima fase della loro carriera. “I giorni dell’ira”, “L’orgia”, “Francesca 1986”, “La rivolta”, “I figli sopravvivono”, “Vaiano”, “Io sto con te (ma amo un’altra)”, “Madre superiora”. Sono solo alcuni titoli, gli esempi più evidenti di una scrittura che è sempre rimasta di altissimo livello, nonostante l’abbondanza della produzione abbia comprensibilmente partorito anche episodi non degni di nota. Ecco, qui dentro c'è tutto il meglio che Fiumani e compagni (peraltro ormai beneficiati da una formazione stabile, a quanto pare) abbiano inciso per ricordarci che non vivono solo di ricordi sbiaditi. E c'è pure quella “Buchi nell’acqua” realizzata assieme a Piero Pelù, un brano che sa un po' di nostalgia ma che, riascoltato oggi avendo in mente tutto il contesto, funziona sempre benissimo.

Se aggiungiamo che non tutti i dischi usciti nell’ultimo periodo sono facilmente reperibili, acquistarlo colmerà un po' di lacune. Non per veri fan, ovviamente (anche se i più accaniti comprano tutto sempre e comunque) ma per chi volesse scoprirli nel post “Anni Luce” e, addirittura, per chi non li avesse mai ascoltati. Vi diranno tutti di partire da “Siberia” e io invece, provocatoriamente, vi dico di iniziare da qui: avrete delle sorprese inaspettate.