First
Per i pochi o per i molti (mi hanno insegnato che non bisogna dare nulla di scontato) che non li conoscono, i Sisters of Mercy sono un gruppo musicale inglese facente parte del cosiddetto goth rock nato a Leeds nel lontano1980.
Secondo la vulgata classica il nome trae ispirazione da una canzone di Leonard Cohen, "Sisters of Mercy" appunto, utilizzata per creare (ad arte) un'immagine ambigua tra l'idea delle religiose e quella delle persone dedite al mestiere più antico del mondo.
La band fu fondata da Andrew Eldritch (voce) e Gary Marx (chitarra), a cui si aggiunsero Wayne Hussey, fuoriuscito dai Dead or Alive (sì proprio quei Dead or Alive, prima della svolta dance e del successo mondiale di "You spin me around") e subentrato al precedente chitarrista Benn Gunn, e il bassista Craig Adams.
I Sisters of Mercy svilupparono uno stile basato su un mix peculiare: da una parte il recupero della tradizione rock (basti pensare la cover di "Gimme Shelter" degli Stones sull’EP contenente uno dei cavalli di battaglia, "Temple of Love") anche sotto forma di ballad in stile crooner; dall’altra parte la cristallizazione di stilemi dark e - nel tempo - un utilizzo massiccio delle tastiere e di basi elettroniche, con un uso caratteristico della drum machine chiamata "Doktor Avalanche", trattata alla pari di un membro della band.
Una serie cospicua di 7” e 12” pollici – tutti pubblicati dalla label fondata dallo stesso Andrew Eldritch, Merciful Release, le cui prime uscite portavano stampate sul centrino del vinile la frase “rise and reverberate” – con brani che divennero inni anthemici del goth, quali la citata "Temple of Love", "Alice" o "Anaconda", che li condussero a firmare con una major, la Warner Bros, per la pubblicazione del loro primo long playng.
And Last
First and Last and Always uscì nel 1985 ed è universalmente considerato una pietra miliare nel genere, anche se personalmente, come ho già scritto su Loudd, quel disco potrebbe essere considerato l’epitaffio del gothic puro.
Difatti, da un lato il gruppo recuperava un rock sound classico (Andrew Eldritch ha sempre dichiarato il proprio amore verso i Led Zeppelin e verso il glam, in particolare Gary Glitter), dall’altro lato l’utilizzo della drum machine apriva spazi verso un sound ballabile, che anticipava per alcuni versi l’EBM/industrial più easy e “discotecaro”.
Al di là delle personali opinioni, il dato di fatto è che le tensioni interne al gruppo e alcuni problemi personali portarono alla separazione dei componenti, non convinti della direzione da prendere, con uno strascico infinito di polemiche giornaliste e cause giudiziarie tra gli stessi.
Dopo la fuoriuscita di Gary Marx (prima della pubblicazione dell’album), questi successivamente fondò con l’ex cantante degli Skeletal Family, Anne Marie Hurst, l’effimero gruppo Ghost Dance (di cui sono orgoglioso possessore di una copia del primo EP, River of no return, con in copertina il famoso quadro Lady of Shalott di John William Waterhouse) successivamente al tour relativo all’album in oggetto, mentre Wayne Hussey e Craig Adams, formarono un nuovo gruppo chiamato The Mission.
Eldritch invece mantenne la proprietà del nome e formò (dopo aver intentato una causa legale per diffidare Hussey ed Adams dall’utilizzare detto nome) i The Sisterhood. Sotto tale denominazione uscirono l’album Gift e l’EP Giving Ground, quasi esclusivamente musicali e senza cantato, pubblicati, per ammissione dello stesso cantante, al solo fine di liberarsi del contratto discografico che lo vincolava e impedire ai due ex compagni di utilizzare detto nome.
Nel 1987 la band, che nel frattempo aveva sottoscritto un contratto con Wea records, uscì con il secondo album, Floodland, che vedeva Eldritch al fianco di Patricia Morrison, ex Bags, Gun Club e Fur Bible. È molto discusso l’effettivo ruolo della bassista, che non è autrice di nessuno dei pezzi e viene “gratificata” di un semplice "thank you", con il suo vero nome di Ann Ramone, nei credits dell’album. Per alcuni l’avvenente Patricia, che compare sulle cover del disco e dei successivi EP, e che contengono comunque dei brani iconici quali "Lucretia my reflection" e "Dominion", venne utilizzata (presumibilmente di comune accordo) dal cantante per dare maggiore visibilità e appeal alla band. Dopo poco tempo però, anch’essa leverà le tende e, successivamente, diventerà la moglie di Dave Vanian dei Damned (una delle coppie goth più famose ed iconiche); di lei infatti si perdono le tracce nel successivo e ultimo album in studio (dopo seguiranno solo le raccolte dei primi EP) dei Sisters of Mercy, Vision Thing, uscito nel 1990.
Da allora in poi, a seguito di ulteriori (e definitive) diatribe legali con la casa discografica, Eldritch ha smesso di fatto di scrivere canzoni, continuando solo ad esibirsi dal vivo.
And Always(?)
Eccoci quindi qui, nell’Anno Domini 2025, a distanza di 40 anni esatti dalla pubblicazione di First and last and always, a sentire al Castello Sforzesco l’unico concerto italiano del tour dei Sisters of Mercy.
Affluenza discreta (la band negli ultimi anni è passata già altre volte a Milano) con prevalenza di over 40, con dress code classic goth, ovvero vestiti nero ordinanza, veli, calze a rete, borchie, eye liner e rossetto che vira dal nero seppia al deep claret (cosa avranno pensato della mise del buon Andrew, presentatosi sul palco con una sorta di tunica bianca!) e qualche famiglia con prole al seguito.
Come merchandise ovviamente solo t-shirt (anche perché vendere dischi oramai editati in decine di versioni da quasi quarant'anni avrebbe poco senso) vendute ad un prezzo non proprio popolare e con due particolarità: la scritta limitata solo a Sisters, e il logo storico della Merciful stilizzato in modo da apparire molto simile al profilo del buon Eldritch.
Vorrei essere subito chiaro e diretto: alla pari dei recenti concerti di Siouxsie (ascoltata all’Arcimboldi), Federico Fiumani (ovvero Diaframma) e tanti altri gruppi storici che non sto ad elencare, in presenza di band i cui componenti originali, per svariati e diversi motivi, non si esibiscono più insieme, il rischio di un assottigliamento tra i cosiddetti originali e le tribute band, è palpabile e concreto.
Nel caso di specie, il tutto viene mitigato dall’utilizzo da parte del cantante della crew oramai da tempo stabile: Ben Christo e Kay e, ultimamente, la “nurse” di Doktor Avalanche, Frederick Thunder.
Mi domando tuttavia cosa penserebbe lo stesso Eldritch del suo attuale ruolo, posto che, come vedremo nella chicca finale, il medesimo non ha mai nascosto di trovare la parte del cantante limitante della sua (non comune) personalità.
Al di là, tuttavia, delle ragioni economiche evidentemente sottese all’attività live, è d’obbligo riconoscere come tale situazione venga valorizzata e tradotta in un'ampia visibilità concessa a Ben Christo e Kay, che occupano la parte centrale dello stage, mentre Eldritch si sposta con un movimento a pendolo sui lato del palco, all’altezza di un fascio di luce che lo avvolge, tranne nei brani più iconici, dove necessariamente ritorna alla usuale collocazione centrale.
I due partner lo aiutano anche nelle parti vocali, poiché il cantato profondo e gutturale tipico dell’artista, in alcuni punti stenta a incidere con la medesima potenza del passato e quindi il raddoppio fonico aiuta a mantenere il tono vocale dei pezzi.
Partenza alle 21.00 in punto (puntualità sempre apprezzata) e si parte con le danze, con una setlist classica degli ultimi tempi: il medley iniziale "Doctor Jeep" / "Detonation Boulevard", "Don't Drive on Ice", "Ribbons", "Alice", "Crash and Burn", "Summer", "Giving Ground" (cover dei The Sisterhood), "I Will Call You", "Marian", "Quantum Baby", "Eyes of Caligula", "More", "But Genevieve", "I Was Wrong", "Here", "When I'm on Fire", "On the Beach", "Temple of Love".
Encore, tutti tratti da Floodland: "Never Land (A Fragment)", "Lucretia My Reflection", "This Corrosion".
E vorrei farvi notare come dell’iconico primo album viene presentata solo "Marian", quasi a voler prendere le distanze (forse per motivi di persistente attrito?) da altri brani presenti nel disco non scritti dal cantante.
Ritengo la scelta legittima ma penalizzante per il fan; pezzi come "Black Planet", "Nine While Line", "Possession", "No time to cry", “spaccherebbero” la platea, che trova il tripudio nei brani più classici, come "Temple of Love", la sempre bella "Marian", "Alice" e negli encore citati.
In sintesi: un concerto che avrà trovato condiscendenza nella base dei fan che ho visto cantare e ballare in molti brani, per gli altri, come me, è difficile non confessare un retrogusto malinconico, non tanto dovuto all’esecuzione musicale, ma all’impressione di aver saldato un debito col proprio passato.
Chicca Finale
In un precedente articolo pubblicato su Loudd in merito alle fanzine anni Ottanta avevo parlato di Tribal Cabaret una fanza romana (che ha ripreso da qualche tempo le pubblicazioni in rigoroso formato cartaceo) fondata da Daniela Giombini e Romano Pasquini.
Ebbene, i due, dopo aver conosciuto i Sisters of Mercy ad uno show a Monaco nel novembre 1984, invitarono Eldritch a Roma il quale accettò (cose di altri tempi, o forse, anche di oggi, dipende dalla persona e, presumo, anche dal portafoglio dello stesso) e, in un'intervista pubblicata su Tribal Cabaret n. 6, confessò candidamente che stava pensando di sciogliere il gruppo e che aveva già contattato Patricia Morrison e Alan Vega per formare un supergruppo prima della fine dell'anno, come potrete leggere dai fotogrammi qui sotto pubblicati.
Al di là del fatto che l’ironia non è mai mancata al buon Andrew, come dichiarato dal medesimo in un'intervista rilasciata a quattro mani a Federico Guglielmi (nel brevissimo periodo che collaborò con Rockerilla) e Peter Sarram (vedasi cover qui sotto),
nel Gennaio 1998, posto che Alan Vega dice una sola parola in tutto il disco, ciò che mi preme evidenziare in questa postilla è il trovare conferma di quanto sopra scritto nelle stesse parole del diretto protagonista.
Per chi invece (i pochi) avrebbe piacere di sapere dove il rock pulsa con maggiore vigore per chi scrive, restate sintonizzati su Loudd, cercherò di introdurvi ad un gruppo svizzero visto dal vivo nei giorni scorsi e che tornerà in Italia il prossimo autunno.