“Io sono un clown, e faccio collezione di attimi. ... Tutti sanno, cioè, che un clown dev'essere malinconico per essere un buon clown, ma che per lui la malinconia sia una faccenda seria da morire, fin lì non arrivano”. Scriveva così, Heinrich Boll, nel suo celebre Opinioni Di Un Clown (1963), feroce critica all’ipocrita società borghese tedesca che, dopo aver sostenuto, o quanto meno accettato passivamente, il nazismo, negava il passato, proponendo una sorta di “rinascita” in base a valori fino al giorno prima rinnegati.
Parole che, decontestualizzate, possono ben adattarsi al tema di The Tracks Of My Tears, super hit del 1965 scritta da Smokey Robinson, Pete Moore e Marv Tarplin e inserita nel 2007 nella Grammy Hall Of Fame. Un successo, ai tempi, clamoroso (la canzone scalò le classifiche americane e inglesi), poi riverberatosi nel corso degli anni, grazie alla cover che ne fece Linda Ronstadt nel 1975, e alla sua presenza nella colonna sonora del film Platoon di Oliver Stone, in quella famosa sequenza in cui i soldati, dopo aver fumato oppio, cantano e ballano abbracciati sulle note del brano.
Questo struggente ballatone soul, attraversato da un’amarezza e una disillusione senza pari, parla di quelle persone che tengono tutto dentro, che non esternano il dolore e la tristezza interiore, che sigillano la propria anima per renderla impenetrabile agli occhi altrui. Il protagonista di The Track Of My Tears è un uomo che nasconde la disperazione per una storia d’amore finita, dietro una maschera da pagliaccio: un uomo sempre pronto al sorriso e allo scherzo (People say I'm the life of the party, 'Cause I tell a joke or two, Although I might be laughing loud and hearty), mentre nel profondo del suo cuore, però, cova una mestizia senza requie e il vuoto per una perdita che mai potrà essere colmata (Oh, I need you (need you), need you (need you, Hey yeah, outside I'm masquerading, Inside my hope is fading, Just a clown oh yeah, Since you put me down, My smile is my make up). Un uomo che soffre in silenzio e che preferisce passare per un pagliaccio per non svelare al mondo il proprio sprofondo interiore.
C’è anche un monito implicito nel verso finale If you look closer, it's easy to trace The tracks of my tears: è facile giudicare le persone dalle apparenze, ma se uno va a fondo e si mette nei panni altrui, spesso può rendersi conto che le cose non sono esattamente come sembrano e che dietro a un sorriso può nascondersi l’inferno.
Ultima curiosità. Tra le tante cover del brano, giova ricordare quella che, nel 1986, ne fece Billy Bragg, il quale invertì le parole del titolo (che divenne The Tears Of My Tracks), per raccontare la storia di un uomo costretto a vendere la propria collezione di dischi. Non è forse un dolore immenso anche questo?