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REVIEWSLE RECENSIONI
24/02/2018
The Sideshow Tragedy
The View From Nowhere
I The Sideshow Tragedy apparecchiano un disco ruvido, fuligginoso e poco accomodante, in cui rimasticano con originalità indie una materia classicissima

Band di stra-nicchia, i The Sideshow Tragedy sono un duo di blues/roots/rock proveniente da Austin, Texas, e composto dal chitarrista e cantante Nathan Singleton e dal batterista Jeremy Harrell. E questo è più o meno tutto quello che si sa della band, oltre al fatto che Singleton, vero artefice del progetto, è cresciuto masticando tonnellate di blues tradizionale (pare che il padre fosse un fanatico collezionista) e si è fatto le ossa suonando in solitaria in parecchi locali dell’East Texas.

Fatta questa breve premessa, utile per avere almeno un paio di coordinate su chi sono i The Sideshow Tragedy, bisogna dire immediatamente che è difficile credere che il disco sia suonato da solo due musicisti. L’impatto, nonostante la produzione scarna di Kenny Siegal e le sonorità quasi in presa diretta, è deflagrante e si ha l’impressione di essere di fronte a una line up di quattro, cinque elementi.

Nonostante il binomio batteria - chitarra non sia certo una novità, la peculiarità del combo texano sta nel fatto che Singleton suona una resonator guitar, elemento distintivo che sposta il suono della band verso un terreno decisamente più roots, evitando che la scaletta si impantani in scontati deja vu.

Decisamente meno duri dei Royal Blood (che però usano un basso distorto e non la chitarra), meno stilosi dei Black Keys, e meno essenziali e garage dei White Stripes, i Sideshow Tragedy (nome ispirato a un poema di Arthur Rimbaud) rivisitano il genere con un mood cupo e nervoso, con poche concessioni alla melodia e qualche spostamento verso sonorità funky.

Pur avendo la band uno stile ben delineato, si percepiscono in scaletta richiami stilistici importanti: a Keith Richard (una delle fonti d’ispirazione dichiarate dallo stesso Singleton), a Lou Reed (fatte le debite proporzioni, lo ricorda in qualche modo la voce di Singleton e l’incedere ieratico della title track), e ad altri mostri sacri quali Morphine e Nick Cave, da cui il duo eredita atmosfere inquiete e notturne.

Smaccatamente roots nella selvaggia Piston Blues, inaspettati nel funk ansiogeno di Time To Taste, drumming in controtempo e il sax nervoso di Ben Senterfit a sparigliare le carte in tavola, arrembanti nei tamburi battenti che aprono la conturbante For Your Love, vagamente melodici nella quadrata Nobody e nel riff quasi hard di Trust, i The Sideshow Tragedy apparecchiano un disco ruvido, fuligginoso e poco accomodante, in cui rimasticano con originalità indie una materia classicissima. Esordio coi fiocchi, ma non facilmente reperibile in formato fisico. Presente, invece, sulle consuete piattaforme digitali.