“Non mi sarei mai aspettata un successo del genere per il nostro Tour Europeo. Dentro di me rimangono memorie indimenticabili. Spesso, dopo una lunga serie di show esaltanti, l’unico desiderio è di staccare e di tornare a casa, ma stavolta non è stato così: l’entusiasmo e l’unità del nostro gruppo, dai promoter ai roadies, fino ai fenomenali musicisti coinvolti, hanno reso quest’esperienza unica e speciale nella mia carriera”.
Ascoltare il documento che presenta il meglio di questa serie formidabile e interminabile di esibizioni avvenute tra il 1985 e il 1987, non fa che confermare le parole di Tina Turner. Una band eccezionale, ben amalgamata, pilotata dal carisma indiscusso di una star della musica, ha trasformato un lotto di canzoni già di per sé notevoli in qualcosa di epico, con un’interpretazione vocale che tocca le corde dell’anima, ma non solo. Sono anche gli arrangiamenti a stupire per vitalità, modernità e coinvolgimento totale degli artisti presenti; quasi tutte le versioni proposte sono di gran lunga migliori di quelle in studio e le cover e i duetti inseriti brillano di luce propria, creando una nuova interessante alternativa all’originale.
La prima parte di questo doppio LP paga giustamente pegno ai brani che hanno riportato in auge la Turner dopo un periodo funesto e quindi sfilano uno dietro all’altro, con un’energia inarrestabile, "What You Get Is What You See", "Break Every Rule", la brillante rilettura di un classico di Ann Peebles, la superba "I Can’t Stand the Rain", la rilassata "Two People" e la frizzante "Girls", regalo dell’amico David Bowie, personaggio che avremo il piacere di incontrare pure più avanti. Sono tutte hit che arrivano dai due dischi della nuova consacrazione, ossia Private Dancer (1984) raffinato amalgama tra pop, rock e la tradizione R&B, e Break Every Rule (1986), osannato seguito in cui fa capolino anche qualche sfumatura country.
Se infatti i Sixties portano in dote successo e celebrità al duo Ike & Tina Turner, la decade successiva conduce al divorzio, non solo artistico e, tristemente, Ike si rende colpevole di una serie di intollerabili maltrattamenti che segneranno fisicamente e psicologicamente Tina, la quale faticherà per anni a riprendersi il meritato ruolo di star nel music business. Ma Anna Mae Bullock, questo il suo vero nome, non demorde, pur vivendo momenti molto difficili, a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta: la ricordiamo nel 1979 pure qui in Italia, come performer regolare durante il penoso varietà Luna Park, con Baudo e la Parisi, e praticamente fino al 1983 viene considerata “a nostalgia act”, esibendosi più che altro negli States, tra sale da ballo improvvisate negli hotel o piccoli club.
La musica, comunque, spesso concede una seconda possibilità a chi è tenace e artisticamente dotato: nel novembre di quell’anno la Turner si butta sul genere che più ha amato e sente nel profondo del suo cuore, e, grazie all’aiuto del manager Roger Davies e dell’amico Rod Stewart, approda alla Capitol Records, collabora con il team di produzione britannico B.E.F., e rivede la luce con la rilettura di un classico di Al Green, l’evergreen "Let’s Stay Together" (presente ovviamente in questo live in una versione stratosferica), che ottiene un riscontro commerciale notevole. Il resto è storia, cioè riporta alla clamorosa rinascita per merito degli LP citati, oltre ai quali occorre assolutamente ricordare un altro successo incredibile, "We Don’t Need Another Hero (Thunderdome)" (1985), uno dei brani più famosi di tutta la carriera, dal film Mad Max oltre la sfera del tuono, ove la cantante americana ha pure il ruolo di attrice principale, a fianco di Mel Gibson, e le fortunate partecipazioni alla registrazione di "We Are the World" al Live Aid.
Ovviamente anche "We Don’t Need Another Hero" splende in quest’opera registrata in svariati scenari, dai mitici Camden Palace e Wembley Arena di Londra a Birmingham, da Dortmund a Stoccolma, a dimostrazione dell’affetto riscosso dal pubblico di tutto il Continente. La scelta di compositori raffinati come Mark Knopfler, Terry Britten e Graham Lyle, abbinata a melodie azzeccate per esaltare la voce carismatica della “Regina”, rendono queste canzoni degli instant classic: "Typical Male", "Back Where You Started", l’“ombrosa” "Private Dancer", "Better Be Good to Me", il suo singolo di maggiori vendite "What’s Love Got to Do with It" e "Show Some Respect" sono incandescenti e dimostrano la loro caratura ancor meglio dal vivo, esaltate anche da una band di fenomeni, capeggiata dallo storico compianto John Miles, l’autore della celebre "Music", alle tastiere e cori insieme a Ollie Marland, e resa fantasiosa dalle incursioni al sassofono di uno scatenato Deric Dyer. Il cuore pulsante del ritmo è in buone mani con Bob Feit, Jack Bruno e Steve Scales, rispettivamente a basso, batteria e percussioni, mentre le chitarre sono al top con James Ralston e Laurie Wisefield. Non sono poi mancati turnisti speciali in alcune occasioni particolari, su tutti l’ex Dire Straits Alan Clark e il polistrumentista Gary Barnacle.
Esibirsi con un gruppo così sontuoso all’interno di palazzetti e stadi sold out poteva già essere sufficiente per chiunque, ma qui si parla di Tina Turner, una donna ora felice e vincente, che trova proprio in quel frangente l’anima gemella in Erwin Bach (lo sposerà solo nel 2013, dopo 27 anni di romantica relazione amorosa) un dirigente della EMI, etichetta discografica europea a lei collegata. Così sceglie di fare sempre tutto più in grande, azzeccando la cover di un pezzo, "Addicted to Love" di Robert Palmer, che diventa uno dei più apprezzati eseguiti live, e rispolverandone altre di altissimo livello per interpretazione e arrangiamento; a ciò aggiunge una manciata di riusciti duetti e un paio di suoi storici classici dell’epoca di Ike. Il risultato finale è strepitoso.
Il disco 2 comincia così con un mini-tributo a Wilson Pickett: "Land of a Thousand Dances", "In the Midnight Hour" e la fenomenale "634-5789", in cui compare Robert Cray, sono una selvaggia miscela esplosiva e incarnano perfettamente il fascino della Turner, luce conturbante e misteriosa oscurità, malinconica con furore. Cray permane anche per un altro standard, "A Change is Gonna Come" di Sam Cooke e l’emozione macina il profondo dell’anima: la sua chitarra è lancinante e la voce della Regina del Rock and Roll fa scendere qualche lacrimuccia, pensando alla valenza sociale della composizione, storia di generazioni e generazioni discriminate assurdamente solo per il colore della pelle. Il ripescaggio di "River Deep-Mountain High" e "Nutbush City Limits", dal tumultuoso periodo con Ike, fa invece pensare a una complicata, ma avviata riappacificazione con il passato. La Tigre Indomabile canta con l’anima, infatti, le sue interpretazioni sono molto sentite, ed evidenziano la bellezza melodica della prima e la romantica irruenza della seconda, una delle rare tracce autografe.
"Tearing Us Apart" e "It’s Only Love" cavalcano l’onda del successo commerciale, ma pure della riuscita partnership con due personaggi al loro momento top negli eighties. Eric Clapton con August e Bryan Adams con Reckless stanno facendo sfracelli e i rispettivi singoli ottengono vasto airplay. Una menzione particolare, poi, la merita la comparsata dell’amico David Bowie, sempre pronto a sostenere Tina nei momenti più delicati e ora elegante “sparring partner” nella deliziosa "Tonight", riletta in modo entusiasmante, con il pubblico in visibilio e Tina orgogliosa dell’esecuzione, e nell’emblematico funk rock "Let’s Dance", pietra miliare del songbook del Duca Bianco.
“Inizialmente avevo evitato di mettere in scaletta Proud Mary, perché era un classico che avevo cantato spesso per tanti anni nella mia carriera. Alla fine decidiamo di inserirlo nella data di Rotterdam e da allora diventa parte integrante della setlist: ho ancora la pelle d’oca a pensare alla risposta della folla. Una vera “eruzione” gioiosa, con tutti gli spettatori coinvolti a cantare insieme a noi”.
"Proud Mary" rappresenta difatti il climax dello show, è straripante. Mary, Tina, la Band e il pubblico sono un tutt’uno e tuttora, parafrasando il testo, rotolano nel fiume. Un ulteriore pezzo da delirio collettivo è il rifacimento di "Help" dei Beatles; lenta, inizialmente irriconoscibile, ma così piena di pathos, scava un tunnel nel cuore dell’ascoltatore e sicuramente rientra tra i tanti cavalli di battaglia di questo tour e LP, che per il finale, dopo un'altra incursione nel mondo di Mark Knopfler con "Overnight Sensation", chiude con "Paradise is Here".
Abbiamo visto e analizzato che la seconda parte dello show ha puntato su uno sguardo al passato, tra riletture storiche e una piccola “sbirciata” fra le hit leggendarie della performer americana, e su ospiti azzeccati, motivati e motivanti, ma l’ultima canzone è un ritorno alla gloria attuale. Scritta da uno dei compositori più sottovalutati su questa Terra, l’irlandese Paul Brady, musicista di gusto e stile sopraffino, decima traccia di Break Every Rule, viene introdotta da una Tina in visibilio proprio in modo commovente, sfruttando il titolo per celebrare l’apoteosi vissuta dall’artista e i suoi compagni con i fan: “Stanotte voglio fare ancora una canzone per chiudere la serata, perché stanotte… il paradiso è qui!”. "Paradise is Here" parte con un fraseggio di sax avvolgente, accarezza i sensi con le sue dolci strofe ed entra nel profondo dell’animo con quel romantico ritornello, “But right now, I need your loving, right now, give it to me”, da cantare a squarciagola. Un piccolo capolavoro misconosciuto, una ballata old style dove la malinconia si tramuta in serenità, con equilibrio tra immediatezza e raffinatezza.
Tina Turner prosegue la sua mirabolante parabola di successo con il pluripremiato Foreign Affair (1989) da cui i singoli best sellers "The Best" e "I Don’t Wanna Lose You"; da citare anche Wildest Dreams (1996) e l’ultimo lavoro in studio Twenty Four Seven (1999). L’attività dal vivo termina nel 2009, quando vengono celebrati i cinquant’anni di carriera. Inoltre non mancano, dal 1990 a oggi, svariate raccolte e progetti (documentari e musical) per celebrare una delle più grandi voci e interpreti a cavallo di due secoli. Una donna forte, generosa, che ora vive da tempo ritirata in Svizzera, toccata da malattie gravi e terribili disgrazie personali, come la morte di due dei suoi figli. Rimane per tutti l’indiscussa Regina del Rock and Roll, un’incredibile artista dal coraggio inarrivabile, capace di trovare sempre stimoli da ciò che più ha amato e le ha salvato la vita nei momenti difficili: la Musica.