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REVIEWSLE RECENSIONI
20/05/2025
Bnkr44
Tocca il cielo
Con Tocca il cielo, i Bnkr44 cercano di abbattere le mura del loro bunker nella periferia empolese e di ritagliarsi uno spazio nell’hip hop urbano italiano. Tuttavia, i ragazzi di Villanova non riescono forse a esprimere pienamente il loro potenziale, restando troppo legati all’estetica da eterni adolescenti ribelli. Il risultato è un album fresco e giovane, arricchito da importanti featuring (su tutti Tedua), ma che fatica ancora a scrollarsi di dosso l’estetica patinata da boy band, con una proposta musicale e visiva che rimane ancorata a un immaginario che limita le reali potenzialità artistiche del gruppo.

Il nuovo album dei Bnkr44, Tocca il cielo, è uscito il 4 aprile, giorno del quinto anniversario del gruppo, sotto l’etichetta Universal Music e si distingue per le sue sonorità eterogenee e interessanti, spaziando dall’atmosfera elettronica e malinconica da manifesto generazionale di “Spa Cabaret”, un brano che mescola elettronica e punk con un’energia riflessiva, alle linee vocali cariche di auto-tune di “Right Way”, che ricordano molto lo stile psichedelico di Tha Supreme. Skyline” è invece una fotografia urbana al tramonto, dove la solitudine si fonde con la speranza, catturando l’atmosfera sospesa dei sentimenti giovanili. Nonostante ciò, i temi affrontati dai Bnkr44 - tra illusioni, sogni infranti, disincanto e sbronze esistenziali - suonano ormai come già sentite: emozioni vere, ma raccontate sempre allo stesso modo, con il rischio di diventare prevedibili.

 

Tocca il cielo esplora dunque nuove traiettorie sonore, ma senza mai recidere del tutto il legame con le radici hip hop del collettivo. Questo mix dona al disco una freschezza coinvolgente, anche se a tratti risulta un po’ dispersivo, come se l’urgenza di sperimentare prevalesse sulla coesione. Tra le tracce, impossibile non segnalare la vera hit del progetto: “Club 44”, un banger travolgente che vede la partecipazione della stilosissima Ele A, una delle voci più originali del rap contemporaneo. Il pezzo vibra di un’energia contagiosa, perfetto equilibrio tra stile, ritmo e personalità. La combo fra il collettivo toscano e la rapper svizzera è micidiale:

“E stiamo nei bunk?r, mica nei locali pettinati

O negli USA a fare party come Miley

Non ti capisco, come parli?

Ti rispondo: "Okay, okay" come Tyler”

 

Due i brani “sanremesi” presenti nel disco: da una parte “Governo Punk”, l’urlo corale di ribellione con cui il gruppo ha calcato il palco del Festival 2024, dall’altra la sorprendente reinterpretazione di “Quale idea” insieme al compianto Pino D’Angiò. Con quest’ultima, il collettivo empolese è riuscito ad attualizzare un classico della disco anni ‘80 donandogli nuova linfa, senza snaturarne l’identità ma filtrandolo attraverso la loro cifra stilistica hip hop, fresca e urbana. Una cover che convince e diverte, restituendo allo stesso tempo rispetto e originalità.

 

L’album però si perde un po’ tra le sue 17 tracce, ricche di spunti e featuring interessanti, ma penalizzate da una coesione stilistica incerta. La mancanza di un’identità forte e definita fa sì che alcune canzoni finiscano per assomigliarsi troppo, come fotocopie l’una dell’altra. Forse, come suggerisce lo stesso collettivo toscano ne Il miglior nemico” - un riuscito episodio indie-rock del disco - il vero ostacolo da superare sono proprio loro stessi: la paura di abbandonare il terreno conosciuto, quell’habitat musicale di periferia in cui sono nati, quell’hip hop urban con influenze elettroniche a cui sembrano ancora troppo legati per poter davvero evolvere.

In questo mare di ripetizioni, più che di evoluzioni, fra alti e bassi, “Mare di chiodi” emerge con forza come il brano più solido e originale del disco. La collaborazione tra l’attitudine ribelle dei Bnkr44, la penna cruda e affilata di Tedua e la delicatezza emotiva di Emma Nolde dà vita a una traccia intensa, che suona come una lettera d’amore mai inviata: un messaggio scritto di getto nelle note dell’iPhone, sospeso tra malinconia e speranza, tra l’urgenza di parlare e la paura di essere ascoltati. Un flusso di coscienza sincero e struggente, che resta lì, in bilico tra ciò che siamo stati e ciò che non abbiamo mai avuto il coraggio di dire, come a raccontare l’incomunicabilità profonda di una generazione che sente tutto, ma spesso tace.

Un urlo che non trova voce, un lamento elegiaco, una richiesta d’aiuto scritta con le dita tremanti e il cuore in gola: pronta a volare via con un clic, eppure condannata a restare inespressa, intrappolata sul nascere.

Nelle bozze del telefono.