Cerca

logo
REVIEWSLE RECENSIONI
11/07/2024
The Blow Monkeys
Together/Alone
L'ennesimo, ottimo disco di sophisti-pop, a firma Blow Monkeys, rapisce per varietà di linguaggio musicale e l'eleganza degli arrangiamenti.

Era sicuramente uno dei musicisti più talentuosi della scena pop britannica glamour degli anni '80. Eppure gli è sempre mancato qualcosa per essere al top accanto a frontman come George Michael, l’amico Paul Weller o Boy George, solo per citarne alcuni. Non è stato certo perché gli mancassero abilità come cantante, compositore e interprete, ed era anche un ragazzo di bell’aspetto, che si presentava al pubblico cavalcando con stile le mode del momento. Semplicemente, Robert Howard, alias Dr. Robert oltre che leader dei Blow Monkeys, è rimasto nelle retrovie perchè non gliene fregava un cazzo, nonostante alcuni successi che, ai tempi, scalarono le classifiche britanniche (Digging Your Scene, It Doesn't Have To Be This Way, Wait).

Non sono mai stato una pop star così di successo da non poter più uscire per strada, non volevo esserlo", parole, queste, pronunciate dall’ormai sessantreenne musicista scozzese, non più tardi di un anno fa, che testimoniano di una personalità schiva, concentrata sul proprio lavoro, indifferente all’esposizione mediatica, eppure, oggi come allora, più ispirata che mai.

La quale, dopo una lunga pausa tra il 1990 e il 2007, ha ripreso in mano la propria creatura, pubblicando album con cadenza regolare. L’ultimo, uscito qualche settimana fa, s’intitola Together/Alone, e vede all’opera, oltre a Dr. Robert, anche il sassofonista Neville Henry e il bassista Mick Anker (entrambi membri originari della band) e il batterista Crispin Taylor (nella line up dal 2017).

E’ ancora sophisti-pop esattamente come ai bei tempi andati: un sottogenere che incorporava anche elementi jazz e soul, e si esprimeva attraverso arrangiamenti eleganti e raffinati, che non disdegnavano l’uso dei fiati e degli archi.

In tal senso, questo nuovo lavoro conferma la vasta gamma di stili con cui i Blow Monkey da sempre si cimentano con grande consapevolezza. In scaletta, è possibile, dunque, ascoltare frizzantissimo funk (ad esempio in "Not The Only Game In Town"), ballate trasudanti sentimento ("Cards On The Table"), malinconici struggimenti avvolti negli archi ("Stranger To Me Now") elementi jazz, glam rock che richiama alla mente il grande Marc Bolan, pop anni cinquanta ricamato dagli ottoni ("Rope-A-Dope") e un pizzico di folk. Ovviamente, poi, anche tantissimo soul, segno distintivo di un artista cresciuto con il northern soul e la musica della Motown, un patrimonio genetico che ben si adatta al timbro vocale e al sognwriting del nostro amato dottore.

La sua voce, che è sempre stata liscia come la seta, è diventata più profonda e più rotonda nel corso degli anni, e quella che si ascolta oggi, con quel toco vagamente teatrale, è, a parere di chi scrive, di gran lunga più coinvolgente di quella giovanile. Ulteriore elemento di forza di un disco come sempre elegantissimo, la cui varietà va di pari passo alla qualità di scrittura. Si potrebbe obbiettare che forse manca un brano capace di aggredire le classifiche, ma credo che a Robert Howard importi davvero poco. Qui, semmai, conta la cura artigianale di brani ricchi di pathos e di atmosfera, e quel tocco da dandy raffinato che porta le dodici canzoni in scaletta nella dimensione fuori dal tempo di un pop che non smette mai di ammaliare.