A poco tempo di distanza da Tre colori - Film blu Krzysztof Kieslowski esce con il suo Film bianco, secondo tassello della Trilogia dei colori, trittico che muove i suoi passi a partire dalla bandiera francese e che abbina a ognuno dei suddetti colori una parte del motto fondante della Repubblica d'oltralpe: Liberté, égalité, fraternité.
Dopo la libertà esplorata in Blu ora tocca quindi all'uguaglianza, valore da prendere come già nel film precedente in senso lato: non è sufficiente pensare all'uguaglianza tra esseri umani per capire ciò che il regista polacco vuole trasmetterci con questo secondo episodio, è un'uguaglianza quella di Kieslowski che va ricercata nelle pieghe di un racconto che ogni spettatore interpreterà secondo il suo sentire, enigmatico nel giustapporre trama e significato, nonostante la costruzione del plot sia qui più costruita, più "facile" se vogliamo, che non in Blu che rimane un film più intimo, con un lavorio interiore più che di eventi che invece in Bianco hanno una consequenzialità classica e uno sviluppo limpido.
Non c'è candore però in questo Bianco; se come anche la musica ci insegna il blu è colore della tristezza, coerente con il film omonimo, il bianco è quello della purezza e del candore, non troppo presenti nel film se non nella sequenza con Julie Delpy in abito da sposa, candida nella sua bellezza, ma è un ricordo del passato, per il resto qui anche la neve è sporca e macchiata.
Dominique (Julie Delpy) e Karol (Zbigniew Zamachowski) stanno affrontando in tribunale una procedura di separazione, la giovane francese contesta al marito polacco il fatto che da quando si sono sposati non sono mai riusciti a consumare il matrimonio, questo a causa di un problema legato all'impossibilità sopraggiunta di Karol nell'avere rapporti sessuali. L'uomo è ancora profondamente innamorato della donna che resta però ferma sulla sua decisione, tanto da cacciare di casa il marito costretto a dormire per strada o nelle stazioni della metro di Parigi, senza un soldo e con l'unica compagnia di una valigia con i suoi pochi averi.
È proprio nella metro che Karol conosce il connazionale Mikolaj (Janusz Gajos), l'uomo si offre di aiutare Karol a tornare in Polonia, da suo fratello, al suo paese d'origine dove Karol esercitava il mestiere di parrucchiere. C'è però una condizione: una volta giunto sul posto Karol dovrà aiutare un uomo, incapace di compiere il gesto da solo, a togliersi la vita. Una volta giunto in Polonia la vita di Karol prenderà una svolta inaspettata, la Polonia non è proprio la Francia, le possibilità in un Paese in apertura sono molteplici, l'importante e saperle cogliere e magari, in un modo o nell'altro, tentare di riallacciare i rapporti con l'amata Dominique, ormai lontana in quel di Parigi.
Il film si apre, come il precedente, con una bella trovata di Kieslowski, un montaggio alternato tra le azioni del protagonista e il percorso della sua valigia che molta importanza assumerà più avanti nel corso del film. Questa volta il regista polacco rende da subito evidente il collegamento tra la sua opera e il motto francese, inquadrandolo chiaramente sulla facciata dell'edificio dove si tiene l'udienza di separazione e che riporta a grandi lettere scolpite proprio la dicitura Liberté, égalité, fraternité.
Uguaglianza dunque, la richiede in maniera esplicita il protagonista Karol al giudice, l'uomo si sente discriminato a causa della sua lingua madre (è polacco come Kieslowski), mentre il colore bianco è richiamato come già detto nella sequenza dell'abito da sposa, nel paesaggio innevato della Polonia, dalla presenza fugace di un colombo. E' però meno evidente nell'uso della fotografia rispetto a quel che accadeva nel precedente Blu, dove spesso e volentieri virava nei toni della tinta in questione, qui invece i rimandi sono accenni, naturali condizioni di paesaggio, tutto più concreto come l'incedere della vicenda, più costruita rispetto al capitolo precedente.
A richiamare il progetto comune c'è una brevissima comparsa di Julie (la stessa Binoche) di Film Blu e ritorna la scena di un anziano in difficoltà che tenta di gettare una bottiglia di vetro in una campana verde, sequenza che riporta alla mente l'episodio dedicato alla libertà. Nello sviluppo della vicenda il regista tratteggia una Polonia in apertura al libero mercato e dove le possibilità sono sì in aumento, ma portano con loro anche la possibilità di mettere da parte scrupoli e indole onesta, abbracciando nuove possibilità economiche che nascondono lo sporco che qui Kieslowski rende invece molto evidente. Un lato diverso dell'amore, del dolore provocato da un rapporto, qui affrontato con piglio meno intenso, più divertito e canonico. Non all'altezza del precedente Blu ma anche Bianco si difende più che bene.