Tanto è stata osannata da critica e pubblico la prima (bellissima) stagione di True detective quanto criticata e poco apprezzata questa seconda, che rispetto alla precedente si presenta in effetti con un bello scarto da ciò che gli spettatori avrebbero potuto aspettarsi dalla testa e dalla penna di Nic Pizzolatto. Ma se non ci fosse stato ad aprire le danze quel viaggio incredibile verso Carcosa, avremmo disprezzato poi così tanto questa immersione nel corrotto mondo della città di Vinci? Probabilmente no. Intendiamoci, non è che questa seconda stagione sia priva di difetti, anzi, ne ha diversi e nell'economia globale degli otto episodi questi a più riprese vengono fuori, pesano e si fanno sentire, nel complesso però chi scrive non si sente di condannare una narrazione che presenta comunque diversi motivi di interesse ed è stata confezionata con grande professionalità, fermo restando l'indubbia distanza dall'esordio che vide protagonisti Harrelson e McConaughey qui rimasti in veste di produttori esecutivi. Se l'anno precedente si era imbastita una narrazione fatta di omicidi seriali, sentori arcani, ricostruzione precisissima, qui si affonda nella corruzione e nel noir e come spesso accade con questo genere, e lo sottolineo venendo fuori da poco dalla lettura di Questa tempesta di Ellroy, uno che può a pieno diritto essere considerato il re del noir, le trame e le sottotrame sono talmente ingarbugliate che non è affatto improbabile perdere il filo della narrazione e a tratti subire una sensazione di smarrimento e di perdita di lucidità, sensazione che non manca di emergere anche durante la visione di questa stagione di True detective.
Vinci (ispirata alla reale Vernon) è una città del distretto di Los Angeles: scarsa popolazione, un mare ininterrotto di acciaio, asfalto, industrie e una corruzione a livelli tra i più alti di tutti gli Stati Uniti. In questo territorio disastrato si incrociano le giurisdizioni della polizia cittadina, di quella della Contea di Los Angeles e quella della polizia di Stato. Nel passato del detective Ray Velcoro (Colin Farrell) c'è qualcosa di oscuro, una soffiata da parte di un imprenditore legato a tutto ciò che a Vinci c'è di illecito, Frank Semyon (Vince Vaughn), consegna a Ray il nome dello stupratore di sua moglie. Nel presente Frank sta per chiudere un grosso affare legato alla linea dell'alta velocità; il suo socio e consigliere della città Ben Caspere però non si presenta a un incontro fondamentale per la chiusura dei contratti, verrà trovato morto dall'agente della stradale Paul Woodrugh (Taylor Kitsch), un reduce di guerra tormentato e ingiustamente accusato di molestie sessuali da un'attricetta di Hollywood. In contemporanea in città si trova anche la polizia della Contea che nella persona del detective Antigone Bezzerides (Rachel McAdams) sta indagando su un giro di prostituzione. Al momento dell'omicidio di Caspere si presenta un problema giurisdizionale, verrà così creata una task force che coinvolgerà i vari dipartimenti e che vedrà collaborare Velcoro (in odore di corruzione), la difficile Bezzerides e Woodrugh, ognuno dei loro diretti superiori ha scopi reconditi precisi che vanno ben oltre l'indagine di omicidio avvenuto in una città dove i problemi sono molto più profondi e i personaggi chiamati in causa, a partire dal sindaco Chessani (Ritchie Coster), tutt'altro che puliti.
Come accennavamo sopra, inutile cercare di raccapezzarsi proprio su tutte le svolte di trama e sugli intrecci di corruzione in una città che vive in pratica solo di quello; rispetto alla prima stagione raddoppiano i personaggi su cui focalizzarsi, tre detective, uno più incasinato dell'altro, e un criminale che a conti fatti sembra essere il più presente a sé stesso, un po' perché il suo passato viene solo frettolosamente accennato, un po' perché è l'unico che goda di un appoggio reale, quello dell'amata Jordan (Kelly Reilly). È quindi lecita un po' di confusione da parte degli spettatori (meno lecita quella generata dalla sceneggiatura), l'amalgama si diluisce in parte anche a causa della direzione a molte mani dei vari episodi mentre l'esordio di True detective era invece stato diretto in toto dallo stesso (talentuoso) regista. Nulla da dire sulla realizzazione, le puntate sono ben girate ma senza quell'inventiva che garantiva Cary Joji Fukunaga, in alcuni passaggi si guarda in maniera sfacciata ad alcuni maestri (Lynch in più di un passaggio) senza però trovarne mai il senso o l'efficacia, il difetto più marcato e la frequente perdita di ritmo: se con Rust e Marty si rimaneva incollati allo schermo senza soste qui può capitare di distrarsi più facilmente, non sempre la narrazione gira in maniera fluida e lungo il corso delle otto puntate si avvertono diverse battute d'arresto. La location, pur non essendo intrigante come le paludi della Louisiana, ha un suo fascino infernale con l'incubo di quelle autostrade d'asfalto infinite a incrociarsi sopra, sotto, a destra e a sinistra, con anelli, raccordi e svincoli che conducono a una devastazione industriale quasi post apocalittica. Ben scritti i personaggi, fin troppo problematici, pur non essendo interpretati da attori che di solito incontrano il mio favore devo ammettere che le prove del cast sono tutte davvero buone, alla fine ci si affeziona anche a questi nuovi protagonisti, compreso quel delinquente di Vince Vaughn. Nel complesso non male, qualche difetto ma anche molti punti di interesse, paga più che altro il confronto con l'illustre predecessore ma alla fine anche da questa seconda stagione non si esce delusi, probabilmente un po' troppo bistrattata. Da rivalutare.