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MAKING MOVIESAL CINEMA
True Detective - Stagione 3
Nic Pizzolatto
2019  (Sky Atlantic)
SERIE TV
all MAKING MOVIES
01/04/2019
Nic Pizzolatto
True Detective - Stagione 3
Si riparte con due bambini che scompaiono nel nulla, escono in bicicletta e non fanno più ritorno.

Dopo quattro anni di assestamento, Nic Pizzolatto torna, si siede pure dietro la macchina da presa e dà vita ad un nuovo True Detective capace di unire cervello e cuore, raccontando una storia che forse molto in comune ha con gli indimenticabili Rust e Marty della prima stagione e sa essere pure più intensa.
Si riparte con due bambini che scompaiono nel nulla, escono in bicicletta e non fanno più ritorno.
Siamo in quella provincia americana degradata e triste, dove i bifolchi pullulano, l'alcol abbonda, i soldi mancano sempre.
Will e Julie Purcell che fine hanno fatto? Rapiti? Seviziati dai tipici bulli della scuola? Uccisi da quel raccatta-spazzatura indiano mal visto da tutti?
Ad indagare sono Wayne Hays e Roland West, diversi ma complementari: afroamericano, riflessivo, introverso il primo, istintivo, violento e pure un po' beone il secondo. Investigando su una famiglia tutt'altro che perfetta, su pregiudizi di ogni sorta, l'amore ci mette lo zampino. Hays s'innamora di un'insegnante (la bella e brava Carmen Ejogo) coinvolta nel caso, detective in erba ma con capacità, finendo per diventare una moglie difficile da sopportare, opportunista e intelligente come nella peggiore delle combinazioni.

Finisce che del caso non riusciranno a scollarsi mai, perché lo riviviamo prima di tutto dalle parole di Hays, 25 anni dopo i fatti, chiamato a riviverli a favore di telecamera per uno di quei docu crime che vanno tanto di moda (ad intervistarlo, un'enigmatica Sarah Gadon, da cui era lecito aspettarsi un ruolo di svolta).
Anziano, affetto da quella che sembra demenza senile, Hays ricorda e mente spudoratamente, perché sono tanti i conti che non tornano su come il caso è stato gestito, su come le indagini sono state chiuse. Due volte, non una, nel 1980 e poi nel 1990, quando nuovi indizi han portato a un nuovo colpevole. Ma la verità, dove sta? Le prove che quella giornalista ha, le parole di procuratori e di Roland, cosa nascondono? E cosa è successo nella vita di Hays in questi 25 anni, com'è cambiato il rapporto con un collega che sembrava un amico, con i figli chiamati ad accudirlo contro la sua testardaggine e con una moglie che dal caso ha tratto fortuna scrivendone un memoir in stile A sangue freddo?

Con questi tre piani temporali che si mescolano, si sovrappongono, sembra davvero di assistere a un rifacimento della prima stagione.
E se si pensa che toccarne i vertici sia impossibile, ci si sbaglia di grosso.
Certo, due personaggi come Cohle e Marty sono difficili da ripetere, due interpretazioni come quelle di Matthew McConaughey e Woody Harrelson difficili da eguagliare, ma Mahershala Ali sa fare quasi meglio: in tre età diverse (giovane esperto, padre in crisi e anziano in affanno) sbancherà alla prossima stagione dei premi, c'è da scommetterlo, intenso com'è. Lo stesso farà un redivivo Stephen Dorff, che rinasce in un ruolo splendido e basterebbe la scena con un cane randagio a confermarlo, mentre il trucco fa la sua parte e si meriterà ogni riconoscimento di questo mondo.

Non c'è da rimpiangere nemmeno la regia di Cary Fukunaga, visto come quelle linee temporali si intersecano per magia, con la senilità e i suoi vuoti illustrata in modo poetico, con gli scontri a fuoco in cui il pathos è palpabile.
E poi c'è Scoot McNairy, padre addolorato, di cui si continuerà a sentir parlare a cui spetta il finale più teso tra gli episodi (quello di Hunters in the dark, 3x06) anche se gli incastri, i nuovi incontri di If you have ghosts (3x05) sono quelli che fanno battere il cuore.
Come sempre, è quindi la sceneggiatura a tenere avvinti, sono dialoghi, battute, che sembrano scolpite da quanto sono solide. È Nic Pizzolatto che regala momenti di pura poesia citando Robert Penn Warren o lo stesso Cohle parlando di fisica, di tempo circolare, di dure verità.
Così anche se le indagini sanno essere intuibili, si sa che ancora una volta non è risolvere il caso la vera questione della serie. È mostrare come questo entra nella vita di chi indaga, modificando e cambiando il loro rapportarsi con la verità. E anche se il finale lascia molto di sospeso, evitando una reunion che in tanti aspettavano e con quello spiegone che taglia il mistero aprendone altri (quel biglietto? quella suora? quell'intervistatrice?), la bellezza la si raggiunge con quel cuore che risiede in una famiglia finalmente unita, in un'amicizia che si rinnova, in una storia che ripetendosi, finisce per guarirsi.