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REVIEWSLE RECENSIONI
Tuff Times Never Last
Kokoroko
2025  (Brownswood Recordings)
IL DISCO DELLA SETTIMANA WORLD MUSIC JAZZ BLACK/SOUL/R'N'B/FUNK
9/10
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14/07/2025
Kokoroko
Tuff Times Never Last
I Kokoroko superano la loro matrice afrobeat per immolarsi completamente a un raffinato R&B dalle marcate influenze funky e acid-jazz anni 90 ma, allo stesso tempo, dichiaratamente all’avanguardia.

Se avviate la riproduzione di Tuff Times Never Last e vi concentrate sulla copertina del disco (va bene anche un qualsiasi formato digitale) è facile che i personaggi dipinti dalla bravissima illustratrice Luci Pina prendano magicamente vita al ritmo delle pulsazioni di batteria con cui si avvia “Never Lost”. La traccia che introduce il nuovo attesissimo album dei Kokoroko sembra infatti non aspettare altro che animare un disegno che concentra tre elementi irrinunciabili del loro sound: l’Africa, Londra e il jazz contemporaneo. Tre fattori che hanno la libertà come denominatore comune: in ordine di apparizione, libertà drammaticamente sottratta, libertà faticosamente riconquistata (e periodicamente messa in discussione) e libertà orgogliosamente ostentata.

Lo spirito che pervade il genuino stile dei Kokoroko, un collettivo probabilmente al culmine di un percorso di evoluzione e al top della maturità artistica, riflette in modo convincente un livello di fusione musicale di tutto ciò che contraddistingue la musica di matrice africana e black del nuovo millennio. In una cornice, la quotidianità di Londra abitata dai discendenti della diaspora nera, oggi un concept che trascende i confini di un luogo e di un tempo veri e propri e che i Kokoroko interpretano e restituiscono in Tuff Times Never Last con una sensibilità moderna e una vivacità fuori dal comune. E se questo incantesimo travolgerà anche voi, sentitevi liberi di partecipare alla festa di una comunità, immergetevi nei suoni e nei colori caldi di una band che non ha rivali nel modo di ispirare sentimenti di innocenza, nostalgia e speranza grazie a temi di fiati irresistibili, ad atmosfere eteree, a una coralità delle voci le cui radici si perdono a ritroso nel tempo chissà dove e a groove contagiosi alla base delle composizioni.

 

Il secondo album dei Kokoroko conferma l’intento di un progetto musicale frutto di un’esperienza collettiva in grado di caratterizzarsi con autenticità, gioia e intesa tra musicisti. Il titolo parla chiaro. “Tough times never last, only tough people last” era ciò che assicurava il protagonista di un celebre meme social, prima di congedarsi con una linguaccia acchiappa-like. La resistenza sotto forma di resilienza si conferma un tema centrale nell’arte, di questi tempi. E se le cose vanno sempre peggio, o per lo meno vanno come non dovrebbero andare, lasciamo che la musica, che poi è una delle poche esperienze inclusive che ci resta, ci permetta di vivere al meglio che si può.

Onome Edgeworth, percussionista e membro fondatore dei Kokoroko, riflettendo su questo aspetto nel corso di un’intervista, ha sostenuto che sono proprio sfide e difficoltà a offrire spunti di bellezza e di ispirazione. La scelta stessa di un disegno da mettere in copertina, una sorta di riduzione artistica a favola per bambini della vita reale, ci ricorda una delle principali dualità della vita riconducibile alla conservazione di una componente infantile pronta a essere sfoderata a fronte di circostanze avverse. Ritrovarsi nella gioia e nel calore della famiglia e dell’appartenenza a una comunità, quella africana, con le tinte ripensate con i filtri dell’estetica dei sobborghi residenziali della metropoli inglese.

 

Rispetto agli EP che l’hanno preceduto e a Could We Be More, il fortunatissimo album d’esordio che insieme alla sua versione remixata secondo i canoni dei più svariati e avvincenti sottogeneri della club culture ha consacrato i Kokoroko a più originali esponenti della scena nu-jazz contemporanea britannica, Tuff Times Never Last costituisce un secondo capitolo colmo di approfondimenti rispetto ai freschi spunti afrobeat e highlife accennati in precedenza.

In sole undici tracce, il collettivo londinese (sette musicisti accreditati più la sassofonista Chelsea Carmichael che completa, insieme a Sheila Maurice-Grey alla tromba e Anoushka Nanguy al trombone, una sezione fiati straordinariamente compatta) concentra un compendio di influenze riviste e corrette della più recente storia della musica black. Oltre al disco-funk dell’Africa occidentale, di cui i Kokoroko sono maestri insuperati, il nuovo lavoro riecheggia di reminiscenze r’n’b e di pop-soul inglese anni 80 - Sade su tutti, e del suo sotto-derivato anni 90 ribattezzato acid jazz (Incognito, Jamiroquai). Un ispirato ritratto della musica di origini africane pensata per il ballo, per stare insieme, per fare festa, per esprimere l’appartenenza a una comunità globalmente trasversale (non certo per scelta).

 

"Sweetie" (pubblicata come singolo) e "Three Piece Suit" sono le tracce che più riflettono i canoni del genere che ha reso celebre la band londinese, un ponte tra i Kokoroko degli albori e il rodato ensemble che ha realizzato il nuovo disco. Il resto attinge da una vastissima gamma di intuizioni e vira verso sonorità più varie che vanno dalla tradizione all’avanguardia, un connubio tra passato e futuro, che poi è l’essenza del jazz. Un senso di energia primitiva da cui la band dimostra di saper prendere le distanze, ponendo una maggiore attenzione a strutture più definite e a brani dalla forma canzone, con ritornelli in grado di compiacere anche un ascolto più radiofonico e di sottofondo. 

“Together We Are” è il brano più sofisticato del disco. Pur mantenendo la matrice propria dello stile Kokoroko, con temi e parti di fiati ricorrenti e una vocalità presa a pretesto per lanciare i soli strumentali, si distingue dalle vecchie composizioni per il suo andamento bossa nova e pop che si intreccia lungo una sequenza armonica decisamente inusuale e articolata, fino a risolversi in un divertissement elettronico nel finale. Totalmente introspettiva, invece, la traccia "My Father", una preghiera eseguita quasi completamente a cappella con un arrangiamento a tratti gospel e che ricorda i gruppi vocali che hanno fatto la storia del r’n’b. 

Le canzoni “Closer To Me” (un rap senza la parte di rap) e, soprattutto “Da Du Dah”, si distinguono per il loro mood inequivocabilmente acid jazz (anche se, nella seconda, gli accordi di tastiera sarebbero stati eseguiti con un piano Fender Rhodes, mica con il suono che è stato usato qui), tanto quanto “Just Can’t Wait”, composizione arricchita da un arpeggio di chitarra afrobeat pronto a lanciare l’ennesimo tema trascinante di fiati, e “Time and Time”, che vede l’apporto solista della cantante Demae. “Call My Name”, infine, si candida a prossimo singolo grazie al featuring della promettente LULU., altro astro nascente della musica inglese di matrice black.

 

Tuff Times Never Last è un disco che ha preso vita nel corso degli ultimi due anni, un periodo trascorso quasi completamente in tour dai Kokoroko. Una diaspora volontaria, questa volta, ma dal finale più dolce, quello del ritorno a casa che, per una band come loro, assume le sembianze di uno studio di registrazione e quartier generale in cui ritrovarsi. Casa Kokoroko ce la immaginiamo non tanto come un laboratorio di sperimentazione (cosa che sicuramente in parte deve pur essere) piuttosto come un salotto di spontaneità, aspetto che rende meglio l’idea dell’approccio di musicisti di estrazione jazz come loro alla composizione. Il risultato è lo stesso ma il percorso è meno nerd e più rilassato, non so se rendo l’idea. Una living room in cui condividere suoni e spunti nella massima libertà, tema che inevitabilmente ritorna centrale in qualsiasi modo si legga questa storia.

Ne fuoriesce un tono più accogliente, un mood più orientato al piacere del ritmo e, proprio come il disegno della copertina, tanta voglia di spensieratezza. I Kokoroko hanno compiuto la loro missione, continuando a rendere omaggio a chi li ha preceduti con un’ispirazione libera e fresca e con la magia della loro musica fuori da ogni schema. Il potere del jazz è anche questo.