Il progetto Maëlys si arricchisce di un nuovo video e un nuovo singolo dal titolo “Apricot Marmelade”, nuovo estratto da questo disco d’esordio dal titolo “Mélange”. Eppure non è la Francia il vero habitat, per quanto sia questa la prima vera sensazione che arriva, con questo suono e questa voce (inglese) si fa piccina di dettagli e di colori pastello nonostante sia immersa in uno scenario noir digitale del tutto berliniano all’impronta. Un lavoro che, come dico nel titolo, polverizza i confini di questo nostro ben pensare pop italiano, qui dove anche la controcultura indie diviene di cassetta e stereotipata ai cliché. Di certo Maëlys non cerca e non presenta la rivoluzione ricordando di suo moltissime delle proposte che hanno sdoganato questo tipo di presenza stilistica, una tra tutte Joan Thiele (e ne parleremo).
Ma è sua questa capacità di avere presenza e personalità senza privarsi di quell’incertezza “bambina” che rende i colori e i tempi rigidi del drumming appena soffici e fatti di pastello. Un sapore agrodolce che cerca l’altrove come unico habitat rigenerante. In questo brano è il passato a dialogare con il futuro in un video assai interessante di contrappunti visivi, che delineano il concetto del divenire nel tempo e nella vita, per niente avido di conquiste e senza privarsi di lanciare qualche precisa denuncia ad un futuro assai meno ricco di contenuti a favore di scorciatoie veloci ed efficaci alla causa. Il tutto e subito prende tempo e si ferma, respira, richiede spazio in un sound arioso di polvere sospesa. C’è tanta riflessione e la voglia di fermarsi a riflettere.
Elettronica oggi. Secondo te è una frontiera o una necessità?
Entrambe le cose. Sicuramente è frontiera e sguardo verso il futuro, ma è necessità espressiva come tutta la musica, qualsiasi essa sia.
In questo brano cerchi di evadere dai ricordi per salvare il presente o cerchi di accoglierli per capire il futuro?
È una bella domanda. I ricordi sicuramente ci ingabbiano e spesso non ci fanno vedere il presente per quello che è realmente, ma credo che, inconsciamente, in Apricot Marmelade stia cercando di accoglierli e raccoglierli per capire tutto quello che sarà.
Se ti dicessi Joan Thiele cosa mi risponderesti?
Direi che la cosa che più amo di lei è la sua spontaneità. Ho visto un suo live recentemente, nella mia città, Bari, e sono rimasta stregata dalla sua tenacia e grinta, dalla sua presenza scenica luminosa, sebbene fosse sola sul palco. Mi è sembrata autentica. Aspettavo proprio di vedere questo, dato che le sue sonorità le amavo già.
Quella di Maëlys è una forma canzone acida, per niente italiana e visionaria in ogni aspetto. Da dove nasce questo cocktail?
Il mio sguardo verso l’internazionalità è dato dal mio spiccato interesse per diverse culture. Nel mio percorso è stato essenziale il ruolo di Claudio La Rocca, che mi ha portato a scoprire sonorità diverse da quelle a cui ero abituata. È stata una sorpresa e, come tutte le sorprese, mi ha reso entusiasta e mi ha dato la voglia e la curiosità di entrare nel mondo dell’elettronica, del soul e dell’R&B. A Vincenzo Guerra devo l’essere visionaria: il suo sguardo lungimirante nella produzione artistica è stato essenziale per la conclusione di Mélange.