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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
11/03/2019
Olden
Un’autostrada verso la bellezza
“Scordiamoci per un momento che queste canzoni sono cover... devono diventare, o almeno sembrare, canzoni scritte (e non solo cantate) da Olden”. (F. Ferri)

È inevitabile lo scontro. Ed è inevitabile cercare una strada per la sopravvivenza. Soprattutto, è inevitabile cadere nella trappola. Direi che sarebbe bello collezionare quanti sono stati i falsari del gioco, coloro che alla fine dell’ascolto di questo disco avranno detto “ah sì, l’avevo capito… sono cover, certamente!!!”.

No, io non sono un super eroe, e fatta eccezione per “Tutta mia la città”, per il resto non conoscevo nulla, le altre canzoni di questo nuovo disco di OLDEN non le avevo mai sentite e al primo impatto ho pensato: “Ma che bella la scrittura che ha OLDEN”. E se sulle prime battute mi sento davvero in difetto, autore di una bella gaffe, a pensarci bene è un merito ed un encomio che faccio arrivare a lui e a Flavio Ferri, le due colonne portanti di questa produzione che come intento, ci dicono, avevano proprio quello di far suonare questi non grandissimi classici degli anni ’60 come fossero canzoni nuove di OLDEN. Attenzione però: farlo senza alterarne melodie, testi, congetture e spigoli. Senza rimodulare nulla insomma, senza contrattare e senza istituire compromessi. Le canzoni sono quelle. OLDEN e Flavio Ferri le hanno solo arrangiate oggi, con il mondo digitale che si ha a portata di mano, con il piglio attento e maestro a non esagerare in personalità, senza soffocare l’anima stessa di ogni radice artistica, anzi celebrandola lasciando separati (come olio ed acqua) l’anima del cantautore di oggi con la forza delle canzoni di ieri.

Dunque ho come l’impressione che questo disco abbia due strade parallele su cui si poggiano questi due elementi indispensabili e ben distinti, gli unici capaci di creare l’armonia che si respira in “A60”. Canzoni pubblicate in Italia negli anni ’60 (ovviamente), canzoni non troppo famose (a parte qualcuna), canzoni che oggi trovano nuova luce. Canzoni che, se fossero macchine, sarebbero denominate d’epoca. OLDEN le ricanta, le fa sue, ne dà vestiti e luce nuova… OLDEN pare d’aver fatto un disco di inediti. Ed è chiara subito la forza che certe scritture riescono ad avere… non a caso hanno girato il mondo su un tappeto volante di filo pregiato.

Un progetto bello, un disco interessante, una voce battistiana che sa come giocarsi questa partita contro i fantasmi di lusso. Il vero grande pregio è stato quello di non aver creato alcun tipo di competizione. OLDEN resta OLDEN. Quelle canzoni restano quelle (ora posso dirlo) grandi canzoni.

La prima domanda è decisamente ovvia ed è impossibile ignorarla: come hai scelto questi brani? Da quale percorso a ritroso e da quali vissuti personali? Insomma, perché proprio questi brani?

Innanzitutto, e banalmente, la scelta doveva ricadere su canzoni pubblicate tra il 1960 ed il 1969; in secondo luogo ho cercato di escludere brani troppo famosi (o almeno non così tanto noti alle nuove generazioni), per evitare “l’effetto karaoke” e per non giocare troppo sul sicuro.

Alcune canzoni le ho scoperte piano piano (“La Tieta”, “Fiume Amaro”), attraverso una ricerca personale, un viaggio nella musica popolare-leggera del nostro Paese, altre le ho amate da sempre, fin da piccolo (“Giovanni Telegrafista”, “Tutta mia la città”)

Ed ho voluto mettermi alla prova, sentirmi “interprete”, per una volta, di canzoni che hanno segnato un’epoca straordinaria.

Altrettanto ovvio chiedersi: perché tra queste canzoni “meno” conosciute hai voluto inserire un evergreen come “Tutta mia la città” e non restare sul filone dei “brani in ombra”?

Come accennavo prima questo è un brano che conosco da quando sono bambino, che mi ha sempre lasciato dentro un sapore speciale, non avrei potuto lasciarla fuori in questo mio omaggio ai “sixties”. È un pezzo beat, legato indissolubilmente a quell’epoca, ma allo stesso modo caratterizzato da un’aria sempre contemporanea, e soprattutto con dei passaggi armonici che sono una meraviglia, ancora oggi!

Sembra esistere un filo conduttore sonoro tra tutte queste tue nuove versioni. Sembra che ci sia un collante che li tenga uniti da un punto di vista meramente estetico… ma questa è la mia chiave di lettura, una mia impressione. Tu che mi dici?

Credo che ogni album, così come un romanzo o un film, debba avere una sua coerenza, un suo disegno preciso, un percorso; la tua chiave di lettura mi fa capire che sono riuscito nell’intento, ovvero immergere l’ascoltatore in una dimensione non necessariamente “vintage” (anche se chiaramente queste canzoni prendono vita da un passato concreto) ma comunque ben delineata, caratterizzata da sensazioni e colori che si inseguono durante tutta la durata del disco.

È un viaggio nel tempo, o ancora meglio un “ritorno al futuro” (scatta la citazione obbligatoria ??), una rielaborazione di chi ha visto e sentito cosa è successo cinquant’anni prima e che prova a raccontarlo con le parole e le suggestioni di oggi.

Cosa c’è in questo disco della tua musica, della tua vita, del tuo modo di stare al mondo? Se fossero specchi, cosa vedi di OLDEN e cosa hai voluto mostrare di te alle persone?

Della mia musica c’è tutto, o meglio tutto quello che sono riuscito a trasmettere attraverso il mio gusto, la mia sensibilità, la mia maniera di raccontare le cose.

Insieme a Flavio Ferri (?Delta V, produttore dell’album) ci siamo detti: “scordiamoci per un momento che queste canzoni sono cover...devono diventare, o almeno sembrare, canzoni scritte (e non solo cantate) da Olden”.

È stato questo il motore che ha mosso i fili del progetto “A60”: il tentativo far dimenticare all’ascoltatore la versione originale, anche se solo per un momento, per poi tornare a ricordare la canzone così com’era, in una sorta di “on the road temporale”, senza autocompiacimento né regole stabilite.

E magari in questo modo rispolverare questi vecchi dischi che di certo meritano di vivere ancora a lungo, magari con un nuovo vestito addosso, più attraente per le nuove generazioni. Perché trasmettere e diffondere la bellezza, soprattutto oggi, è un dovere. Questo disco lo sento mio come tutti i miei album precedenti e forse anche di più.

Perché qui non ci sono trucchi né inganni, ma solo canzoni da cantare, ci sono io davanti ad un microfono, appena tornato dal passato e pronto a raccontavi tutto, alla mia maniera.